Assadakah News - L’Iran e i suoi alleati hanno atteso la fine dei funerali dell’ex leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ucciso in una residenza di Teheran nella notte di mercoledì prima di annunciare un eventuale attacco. Dopo i funerali tenuti in Iran, ieri è avvenuta la sepoltura a Doha alla presenza di diversi leader arabi e della regione. Migliaia di persone si sono radunate fuori la moschea Imam Muhammad bin Abdul Wahhab.
Da anni Haniyeh viveva in esilio in Qatar da dove portava avanti gli affari dell’organizzazione. Alla cerimonia funebre erano presenti l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al Thani, il padre, e il premier e ministro degli Esteri, Mohammed bin Abdulrahman Al Thani (uno dei negoziatori più importanti tra Hamas e Israele). Presenti anche alti funzionari di Fatah, e il leader palestinese Moustafa Barghouti.
A dominare la giornata di ieri è stata però la Turchia. L’ambasciata a Tel Aviv ha abbassato la bandiera a mezz’asta per onorare il leader di Hamas ucciso provocando l’ira del ministero degli Esteri israeliano che ha convocato l’ambasciatore in segno di protesta. Il capo della diplomazia turca Hakan Fidan è stato uno dei pochi leader internazionali presenti a Doha per la sepoltura di Haniyeh. Era lì anche per un altro obiettivo: incoronare il suo successore alla guida di Hamas.
Poco prima dei funerali ha avuto un incontro con Khaled Mashal, capo politico della diaspora di Hamas, che è stato scelto come nuovo leader. Lo ha annunciato il ministero turco con un comunicato molto stringente: Ankara considera Mashal il nuovo capo ad interim di Hamas. In meno di 48 ore c’è un nuovo capo, non poteva essere altrimenti vista la situazione delicata. Sembra però che questa volta a dettare la linea sia la Turchia del presidente Recep Tayyip Erdogan, il più duro contro Israele negli ultimi dieci mesi, mentre l’Iran si sta ancora “leccando le ferite” per l’umiliante attentato subito a Teheran.
Con Mashal si è deciso di puntare sulla certezza e sulla sua capacità di leadership, visto che è stato a capo dell’ufficio politico di Hamas dal 1996 al 2017 prima di lasciare il posto al defunto Haniyeh. Dopo gli studi in Kuwait ha vissuto in Giordania, Siria e poi Doha dal 2013. Più volte in questi dieci mesi Mashal ha accompagnato Haniyeh nei suoi viaggi istituzionali, soprattutto in Turchia, per le trattative. Erdogan sembra aver scelto un uomo di esperienza che ha forti relazioni estere, l’ideale in caso di riavvio dei negoziati.
Hakan Fidan, ministro degli esteri turco (per oltre 10 anni capo dei servizi segreti), è stato diverse volte a Doha per incontrare proprio Haniyeh, in quello che sembrava quasi un passaggio di consegne. Lo stesso vale per il ministro egiziano Sameh Shoukry, per parlare della situazione sulla Striscia di Gaza. Questo è un particolare molto importante, perché Il Cairo è l’altro grande protagonista della mediazione.
Sembrerebbe tutto fatto, insomma, ma ci sono almeno due motivi per i quali Ankara non può ancora dare la sostituzione per certa. Il primo è che in lizza c’è anche l’Oman. Il sultanato - al quale i vertici di Hamas avrebbero chiesto esilio in quanto intenzionati a lasciare il Qatar - sarebbe considerato un interlocutore più neutro e meno ondivago della Turchia, che, pur appartenendo alla Nato, da tempo persegue una sua politica estera in autonomia totale e non priva di zone d’ombra. Il secondo motivo sono proprio le dichiarazioni del presidente. Appena due giorni da, Erdogan aveva ribadito il sostegno ad Hamas, definito un movimento di liberazione e paragonato alla lotta per l’indipendenza che la Turchia ha portato avanti tra il 1915 e il 1920 contro Gran Bretagna e Grecia.
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