Assadakah News - Domani 5 luglio, la Repubblica Islamica dell’Iran affronta il turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali con i due candidati, l’ultraconservatore Said Jalili e il riformista Massud Pezeshkian, che hanno tenuto gli ultimi comizi elettorali a Teheran prima del voto.
Migliaia di sostenitori di Jalili si sono radunati nella moschea Mosalla, nel centro della capitale, sventolando centinaia di bandiere a sostegno del candidato, fra numerosi ritratti del defunto presidente Ebrahim Raisi, morto in un incidente in elicottero lo scorso maggio. Solo il 40% dei 61 milioni di elettori iraniani ha votato al primo turno il 28 giugno, registrando la più bassa affluenza alle urne per un’elezione presidenziale dalla Rivoluzione Islamica del 1979.
Ex negoziatore del programma nucleare (tra il 2007 e il 2013) noto per la sua posizione inflessibile nei confronti delle potenze occidentali, Jalili si era fermamente opposto a qualsiasi accordo che imponesse restrizioni al programma nucleare in cambio di un alleggerimento delle sanzioni. A suo avviso, l’accordo internazionale sul programma nucleare, firmato nel 2015 prima e fallito nel 2018 a seguito del ritiro unilaterale degli Stati Uniti di Donald Trump, aveva violato tutte le “linee rosse” dell’Iran consentendo le ispezioni ai siti nucleari.
Massoud Pezeshkian, 69 anni, medico di origine azera, quasi sconosciuto prima della sua candidatura, ha cresciuto tre figli da solo dopo la morte della moglie in un incidente: parlamentare da due decenni, si è espresso apertamente contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste a livello nazionale innescate dalla morte della giovane curda Mahsa Amini nel settembre 2022. Esperto cardiochirurgo, è stato ministro della Sanità sotto l'ex presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005). È stato esplicito nel criticare il governo sulla questione dell'hijab obbligatorio, ma non è mai arrivato a chiedere l'abrogazione dell'obbligo del velo per le donne. È un sostenitore dell'accordo sul programma nucleare iraniano (Jcpoa) e ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, accusando i suoi rivali conservatori di aver rovinato l'economia, non facendo abbastanza per rilanciare il Jcpoa, da cui gli Usa di Trump si ritirarono unilateralmente nel 2018, ma che aveva portato alla revoca di alcune sanzioni.
Pezeshkian ha l'appoggio di Khatami (che nelle parlamentari di marzo si era invece astenuto) e dell'ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Pur condannando l'amministrazione del presidente defunto Ebrahim Raisi in quanto incapace di risolvere i problemi del Paese, non è mai arrivato a criticare apertamente la Guida Suprema, Ali Khamenei. Ha anche sostenuto i principi fondamentali del regime, secondo cui gli Stati Uniti sono la causa principale delle tensioni nella regione.
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