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Patrizia Boi (Assadakah News) - Sabato 8 febbraio 2025, alle ore 19:45, nella suggestiva cornice dell'Accademia Vivarium novum di Villa Falconieri a Frascati, ha avuto luogo il Concerto, Il suono della Lode: Musica tradizionale dei Cristiani della Persia.
La spettacolare manifestazione realizzata in anteprima in Italia è stata organizzata in collaborazione con l'Istituto culturale della repubblica islamica dell’Iran (Direzione del Dottor Seyed Majid Emami), a conclusione dell’evento Un pomeriggio con il cinema iraniano: poetica e sentimenti del nuovo cinema iraniano svoltosi al Museo Tuscolano (Scuderie Aldobrandini, Frascati) a partire dalle ore 15:00 dello stesso giorno e dedicato alla celebre Regista iraniana Monir Gheidi, presente anche al Concerto.
L'Ensemble di musicisti irano-armeni, che si è esibita per la prima volta in Italia, era composta da Arbi Babumian (Cantante, Pianista e Fisarmonica), Parouyr Vartanian (Duduk), Damon Shesh Beluki (Percussioni), Rafi Khadabakhshian (Oud - strumento a corde).
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Il concerto ha offerto ai numerosi spettatori presenti in Sala un viaggio musicale tra le melodie sacre e popolari dell'Armenia, spaziando dai brani di Sayat-Nova, grande trovatore del XVIII secolo, e di Komitas (1869-1935), noto fondatore della musica classica armena.
La serata è stata presentata da un docente del Collegio che ha parlato della comunità dei cristiani armeni di Persia:
«Come ben sapete, i confini spirituali non sempre coincidono con quelli geografici. Questa regione, che comprende Armenia e Azerbaigian, è da lungo tempo apprezzata per la sua tradizione spirituale e musicale. Fin dall’antichità, dall’epoca della Chiesa Apostolica, si racconta che gli apostoli Giuda Taddeo e Bartolomeo si siano recati in questa zona, dove i seguaci dello zoroastrismo poterono ascoltare il Vangelo di Gesù. È lì che nacque la comunità cristiana che ancora oggi, in Persia, è conosciuta come quella dei cristiani armeni.
I quattro musicisti protagonisti della serata
Come vedrete, ci sono quattro musicisti e alcuni strumenti tradizionali, come il duduk, un flauto riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità per la sua storia e il suo valore culturale.
Il programma musicale che ascolterete comprende brani particolarmente legati alla tradizione della musica sacra, insieme a musiche che, pur non appartenendo direttamente a questo repertorio, coincidono con le sonorità tradizionali della regione.
Sarà un programma breve, ma credo molto significativo, un esempio di ciò che spesso sentiamo dire: 'attraverso la cultura i confini dello spirito si allineano, e proprio grazie alla cultura possiamo costruire ponti che ci aiutano a comprendere l’anima'.
Com'è noto, nella traduzione giudeo-cristiana della Bibbia è scritto che la molteplicità del genere umano è compresa nel disegno divino. Anche il Corano risponde a questo principio quando afferma: "Vi ho creato in modi diversi affinché possiate conoscervi a vicenda".
Così, come spesso cerchiamo di fare in occasioni come questa, costruiamo ponti attraverso la cultura per conoscerci meglio, per scoprire la ricchezza culturale dei Paesi del mondo, e attraverso questa conoscenza elevarci a un piano spirituale e culturale che possa aiutarci a costruire un futuro più luminoso. In tempi come quelli che stiamo vivendo, spesso segnati da dissonanze, un messaggio come questo, trasmesso attraverso la musica, può toccare i nostri cuori.
Ringrazio ancora gli organizzatori e do il benvenuto a tutti voi. Grazie».
![L'Ensemble musicale presentata da Mohsen Yazdani](https://static.wixstatic.com/media/5f02f0_fb373e2c4c3a4662b21c547e576995b7~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_735,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/5f02f0_fb373e2c4c3a4662b21c547e576995b7~mv2.jpg)
Come ha affermato Mohsen Yazdani, nell'ultimo brano che è stato interpretato dall'Ensamble, intitolato L'usignolo del mattino di Sayat-Nova, tratto dal suo Canzoniere Armeno, c'è una tensione verso la libertà:
«La lingua del mio amore è un usignolo,
i suoi capelli sono giacinto.
Piange Sayat-Nova,
è forse un usignolo in esilio?»
![L'usignolo di Sayat-Nova, i giacinti e la Libertà](https://static.wixstatic.com/media/5f02f0_124800d1f60a4fdc99c8d0247074036f~mv2.webp/v1/fill/w_980,h_560,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/5f02f0_124800d1f60a4fdc99c8d0247074036f~mv2.webp)
I brani di questo concerto sono pieni di poesia. La traduzione dell'ultima canzone lo dimostra e comunque anche gli altri brani sono permeati di questo spirito poetico. E prosegue Mohsen Yazdani:
«L’ultimo brano era un’esecuzione di un grande cantante iraniano, ma interpretato da diversi artisti, perché la sua poesia ha un valore universale. La particolarità di questa musica è che, parlando di un mondo pieno di repressione e di malvagità, il poeta esorta l’uomo a distruggere ogni catena e a liberarsi da questa malvagità, per spiccare il volo verso la libertà».
![Luigi Miraglia latinista e filologo classico italiano, fondatore e direttore dell'Accademia Vivarium novum - Composizione e foto di Veronica Paredes](https://static.wixstatic.com/media/5f02f0_01b7ffe74fe643b8b0db864b149204c3~mv2.jpg/v1/fill/w_869,h_869,al_c,q_85,enc_avif,quality_auto/5f02f0_01b7ffe74fe643b8b0db864b149204c3~mv2.jpg)
Alla fine del Concerto Luigi Miraglia (Napoli, 1965), latinista e filologo classico italiano, fondatore e direttore dell'Accademia Vivarium novum e promotore del metodo natura nella glottodidassi delle lingue classiche, ha dichiarato:
«Queste Armonie rievocano Armonie fra gli uomini e noi speriamo tutti che quell'usignolo rinchiuso nella gabbia del nostro cuore possa volare verso la libertà e una maggiore umanità. Un'umanità fatta di temperanza, armonia e proporzione tra culture e religioni diverse, che però possano coesistere in fratellanza.
Lo ha detto anche poco fa il direttore dell'Istituto iraniano: "Noi siamo musulmani, loro sono cristiani, ma siamo fratelli. Siamo legati da una fraternità che ci unisce nello stesso Paese e nella stessa umanità".
![Istituto di cultura dell'Iran a Roma: Mohsen Yazdani col Direttore Dottor Seyed Majid Emami](https://static.wixstatic.com/media/5f02f0_c85720fe6f5c4d2ca51657fe3ded476c~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_1121,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/5f02f0_c85720fe6f5c4d2ca51657fe3ded476c~mv2.jpg)
Questo sentimento si è percepito chiaramente nelle note di questa musica, che ci ha guidati verso quell’unico corpo dell’umanità di cui tutti facciamo parte».
Rammentiamo chi fosse il trovatore chiamato Sayat-Nova, considerato uno dei più grandi poeti e musicisti del Caucaso, noto per le sue canzoni che mescolano amore, spiritualità e malinconia. La sua produzione artistica si distingue per la varietà linguistica (armeno, georgiano e azero) e per la capacità di esprimere sentimenti universali attraverso melodie toccanti e testi profondi.
Le sue canzoni sono state tramandate oralmente e scritte, diventando parte del repertorio tradizionale armeno e caucasico. Questo spiega perché vengano interpretate da numerosi artisti nel tempo: la loro bellezza e il loro messaggio senza tempo le rendono adatte a diverse epoche e sensibilità musicali. Ogni interprete porta il proprio stile e la propria emotività, mantenendo viva la tradizione e arricchendola con nuove sfumature. Inoltre, la musica di Sayat-Nova è stata riproposta in generi diversi, dalle versioni classiche a quelle più moderne, contribuendo alla sua continua diffusione.
Sulla figura di Sayat-Nova, misteriosa come il cuore del Caucaso, dove le montagne custodiscono segreti antichi e le pietre sussurrano poesie dimenticate, che ha dato i natali al cantore il cui nome si fece leggenda, fu fatto il film: Il colore del melograno, un incantesimo visivo, un poema di immagini e suoni che non racconta, ma evoca.
Come le pagine di un manoscritto miniato, ogni scena è un'icona sospesa nel tempo: il sangue del melograno si scioglie nel tessuto come il destino nella vita, i tappeti narrano storie silenziose, angeli e mimi danzano tra sogno e memoria. Il poeta appare e scompare, muta volto e destino, si innamora di una regina proibita, trova rifugio tra le mura sacre di un monastero e infine incontra la morte come un'ultima rima nel suo canto eterno, e queste immagini è come se ci passassero davanti agli occhi durante l'esecuzione dei suoi brani nel Concerto.
![Una scena tratta dal film Il colore del melograno di Sergej Paradžanov](https://static.wixstatic.com/media/5f02f0_48356758df824978945f9651d1fff8bd~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_731,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/5f02f0_48356758df824978945f9651d1fff8bd~mv2.jpg)
Il Regista Sergej Paradžanov non ha voluto spiegare nel film la vita del trovatore, ma trasfigurarla in visione, trasformando la materia in mito, la storia in liturgia. Per questo il film fu temuto, censurato, smembrato: troppo libero per la prigione del realismo, troppo sacro per un'epoca senza fede. Eppure, come un melograno spezzato, il suo succo rosso continua a tingere lo sguardo di chi lo osserva, lasciando dietro di sé il mistero di una bellezza perfetta e irripetibile. E la musica dei suoi spartiti del cuore continua a permeare l'esecuzione del suo immenso lascito culturale.
Il Custode dell'Anima Musicale Armena possiamo affermare che fosse invece Soghomon Soghomonian, noto come Komitas, nacque il 26 settembre 1869 a Kütahya, nell'Impero Ottomano. Orfano in tenera età, fu accolto nel seminario di Etchmiadzin, il centro spirituale dell'Armenia, dove ricevette un'educazione religiosa e musicale. Dopo essere stato ordinato sacerdote nel 1895, proseguì gli studi musicali a Berlino, immergendosi nelle correnti musicali europee dell'epoca.
Komitas, figura luminosa nella storia della musica armena, è considerato il fondatore della scuola nazionale armena di musica. Con una passione instancabile e un amore profondo per le radici del suo popolo, raccolse e trascrisse oltre tremila canti popolari armeni, dando voce a melodie che altrimenti sarebbero svanite nel tempo. Le sue ricerche, meticolose e piene di dedizione, non solo preservarono un patrimonio immenso, ma diedero anche vita a una nuova disciplina, basata su principi scientifici, che fondava la musicologia armena. Le sue composizioni, intrise di folklore e memoria, continuano a risuonare nei cuori, celebrando ancora oggi l’essenza di una cultura che ha attraversato secoli.
Ma la sua vita non fu priva di dolore. Il genocidio armeno del 1915 segnò in modo indelebile il suo cammino: arrestato e deportato insieme a centinaia di intellettuali, visse l’orrore e la perdita. Sebbene rilasciato, il trauma di quell’esperienza lo lacerò, spingendolo a ritirarsi dal mondo, a rifugiarsi nell’ombra di Parigi. Lì, lontano dalla sua terra, trascorse gli ultimi anni della sua esistenza, in silenzio e solitudine, fino alla sua morte nel 1935. Eppure, nonostante la sofferenza, la sua eredità musicale rimase immutata, un faro che guida ancora oggi la cultura armena, testimone di un’anima che ha saputo trasformare il dolore in arte senza tempo.
Il concerto "Il suono della Lode" è un invito a perdersi nelle radici più profonde della musica armena cristiana, un viaggio unico nel cuore di una tradizione che ha attraversato i secoli. Le opere di Sayat-Nova e Komitas si intrecciano in un canto che narra di fede, di storia, di speranza. Ogni melodia, sia sacra che popolare, suonata dai musicisti irano-armeni, è un respiro che porta con sé l’anima di un popolo che, nonostante le sue sofferenze, ha sempre trovato nella musica la forza per risorgere, la luce per andare avanti.
In un mondo che a volte rischia di dimenticare il valore delle tradizioni, eventi come questo sono essenziali per mantenere viva la memoria di un popolo e celebrare la musica come un linguaggio che parla all’anima, universale e senza tempo.
Un pubblico pieno di giovani, gli studenti del collegio dell'Accademia
Al pubblico nutrito da questa performance musicale è stato anche offerto un ricco banchetto che ha immerso gli spettatori nell'accoglienza della cultura e della storia.
Il concerto è stato ripetuto Domenica 9 febbraio 2025 alle ore 17.30 presso la Chiesa San Biagio degli Armeni a Roma in via Giulia 63.
Galleria fotografica Ufficiale dell'Istituto di Cultura dell'Iran:
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