Letizia Leonardi (Assadakah News) -
Oggi, 24 aprile, è un giorno triste per gli armeni di tutto il mondo. È il Giorno della Memoria del Metz Yeghèrn, del Grande Male, ma soprattutto del Grande Crimine contro un intero popolo, quello armeno. Un popolo antichissimo, il primo a essere cristiano, un popolo pacifico, colto, coraggioso e geniale. Un popolo che ha abitato un territorio strategico, crocevia tra Oriente e Occidente e per questo sempre preso di mira, sempre invaso. E gli armeni hanno provato a convivere pacificamente con altri popoli ma gli invasori hanno sempre voluto tutto. E tutto, alla fine, si sono presi. Lo hanno preso nel peggiore dei modi, trucidando un milione e mezzo di persone. Il 24 aprile del 1915 i Giovani Turchi dell’Impero Ottomano hanno iniziato dagli intellettuali. Gli armeni arruolati nell’esercito erano già stati uccisi. Dopo l’élite armena è toccato al resto della popolazione. Sono state le donne a subire le più atroci violenze in quelle lunghe marce della morte. Si doveva camminare, anche se non c’era niente da mettere sotto i denti, anche se non c’era neppure una goccia d’acqua a lenire l’arsura in quel clima caldo del deserto. Si doveva camminare, anche se i piedi sanguinavano. Guai a fermarsi! Dopo il genocidio armeno, il primo del XX secolo, agli armeni è rimasto solo un piccolo territorio, quello della Repubblica d’Armenia, grande come la regione Piemonte. E c'à l'Azerbaijan che, un pezzo per volta, quella terra pensa di potersela prendere. E la maggior parte degli armeni sono quelli della diaspora che, sebbene ben integrati nelle nazioni che li hanno accolti, amano la loro patria, ricordano la loro dolorosa storia e soffrono, perché l’ultimo atto di un genocidio è la sua negazione, che dura da 109 anni. E si chiedono perché il Paese che ha commesso quel terribile crimine del genocidio li odia mentre il resto dei Paesi del mondo li ignora.
Secondo questo Occidente miope, che preferisce stringere le mani a dittatori islamici che non rispettano i diritti umani ma che si propongono come messaggeri di pace, gli armeni, ora come allora, si possono sacrificare. E tutti fanno finta di credere ai finti paladini della pace che si armano per dichiarare la guerra finché, chiusa definitivamente la questione con gli armeni, sarà l’Occidente ad accorgersi che è stato sbagliato abbandonare un popolo fratello per qualche affare in più. E forse poi sarà troppo tardi.
Almeno per un giorno seguiamo tutti l’invito della Comunità Armena di Calabria ed esponiamo il tricolore armeno. Facciamolo sventolare ovunque perché nessuno potrà davvero distruggere l’Armenia. Significativo quello che ha scritto, a proposito del genocidio, il grande William Saroyan che, anche se scriveva in inglese ed era americano di nascita, si considerava uno scrittore armeno. Era fiero dell’onestà, del coraggio, della semplicità e dell’intelligenza del suo popolo.
“Vorrei vedere qualunque potenza del mondo distruggere questa razza, questa piccola tribù di gente senza importanza, di cui tutte le guerre sono state combattute e perse, le cui istituzioni sono crollate, la cui letteratura non è letta, la cui musica non è ascoltata e le cui preghiere non sono esaudite. Avanti, distruggete l’Armenia. Provate a riuscirci. Inviateli nel deserto, senza pane né acqua. Bruciate le loro case e le loro chiese. Vedrete dopo che loro rideranno, canteranno e pregheranno di nuovo, poiché quando due di loro si incontrano, non importa in quale angolo del mondo, voi vedrete che loro creeranno una nuova Armenia".
Комментарии