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Immagine del redattoreLetizia Leonardi

Il problema del Karabakh , il faticoso percorso verso la libertà e l’indipendenza


Talal Khrais e Letizia Leonardi

ANN - Ad amici e soprattutto ai colleghi italiani che seguono le zone di conflitto si consiglia vivamente di leggere il libro del Professor Nikolay Hoyhannisyan “Il problema del Karabakh, il faticoso percorso verso la libertà e l’indipendenza”, pubblicato dalla Casa Editrice Studio 12.

Un testo che presenta in maniera esaustiva, non solo le ragioni giuridiche, storiche e morali della legittima pretesa d'indipendenza del popolo dell'Artsakh, ma propone anche delle vie per risolvere tale spinosa questione che è stata la causa della recente guerra dei 44 giorni, scoppiata con l'aggressione azera del 27 settembre 2020 e che, dopo la firma del cessate il fuoco del 9 novembre scorso, con l'intervento del capo del Cremlino, ha lasciato una pericolosa e incerta situazione destinata probabilmente a scatenare tra qualche anno una nuova guerra.

Il popolo dell'Artsakh ha preso la sua decisione di vivere liberamente il 10 dicembre del 1991 quando, secondo le leggi e la costituzione dell'allora Unione Sovietica, ha organizzato un referendum nel quale il 99% dei votanti scelse per l'indipendenza del Nagorno Karabakh dall'Azerbaijan.

Il Nagorno Karabakh diventò la prima e l'unica regione autonoma nel territorio dell'URSS ad autoproclamarsi Repubblica indipendente in conformità alle leggi vigenti nell'ex Unione Sovietica. Decisione che il governo di Baku non ha mai accettato.

Il problema del Karabakh è stato da sempre Il faticoso percorso verso la libertà, riconosciuta a livello internazionale.

In 172 pagine l'autore ha riassunto la lunga e sanguinosa tragedia di questa martoriata terra, la questione di un confine che tuttora affligge il popolo armeno.

Il Nagorno-Karabakh o Artsakh – l’antico nome armeno della regione – è un’area contesa tra Armenia e Azerbaijan sin dall’annessione di queste due repubbliche all’Unione Sovietica. Il governo dell’URSS, come mossa strategica di avvicinamento alla Turchia, decise negli anni ’20 di cedere la regione del Nagorno-Karabakh – a stragrande maggioranza di popolazione armena – all’Azerbaijan. Dopo anni di soprusi e di tentativi di pulizia etnica da parte del governo di Baku, il Karabakh ha sempre chiesto, a più riprese (fino agli ultimi anni di permanenza tra le Repubbliche dell'Urss), di passare sotto la sovranità dell'Armenia e di avere il riconoscimento della propria indipendenza.

L’analisi del Professor Hovhannisyan inizia dai fattori storici antichi, geografici e etno-culturali dell’area, al fine di dimostrare come l’Artsakh sia armeno a dispetto di ogni pretesa o imposizione estera. Sulla base di queste premesse, l’autore procede, capitolo dopo capitolo, con un’esposizione dettagliata di tutte le dinamiche, sino alla guerra degli anni ’90 e all’affannoso cessate il fuoco, a tutt’oggi vigente, seppur costantemente violato.

Ma la situazione attuale non è come quella del cessate il fuoco del 1994. La prima guerra tra il Nagorno Karabakh e l'Azerbaijan era terminata con la schiacciante vittoria degli armeni che si erano trovati a combattere contro un esercito azero molto debole; in questo secondo conflitto invece le forze militari armene si sono trovati di fronte a un nemico molto più forte, appoggiato dalla Turchia che ha fornito ai fratelli azeri supporto, mezzi, armi di ultima generazione e mercenari jihadisti. L'Artsakh ha perso tutti i territori che aveva liberato negli anni '90 e in più ha dovuto cedere altre zone strategiche, compresa la città simbolo Shushi. Pesante è stato anche il bilancio delle vittime, da entrambe le parti. Non ci sono numeri certi forniti da Baku ma il numero dei morti armeni, al momento, è di 3.705; 268 sono i dispersi e circa 170 sono i prigionieri ancora trattenuti dall'Azerbaijan. A distanza di otto mesi dalla fine della guerra sono stati restituiti solo 89 prigionieri armeni (sei di questi erano stati catturati prima dell'inizio del conflitto). La preoccupazione è che i confini non sono ancora stati stabiliti con certezza e l'Azerbaijan non ha espresso alcuna intenzione di riconoscere l'indipendenza della parte di territorio attualmente sotto il controllo armeno.

Per 5 anni un contingente di pace russo resterà schierato nel corridoio di Lachin, la strada che collega l’Armenia con il Karabakh. Questa presenza potrà essere prolungata per un analogo periodo a patto che uno dei due contendenti non si opporrà a questa proroga. Sicuramente non si opporranno gli armeni ma cosa succederà se invece lo faranno gli azeri e i russi dovranno lasciare campo libero? Si temono quindi nuove aggressioni dall'esito davvero molto preoccupante non solo per gli abitanti del Nagorno Karabakh ma anche per l'Armenia minacciata recentemente da incursioni azere nel territorio della Repubblica sovrana.

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