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Il presidente somalo Mohamud in visita in Italia, Roma tenta di recuperare l’influenza perduta

(Agenzia Nova) - Illustrare alle controparti italiane le aree in cui il governo federale della Somalia intende chiedere assistenza per sconfiggere il terrorismo e riportare pace e stabilità nel Paese, e rafforzare la cooperazione in settori quali investimenti, economia, industria e istruzione attraverso la sottoscrizione di accordi e intese in vari ambiti. È con questo obiettivo che il presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamud, ha iniziato oggi una visita ufficiale di diversi giorni in Italia volta a rilanciare le relazioni con il nostro Paese, con cui condivide relazioni storiche di lunga data legate al nostro passato coloniale. Una visita, peraltro, che segue solo di due giorni quella effettuata lunedì scorso dal primo ministro etiope Abiy Ahmed, a testimonianza di una ritrovata centralità di una regione – il Corno d’Africa – che riveste un ruolo strategico per l’Italia ma che per troppo tempo è stata “dimenticata” dai governi italiani. La visita di Mohamud – la seconda a Roma dopo quella avvenuta nel 2013, nel corso del suo primo mandato presidenziale (2012-2017) – ha preso il via ufficialmente oggi con gli incontri al Quirinale con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e a palazzo Chigi con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Nella giornata di domani previsto un incontro alla Farnesina con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, mentre nella giornata di venerdì il presidente somalo interverrà ad un evento della fondazione Med-Or alla presenza dello stesso Tajani, del ministro degli Interni Matteo Piantedosi, del ministro della Difesa Guido Crosetto e del presidente della fondazione ed ex ministro dell’Interno, Marco Minniti. Mohamud interverrà anche, la prossima settimana, all’apertura dei lavori del Consiglio dei governatori del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad).

La visita di Mohamud giunge dopo che la scorsa settimana il presidente somalo ha ricevuto a Mogadiscio una delegazione italiana guidata dal sottosegretario alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago, con il quale ha discusso “dell’ulteriore rafforzamento degli storici legami bilaterali tra Somalia e Italia attraverso la cooperazione in materia di sicurezza, sviluppo e altre questioni di reciproco interesse”. La visita di Mohamud in Italia segue inoltre quella effettuata a Mogadiscio lo scorso giugno dall’allora ministro degli Esteri Luigi di Maio, nell’ambito di un tour africano che lo aveva in seguito portato anche in Etiopia ed in Kenya. Nel corso della sua prima visita italiana da presidente, nel 2013, Mohamud aveva auspicato in un’intervista al quotidiano “La Stampa” un rafforzamento delle già buone relazioni esistenti fra Roma e Mogadiscio, ricordando una storia comune di oltre un secolo, legata al passato coloniale italiano. Mohamud aveva inoltre sottolineato come l’Italia abbia contribuito negli anni a strutturare il settore della sicurezza somalo, oltre a collaborare da tempo in ambito culturale ed economico, e lo aveva definito il Paese “nella miglior posizione per aiutare la Somalia” sotto diversi aspetti. “Oggi l’Italia può di nuovo ricostruire lo Stato somalo, così come è stata l’Italia ad aiutarci a crearlo 60 anni fa”, aveva aggiunto Mohamud.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il rapporto postcoloniale dell’Italia con la Somalia fu costruito sulle ceneri dell’impero che il fascismo aveva cercato di affermare attraverso la propaganda di regime. Le autorità repubblicane dovettero faticare non poco per ottenere l’amministrazione fiduciaria della Somalia, nel 1950, con un mandato decennale che assegnava all’Italia la transizione postcoloniale del Paese e al Regno Unito quella del Somaliland. Fu soprattutto sotto il regime di Siad Barre, al potere dal 1969 al 1991, che l’Italia riuscì a mantenere un rapporto stabile con Mogadiscio. In quel periodo gli affari dell’Italia nel Paese si concentrarono nella produzione agricola, nell’allevamento e nella pesca, con una sporadica e improduttiva fase d’interesse per il settore minerario e degli idrocarburi. Nel periodo 1981-90, oltre l’80 per cento dei 1.400 miliardi di lire investiti nel programma di cooperazione bilaterale fu destinato alla realizzazione di grandi infrastrutture e a produzioni intensive in questi ambiti, mentre il 13 per cento veniva destinato a settori immateriali come la cooperazione interuniversitaria. Un’esperienza importante in tal senso fu quella dell’Università nazionale somala, realizzata, finanziata e gestita da un programma di cooperazione che portò alla rotazione dei piani d’insegnamento con l’Italia e allo sviluppo di progetti didattici di fondamentale importanza per il Paese.

L’Italia venne tuttavia travolta dal collasso del regime di Siad Barre, e dal conseguente scoppio della guerra civile somala, non riuscendo ad individuare alcuna strategia efficace per mediare tra le diverse milizie in lotta tra di loro. Con il collasso istituzionale della Somalia e l’uscita del contingente di pace Onu, nel 2006, i rapporti tra Italia e Somalia caddero in un oblio durato oltre un decennio. Buona parte dei migranti provenienti dal Corno d’Africa – inclusi gli eritrei in fuga prima dalla guerra e poi dal regime di Isaias Afewerki, e gli etiopi in fuga dalla povertà – non riuscì mai a costituire una comunità stanziale in Italia, venendo osteggiata o semplicemente ignorata dalle autorità. Molti di questi profughi si diressero quindi verso le comunità somale ed eritree del Nord America e del Nord Europa, ignorando l’Italia e privandola di una risorsa migratoria preziosa e culturalmente affine. La politica italiana verso la Somalia è dunque piombata in un sostanziale oblio, determinato dal costante disinteresse delle nostre forze di governo per la politica estera a cui si è invece contrapposto l’attivismo turco e delle monarchie del Golfo. L’impressione, tuttavia, è che ora l’Italia stia tentando di recuperare il terreno perduto in Somalia e in tutto il Corno d’Africa, regione strategicamente importante essendo situata all’incrocio di rotte commerciali, ma anche vulnerabile alla concorrenza politica e militare. La sua posizione geografica è di importanza strategica per la sicurezza non solo dei Paesi vicini, ma anche europei. Tuttavia, la regione è minacciata da una costante insicurezza e instabilità, essendo un terreno fertile per l’estremismo e gli attacchi terroristici. L’impegno dell’Italia nel cosiddetto “Mediterraneo allargato” – in cui si può in qualche modo includere la regione del Corno d’Africa – deve affrontare la crescente concorrenza di Paesi come Cina, Russia, India e Turchia. Il nuovo “grande gioco” dell’Africa si gioca ora tra queste potenze nel Corno d’Africa. Inoltre, le monarchie del Golfo hanno una presenza pervasiva nella regione a causa della loro vicinanza geografica e, negli ultimi anni, delle ricadute regionali della concorrenza saudita-iraniana. Da parte sua, l’Italia ha la possibilità di influenzare le relazioni con i suoi partner africani attraverso la cooperazione e il trasferimento di know-how su tecnologia, approvvigionamento energetico e infrastrutture. In tale prospettiva, il ruolo dell’Italia potrebbe risultare fondamentale anche attraverso una tradizionale azione basata sulla formazione delle forze di sicurezza e il rafforzamento delle istituzioni africane. È il caso, ad esempio, della pluriennale presenza italiana nella missione Ue per lo sviluppo delle capacità civili (Eucap Somalia), in quella di addestramento militare dell’Ue (Eutm Somalia) e nella missione anti-pirateria Eu Navfor, meglio nota come “Atalanta”. L’Italia è inoltre impegnata nel lavoro dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), organismo dedicato all’integrazione e al partenariato regionale, co-presiedendo l’Igad Partners Forum che riunisce i membri dell’Igad, diversi Paesi europei e organizzazioni internazionali e che è da tempo impegnata nel contrasto ai fenomeni migratori clandestini, in uno sforzo coordinato con diversi attori continentali, internazionali e nazionali.

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