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Hafiza: dall’Algeria il ponte dell’arte per unire il Mediterraneo

Mourad Rouighi - La creatività di Hafiza, artista algerina, invita alla riflessione e non ammette uno sguardo fugace bensì impone un’attenzione puntuale per l’intrinseca minuziosità e complessità. Sono carte, prevalentemente, ma anche tele, le prime colorate con pigmenti naturali con l’aggiunta di inchiostri, le seconde ad olio con una gamma cromatica in sintonia con quella usata per le carte. Da ultimo si sono aggiunti anche degli orizzonti con molteplici sfumature. Dominano, in tutta la sua produzione, varie tonalità di ocra “calda” con inserimento di “freddo” verde; i temi si avvalgono di una gamma cromatica più ampia. La forma ora viene esaltata nella superficie ora nel profilo, quasi a calibrare ed integrare le due antitetiche visioni. Le forme oscillano tra iconico e aniconico, suggerendo ora figure ben definite ora soluzioni puramente astratte.

La linea ha caratteri ora pittorico-informali ora calligrafici. La dialettica tra le forme plastiche ed i segni grafici esplicita una visione complessa del mondo che l’artista si preoccupa talora di tenere in ordine e sotto controllo, come indica il ripetersi dello schema della tessera (pedina, tessera musiva…), disposta ora secondo un ordine geometrico ora secondo un sovrapporsi ed un integrasi reciproco.

Hafiza è ben consapevole che il caso è sempre pronto a scompaginare gli eventi e lo dichiara con quell’elemento informale che spesso compare soprattutto nelle sue carte. Già, perché sulla carta, che è un supporto non esclusivamente legato alla prassi dell’arte, il pensiero corre libero. Per l’artista algerina anche i bordi della carta sono relativi, infatti il suo segno cerca talvolta nuove strade, verso una libertà senza confini, straripando dal foglio ed invadendo il passepartout, che, da elemento decorativo, si trasforma in parte integrante della composizione. Anche il limite superficiale della carta viene talvolta negato, con l’aggiunta di frammentarie e lievi presenze materiche. Ed i dipinti ora racchiudono l’elemento decorativo ora lo lasciano emergere. E’ come se tutta questa arte fosse percorsa da un sottile dualismo. Forme, colori, segni, composizione… tutto mette in evidenza l’incontro tra i contrari al fine di raggiungere un “unicum”. E’ presente, quasi in tutte le opere Hafiza, una sorta di alfabeto arcaico, al limite con il segno ideografico, una misteriosa scrittura che è commento visivo, prima ancora che concettuale. Tale alfabeto rimanda alla memoria le incisioni neolitiche rupestri della Valcamonica, la forma prima della scrittura dei Sumeri del IV millennio a.C., la scrittura lineare B di Micene del XIII secolo a.C. fino alla scrittura araba moderna. Le opere di Hafiza raccontano storie la cui esegesi è affidata alla sensibilità del riguardante

grazie all’utilizzazione di un linguaggio aperto a mille interpretazioni, proprio come lo è l’alfabeto segreto di cui si avvalgono. E' un'arte che coinvolge tutti con la sua ricca dimensione simbolica...

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