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Giorno della Memoria - La grande ipocrisia

Immagine del redattore: Roberto RoggeroRoberto Roggero

Roberto Roggero* - E’ difficile sradicare le credenze nei falsi miti, ma a un certo punto è giusto divulgare la verità dei fatti, la verità nuda e cruda, specialmente in giorni come quelli attuali, quando le vittime si trasformano in carnefici, approfittando del passato, strumentalizzato per motivi di convenienza politica.

Nell’assoluto rispetto e per il mantenimento della memoria viva, nessuno può negare che la Shoah sia avvenuta, questo è un fatto. Lo sterminio avvenuto nei campi nazisti rimarrà per sempre una macchia nella storia dell’umanità, ma si continua a non considerare allo stesso modo altre macchie indelebili, fra cui lo sterminio del popolo armeno ai primi del ‘900 che causò oltre due milioni di vittime, o i circa 100 milioni di morti fra i nativi americani, o il più recente genocidio del popolo palestinese o quello dell’etnia Rohyngya nel Myanmar, o quello della minoranza Uighuri in Cina occidentale, con i terribili Laogai ancora attivi, o ancora quello degli indigeni dell’Amazzonia, nella totale indifferenza della comunità internazionale.

Allo stesso modo è necessario sottolineare lo stesso atteggiamento assolutamente ipocrita a proposito del 27 gennaio 1945. La premier Giorgia Meloni parla del giorno in cui la Shoah “si è rivelata al mondo in tutta la sua atrocità”, ed è questa una delle più evidenti menzogne della storia recente.

Come viene mostrato nel pregevole quanto crudo “Amen”, film del 2002 diretto da Costa-Gavras, lo sterminio degli ebrei europei era a conoscenza dei governi coinvolti nel secondo conflitto mondiale da anni prima del 27 gennaio '45, e soprattutto dello stesso Vaticano, grazie alla denuncia di Kurt Gerstein, ufficiale ed esperto chimico delle SS (uno dei pochi di fede cattolica), che riuscì a informare il papa Pio XII ma inutilmente, contro l’indifferenza delle gerarchie ecclesiastiche, e allo stesso modo gli ambasciatori di Stati Uniti e Inghilterra. Gerstein non fu comunque l’unico, poiché numerose erano le testimonianze di coloro che riuscirono a evadere dai lager e a informare i referenti della Resistenza in Cecoslovacchia e Polonia, che fecero pervenire le informazioni agli alleati.

Per altro, le ricerche storiche dimostrano che tra la fine del 1942 e l’inizio del 1943 la maggior parte degli ebrei tedeschi che ancora vivevano in Germania era consapevole del genocidio.

Durante la guerra anche buona parte della popolazione tedesca non ebrea era consapevole dello sterminio in corso, attraverso la BBC e i giovani soldati in licenza dal fronte orientale che comunicavano con amici e parenti.

Una lettera ingiallita, datata 14 dicembre 1942, conferma che il pontefice Pio XII era a conoscenza dei crimini compiuti dai nazisti nei campi di sterminio. L’ha scoperta l’archivista vaticano Giovanni Coco, che ne parla su "La Lettura" del 17 settembre intervistato da Massimo Franco. In quel messaggio, inviato dal gesuita tedesco antinazista Lothar Konig al segretario particolare del Papa, il tedesco Robert Leiber, si cita il forno crematorio delle SS nel lager di Bełzec, situato nella Polonia occupata dai tedeschi, e viene menzionato anche il campo di Auschwitz, oggetto di un altro rapporto che purtroppo per il momento non è stato reperito. Una prova fondamentale circa l’esistenza di un flusso di notizie sui delitti nazisti che giungeva alla Santa Sede in contemporanea con l’attuazione del genocidio.  E nel giorno della Memoria si dovrebbero ricordare non solo gli ebrei, ma anche gli altri milioni di vittime che, secondo la definizione nazista, furono fatte passare per il camino. E ci sarebbe da dire molto altro, a proposito di chi sapeva e ha preferito o voluto tacere, a cominciare dal fatto che l'antisemitismo non è un concetto nato dall'ideologia nazista, ma dalle teorie del francese George Sorel, o che allo sterminio contribuirono i governi collaborazionisti francese e polacco, e che i campi di concentramento sono una invenzione britannica.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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