Assadakah Beirut – Gli israeliani hanno demolito la casa di una famiglia palestinese, gli Salhya, a Gerusalemme Est nel quartiere di Sheikh Jarrah, zona al centro nella primavera 2021 di grandi proteste proprio per la campagna di sfratti nei confronti degli arabi messa in campo dal governo. Per Israele quelle terre appartengono agli ebrei e non alle famiglie palestinesi che si sono rifugiate qui nel 1948, anno della nascita dello Stato di Israele, e della guerra arabo-israeliana con la conseguente fuga di decine di migliaia di palestinesi, ricordata dal mondo arabo come Nakba, la catastrofe.
La famiglia Salhya è un simbolo della battaglia contro le espulsioni israeliane, sostenuta da un movimento nazionale e internazionale. Per evitare lo sfratto alcuni di loro in questi giorni si erano appostati sul tetto con taniche di benzina minacciando di darsi fuoco. I militari nella notte hanno però circondato la casa, arrestato 18 persone fra familiari e sostenitori e poi hanno distrutto l'abitazione. "Non è un arresto, è una vendetta", dice l'avvocato della famiglia, Walid Abu-Tayeh. "Questa casa era stata costruita nel 1925 prima che lo Stato di Israele esistesse e in ogni caso non c'era nessun ordine di demolizione, solo di sfratto e noi avevamo fatto sapere che avremmo collaborato". Il governo israeliano sostiene che quel terreno serve per costruire una scuola per bambini con bisogni speciali. Scuola, rispondono la famiglia e i suoi sostenitori, che poteva essere costruita da un'altra parte.
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