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Gaza - La diplomazia europea resta a guardare?

Immagine del redattore: Roberto RoggeroRoberto Roggero

Assadakah News - La mediazione si è svolta a Doha e gli attori impegnati sono stati principalmente tre: Qatar, Egitto e Usa. L'Europa, tra le prime a congratularsi per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio dei primi ostaggi israeliani da più di un anno in mano a Hamas, sta guardando alla finestra, una sconfitta politica grave quanto difficile da rimarginare.

All’inizio degli anni Duemila, la seconda Intifada stava raggiungendo il suo apice, i gruppi terroristici organizzavano attentati kamikaze quasi quotidianamente, e nei territori palestinesi l'esercito israeliano circondava Jenin e Ramallah.

Quattro anni più tardi la stessa scena si è ripetuta nel sud del Libano, al culmine del conflitto del luglio del 2006 Israele-Hezbollah, e per l'Europa è stata l'Italia ad assumere un ruolo significativo, con la missione Unifil-2, ma vi è stato un fallimento comune nel non avere evitato la guerra in Iraq del 2003.

Oggi ancora immobilismo, dall’ottobre 2023, nella nuova guerra a Gaza l'Europa non ha avuto un ruolo significativo. Colloqui e intermediazioni non hanno visto alcun attore europeo protagonista, sia a livello di singoli governi che comunitario. Forse un calo nella lista delle priorità europee, oggi più concentrate nel prepararsi per la futura gestione Trump, e in una unità tutt’altro che reale.

Le soluzioni per tornare ad avere voce in capitolo non sono molte, ma non sono nemmeno poche. L'Europa non ha lo stesso grado di influenza militare degli Stati Uniti, così come non ha la potenza economica del Qatar e degli altri stati del Golfo, determinanti per convincere le parti a sedersi attorno a un tavolo.

L’Europa eccelle, tuttavia nell’esperienza diplomatica accumulata, che può essere decisiva per instaurare delle missioni internazionali di interposizione. Non è un caso il ministro degli Esteri Tajani è in Israele e Palestina.

Per prima di ogni cosa, occorre però la volontà di attuare simili progetti, ma non ci sono sul tavolo elementi concreti da cui partire. L'impressione è che, prima di tornare in gioco, l'Europa deve riappropriarsi dei principali mezzi strategici che ogni attore deve avere: volontà politica e credibilità.

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