Assadakah Beirut - Nella coltre del politically correct che vuole far commuovere e/o indignare per le cose più insensate non troverà spazio la notizia della ricerca che l’organizzazione Save the Children ha svolto nella Striscia di Gaza sulla condizione dei minori palestinesi. Bambini che sono rinchiusi in una gabbia a cielo aperto da decenni e che, ovviamente, ne risentono in modo drammatico. I dati raccolti sono agghiaccianti.
Circa l’80% dei bambini si dice nell’ordine spaventato, nervoso, depresso ed “in lutto” per tutti gli eventi violenti cui ha dovuto assistere negli ultimi 15 anni. Più di metà di loro ha pensato al suicidio ed ha commesso atti di autolesionismo.
Non hanno mai vissuto una realtà diversa da quella chiusa a causa del blocco sionista.
Oltre alle difficoltà economiche ed alla mancanza di servizi essenziali, dunque, la condizione provocata dai continui crimini dell’ente sionista genera infiniti problemi mentali nei bambini palestinesi determinando difficoltà anche nelle attività più consone alla loro età quali la concentrazione sullo studio, ma anche problemi nella comunicazione e nel linguaggio.
Il conflitto imposto dai sionisti, in sostanza, sta rovinando da decenni intere generazioni di palestinesi. Una domanda, dunque, sorge spontanea soprattutto nei riguardi degli appassionati della “cultura della democrazia e del diritto” che non perdono occasione di lodare e supportare lo stato sionista auto-denominatosi Israele: ci sono bambini meno bambini degli altri?
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