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G7, Qatar e Consiglio Islamico denunciano emergenza Sudan

Assadakah News - Allarme per la escalation a El-Fasher, nella regione del Darfur, in Sudan, Paese ostaggio di un conflitto civile dall'aprile 2023, è stato espresso dai capi di Stato e di governo del G7. La denuncia è contenuta in una dichiarazione adottata al termine del vertice del forum a Borgo Egnazia, in Puglia. "Condanniamo con fermezza i combattimenti in corso in Sudan, con violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario a partire dall'aprile 2023" si legge nel testo. "La situazione si sta deteriorando in modo costante, con un numero di vittime civili sempre maggiore".

I capi di Stato e di governo denunciano in particolare i rischi per donne e bambini e il timore di un aumento di violenze su basi comunitarie. "Tutte le parti devono consentire e facilitare il passaggio di aiuti umanitari in modo rapido e senza ostacoli" si legge nella dichiarazione. "Chiediamo di porre fine subito alle ostilità nel Paese e di avviare negoziati seri e diretti per concordare e attuare un cessate il fuoco sostenibile e senza precondizioni”. Nel testo c'è anche un monito ad "attori esterni" affinché non alimentino il conflitto, anche attraverso la consegna di armamenti.

All'appello si unisce il Qatar: "Nell'ultimo periodo stiamo assistendo a un cambiamento in questo conflitto e c'è una chiara e ferma richiesta di porre fine a questa guerra". Lo ha detto il premier e ministro degli Esteri del Qatar, Sheikh Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al Thani, nella conferenza stampa a Doha con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Servono "pressioni" su Israele e Hamas, ha affermato nelle dichiarazioni trasmesse dalla tv satellitare al-Arabiya, affinché si arrivi a un accordo. Il Qatar, in quanto "mediatore, fa del suo meglio per rispettare questo ruolo - ha aggiunto Al Thani - per ridurre le distanze". E "la nostra più grande preoccupazione è che ci vuole troppo tempo per colmare questo divario". Bisogna "porre fine" alla guerra "al più presto".

Anche il Consiglio Islamico del Sud si unisce alla denuncia: “Faccio appello al presidente Salva Kiir affinché svolga un ruolo efficace nel portare la pace nello stato del Sudan e coinvolga tutte le parti in conflitto ai negoziati". E’ quanto chiesto dal segretario generale del Consiglio islamico del Sud Sudan, Sheikh Abdallah Barac, ieri nel corso di un'intervista all'emittente del Sud Sudan Radio Tamzuj, dalla capitale Giuba. L'appello dell'alta carica religiosa, preoccupata che il conflitto in Sudan "avrà sicuramente ripercussioni negative anche sul Sud Sudan", avviene mentre continuano gli allarmi internazionali per l'escalation della guerra civile in corso ormai da 13 mesi nel vicino Sudan, che ha già causato 13 milioni di sfollati e 14mila morti secondo stime dell'ONU. Occhi puntati sulla città di El-Fasher, nel Darfur settentrionale, su cui giovedì sera è intervenuto anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottando una risoluzione per chiedere "la fine dell'assedio" della città da parte delle Forze di Supporto Rapido (RSF), che prosegue ormai da due mesi. Questa forza paramilitare guidata dal generale Hamdane Dagalo intende prendere il controllo dell'ultima località del Darfur rimasta sotto l'esercito che risponde agli ordini del generale Abdel Fattah Al-Burhan.

A causa della guerra il Sudan attraversa la "peggiore carestia degli ultimi 40 anni, come ha denunciato l'ambasciatrice degli Stati Uniti all'ONU, Linda Thomas-Greenfield, che ha aggiunto: "è necessario che il mondo si svegli e veda la catastrofe che sta avvenendo sotto i suoi occhi". Anche l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby ha fatto appello alla presa di coscienza internazionale, chiedendo agli Stati che forniscono armi ai belligeranti di fermarsi.

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