Roberto Roggero - Da poche ore è stata resa pubblica la quella che è definibile come una ulteriore prova di giustizia, emessa dalla Corte Internazionale Penale di Giustizia dell’Aja, sulle misure di emergenza richieste dal Sudafrica nel caso di genocidio contro Israele, per la guerra nella Striscia di Gaza. Una vittoria che, anche se non si può definire al cento per cento, riconosce di fatto l'azione israeliana come criminale. Le reazioni non si sono fatte attendere: palestinesi in festa, israeliani che si trovano da soli di fronte alla comunità internazionale e che, per bocca del premier Netanyahu, si intestardiscono a non voler riconoscere le proprie responsabilità, ma che sono comunque costreti al rispetto dei provvedimenti decisi dalla Corte dell'Aja. La sentenza è stata approvata con il voto favorevole di 14 giudici su 15, e stabilisce che Israele dovrà presentare un rapporto uffiiale sulla realizzazione delle misure richieste entro 30 giorni.
La presidente della CIG, Joan Donoghue, ha innanzitutto dichiarato che la Corte ha giurisdizione a dirimere la disputa. Dopo aver confermato che alcune delle presunte violazioni perpetrate da Israele hanno un fondamento giuridico, ha dichiarato Israele deve:
-Adottare tutte le misure in suo potere per evitare il rischio di genocidio, così come indicato all’articolo due della Convenzione ONU, in particolare rispetto ai punti a, b, c, d della stessa.
-Assicurarsi che le sue forze militari non stiano compiendo nessuno di questi atti, prevenire e punire coloro che incitano al genocidio contro i palestinesi nella Striscia di Gaza.
-Adottare misure "immediate ed efficaci" per garantire la fornitura degli aiuti umanitari e dei servizi di base urgentemente necessari.
-Agire subito per rispondere alle necessità primarie e sanitarie dei palestinesi nella striscia di Gaza.
-Impedire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di violazione della Convenzione sul genocidio.
-Presentare un rapporto alla Corte su tutte le misure adottate in risposta a quest'ordine entro un mese da oggi.
-La Corte ha inoltre chiesto l'immediato rilascio di tutti gli ostaggi israeliani.
Di fatto, però, la Corte non ha emesso una ordinanza ufficiale per un immediato cessate-il-fuoco, come richiesto da numerose organizzazioni e governi. Tutto il mondo era in attesa di un giusto riconoscimento di giustizia per le decine di migliaia di morti e feriti fra la popolazione palestinese, ma i giudici non si sono pronunciati in merito alle chiare accuse di genocidio, la cui decisione potrebbe richiedere anni. Nel frattempo, le forze di occupazione israeliane possono agire indisturbate nello sterminio di intere generazioni.
Dal 7 ottobre, secondo i funzionari di Gaza, la campagna militare israeliana ha ucciso più di 28mila persone, oltre 10mila erano bambini, e ne ha ferite 65mila. Altre migliaia risultano disperse sotto le macerie, la maggior parte delle quali si presume siano morte, e vi è poi il problema sfollati, profughi, ed emergenza umanitaria, che di fatto la dichiarazione dei giudici dell’Aja non riconosce.
I presupposti erano chiari, nonostante la lodevole iniziativa del governo sudafricano, che ha avuto il coraggio di porsi in prima linea nel prendere una posizione decisa e determinata, nono solo a parole e discorsi retorici di condanna e bla bla bla...Coraggio che non molti altri governi hanno avuto, nello schierarsi a sostegno della causa proposta dal Sudafrica.
Un procedimento penale effettivamente sterile, privo di mordente, senza decisione e privo della necessaria forza d’impatto con validità legale, quindi svuotato di significato: gli Stati Uniti lo hanno già svuotato di importanza definendolo “privo di merito”, mentre per Tel Aviv si tratta di diffamazione.
Le accuse erano state presentate lo scorso 29 dicembre, presso il più alto organo giudiziario delle Nazioni Unite, per atti di genocidio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza. L’ 11 gennaio 2024 si è tenuta la prima udienza pubblica, in relazione alla Convenzione sul Genocidio del 1948.
I legali sudafricani hanno presentato le prove, sostenendo che Israele ha dimostrato un modello di condotta genocida, nonché azione illegale che ha portato alla morte, alla fame, alla sofferenza e allo sfollamento la popolazione di Gaza. I 2,3 milioni di abitanti di Gaza sono esposti ad attacchi senza precedenti per via aerea, terrestre e marittima, con migliaia di morti e una diffusa distruzione di case e infrastrutture. Inoltre, Israele impedisce l’entrata di aiuti umanitari, mentre la popolazione di Gaza è bombardata senza sosta. SI segnala già la presenza di numerose fosse comuni per i corpi non identificasti. Di fronte a questi atti e alle prove presentate, i legali sudafricani hanno sostenuto il carattere genocida di Israele, rilevando l’intento di annientare la popolazione civile di Gaza. La richiesta denuncia anche il mancato rispetto da parte di Israele dell’obbligo di prevenire il genocidio, e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio, anch’esso sancito dalla Convenzione del 1948.
Nel 2015, la CPI ha aperto una verifica preliminare sulla situazione in Palestina, che includeva l’esame di possibili crimini di guerra commessi da qualsiasi parte coinvolta nel conflitto. Israele non ha cooperato con l’indagine, sostenendo che la CPI non ha giurisdizione in quanto Israele non è uno stato parte dello Statuto di Roma, ovvero la fondazione della Corte Penale Internazionale.
Il Sudafrica basa la sua accusa su due elementi. Uno è la condotta di Israele, citando una grande quantità di statistiche sugli attacchi indiscriminati e sproporzionati contro le infrastrutture civili, nonché sulla fame, sull’enorme numero di vittime e sulla catastrofe umanitaria nella Striscia: statistiche terrificanti che il pubblico israeliano conosce a malapena, perché i media più diffusi non le riportano. Il secondo e più difficile elemento da dimostrare è l’intento. Il Sudafrica sta cercando di dimostrare l’intento attraverso nove pagine fitte di riferimenti a citazioni di alti funzionari israeliani, dal presidente al primo ministro, ai ministri del governo, ai membri della Knesset, ai generali e al personale militare. sono più di 60 le citazioni – citazioni che parlano di sradicare Gaza, di appiattirla, di sganciare una bomba atomica e di tutte le cose che ci siamo abituati a sentire negli ultimi mesi. La sintesi di questi dati e la valutazione della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza permettono di stabilire il contesto in cui la Corte di giustizia potrebbe indicare misure temporanee che chiedono la sospensione delle operazioni israeliane a Gaza.
Le misure provvisorie della CIG non sono solo legalmente vincolanti, ma hanno anche una forte dimensione simbolica. Tuttavia, è responsabilità degli Stati attuare le decisioni della Corte. Poiché la CIG non dispone di mezzi coercitivi per far rispettare i suoi verdetti, rimane solo un meccanismo di applicazione se un Paese rifiuta un verdetto: chiedere al Consiglio di Sicurezza ONU di approvare una Risoluzione, e quindi si ricomincia da capo con i discorsi di circostanza…
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