Lorenzo Utile – La proverbiale punta dell’iceberg mostra che la crisi Russia-Ucraina sta incidendo sulle quantità delle importazioni di energia, petrolio e gas, ma per capire le esponenziali aggiunte sulle bollette dei consumi energetici, bisognerebbe andare un po’ più a fondo. Non è solo l’instabilità dell’Est Europa, o il disequilibrio politico del Medio Oriente, a far levitare i costi per utilizzo privato e industriale, e inoltre non è certo solo la pandemia che sta facendo rallentare la ripresa economica ed è all’origine degli aumenti. C’è ben altro.
Anzitutto da considerare che prima di arrivare alle “operazioni speciali” russe in Ucraina, si è assistito a una logorante guerra dei nervi portata avanti senza scrupoli da Washington nei confronti dell’Ucraina, esasperando l’attenzione mediatica, ma solo da una parte, evidenziando il rischio sull’eventualità che una guerra avrebbe portato al crollo delle forniture energetiche, con le principali parti in causa che, nel frattempo, non hanno perso tempo nel prepararsi a dovere. Intanto, anche l’Italia non è senza macchia, poiché, in vista di una crisi che appariva ormai inevitabile, non si è provveduto ad attivare i programmi predisposti per l’energia alternativa al gas e ai combustibili fossili, ad esempio il fotovoltaico, il geotermico, l’eolico o il solare. Un piano che, crisi ucraina o meno, era da attivare secondo il programma che, entro il 2030, prevede il rinnovamento energetico per almeno 70 gigawatt, mentre attualmente siamo ancora fermi a poco meno di 1 gigawatt all’anno, a fronte delle procedure già in essere per il collegamento alla rete di distribuzione per 145 gigawatt, ovvero oltre il doppio del livello produttivo che il governo ha approvato.
La domanda lecita è: perché in Italia si produce così poca energia alternativa? E perché, sebbene possiamo potenzialmente essere autonomi in tal senso, non si muove ancora nulla e di rimane legati al mercato estero? Un primo ostacolo sono le autorizzazioni, perché per poter disporre di centrali a energia fotovoltaica o eolica, siamo soffocati dalla burocrazia, che impone diversi step, per altro corretti, ma ingarbugliati fra inutili carte e cartacce: valutazione dell’impatto ambientale da parte del ministero dell’Ambiente; stessa procedura da parte del ministero dei Beni Culturali e degli stessi organismi di ciascuna regione interessata; approvazione delle concessioni edilizie; licenze varie per quanto riguarda le applicazioni elettriche; licenze per operare in campo elettrico; Conferenza dei Servizi, e altro ancora…e già se si parla di “conferenze”, equivale a trovarsi di fronte a un fiume di parole, chiacchiere, considerazioni, emendamenti, variazioni, e chi più ne ha, più ne metta. Successivamente, le stesse procedure burocratiche sono richieste per le connessioni degli impianti alla rete di distribuzione. L’immagine è quella di una matrioska che ne contiene infinite altre, a non finire, sempre più piccole e sempre più numerose…Se dovesse andare tutto liscio, il tempo stimato per ottenere il via ai lavori con le autorizzazioni specifiche, non è inferiore ai sette-otto anni, ma è pura utopia sperare che in Parlamento, si trovi un accordo di programma fra tutti gli enti e ministeri coinvolti, e se il progetto viene rimesso alla decisione del governo, a questo punto inizia un iter del quale non è possibile intravvedere la fine, posto che non è l’unico oggetto di dibattito e quindi la questione viene inserita nel calendario delle riunioni parlamentari. Basti pensare che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha sulla propria scrivania oltre 35 progetti specifici, molti dei quali lasciati in eredità dai precedenti capi di governo, rimasti impantanati per le obiezioni di un ministero o di un altro.
Non è tutto, perché oltre al danno, c’è la beffa: tutte le pratiche e le motivazioni di bocciatura dei ministeri coinvolti, non possono essere rese pubbliche ai cittadini, in quanto considerate “informazioni sensibili”, ovvero una specie di “segreto di Stato”.
E ancora: in Italia esiste la regola secondo cui la produzione di energia alternativa in eccesso non può essere “immagazzinata”, perché a produttori e distributori non è concesso lo stoccaggio, con conseguente perdita del ritorno su un investimento che sarebbe decisamente conveniente, senza contare la obbligata riduzione di energia disponibile.
Eppure, anche con tutte queste trappole burocratiche, l’energia rinnovabile è molto più vantaggiosa per il nostro Paese. Oggi i prezzi per produrre energia sono 45-50 euro a megawattora con il solare, 50-60 con l’eolico, contro il picco dei 140-145 del gas. Perché?
Nel frattempo, come contropartita, aumenta il prezzo del gas che l’Italia compra da Stati Uniti e Russia. Una vera e propria scuola sul come sprecare miliardi di denaro pubblico, con ricadute sulla crescita e lo sviluppo, e sul costo della vita di tutti gli italiani. E si consideri che tutto questo riguarda solo il settore energetico, ma in tutti gli altri ambiti non è molto diverso, ma di certo pochi sono al corrente dei veri motivi che si nascondono dietro la facciata, soprattutto mediatica, della difesa della democrazia e del diritto di autodeterminazione di Paesi come l’Ucraina, scelta come terreno di scontro, piuttosto che altri Paesi, come potrebbero essere l’Etiopia (dove la grande diga sul Nilo Azzurro è stata costruita da un’impresa italiana), o la Palestina, il Kurdistan…
Le tessere del grande mosaico sono sapientemente mescolate e disordinate per confondere la visione del quadro d’insieme. Ne è un esempio la dichiarazione del presidente Joe Biden al Cancelliere tedesco Olaf Scholz, dopo l’incontro alla Casa Bianca: “Se la Russia invade l’Ucraina, gli Stati Uniti troveranno il modo di bloccare il gasdotto NordStream”… Una dichiarazione che fa pensare molto, specie se si considera che il presidente americano ha accuratamente evitato di rispondere alla domanda di un giornalista tedesco, il quale chiedeva se, nei provvedimento per evitare quell’invasione militare oggi in atto, fosse compreso anche il blocco delle esportazioni di petrolio russo… La risposta la si può dedurre dal fatto che, dal 2015 al 2020, le importazioni di petrolio russo in USA sono passate da 330mimla barili al giorno, a oltre 540mila barili. Nel 2000, quando Vladimir Putin si è insediato al Cremlino, erano solo 72mila. Un’ascesa costante, coincisa con la diminuzione delle importazioni dai Paesi del Golfo… E oggi, Mosca è il terzo esportatore di petrolio negli Stati Uniti, preceduta da Canada, Messico e Arabia Saudita, nella misura del 7%.
In questo desolante scenario, la malridotta Europa, e la ancor più acciaccata Italia, ne fanno le spese, dal momento che 1/3 del greggio che arriva nella UE giunge, guarda caso, dalla Russia, ed è quanto meno strano che né gli Stati Uniti, né la UE-Bruxelles, abbiano spinto per misure di embargo sul petrolio, mentre lo hanno fatto a gran voce sul gas.
Che cosa fare quindi, per tutelare gli smisurati aumenti e reagire alla crisi energetica? Intanto accelerare il programma per le energie alternative stabilito entro il 2030, perché visti i tempi proverbiali dell’apparato, quella data è praticamente domani, e sarebbe buona cosa anticipare le scadenze, snellire la burocrazia, alleggerire la pressione sui cittadini, dando loro la possibilità di realizzare impianti di produzione singoli e autonomi con il fotovoltaico, l’eolico o il solare, con la possibilità di stoccaggio casalingo e scambio, senza essere obbligati a contratti capestro, per rendere il Paese, se non autonomo, almeno in buona parte indipendente, perché qualunque siano i discorsi retorici sul condannare una guerra, non sarà certo l’opinione dell’Italia o dell’Europa a decretarne l’esito, come sempre è stato in passato.
La priorità, per quanto riguarda il nostro Paese, non è quindi la crisi fra USA e Russia, ma quella di casa nostra, visto che non è possibile pensare in chiave europea, dal momento che l’Europa unita, la UE, è ben lontana dall’esistere di fatto, perché non sempre gli alleati sono amici, e non sempre gli amici sono alleati.
Certo, un bel sogno a occhi aperti, ma almeno il sogno è fra le poche cose che rimangono ancora non tassate…
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