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Egitto - La questione irrisolta della grande diga

Assadakah News - Nuove gravi tensioni nel Corno d’Africa, con i leader dei Paesi coinvolti che procedono sulla propria strada nella ricerca di sostegno e alleanze, come è successo al Cairo fra il presidente Abdel Fatah Al Sisi e Hassan Sheikh Mohamud, presidente di una Somalia mai definitivamente uscita dal caos in cui è entrata negli anni Novanta.

L’incontro è, di per sé, storico: Egitto e Somalia hanno sottoscritto un importante patto di difesa che prevede, tra le altre cose, l’invio di soldati del Cairo in territorio somalo e l’inizio di esercitazioni congiunte. Un modo per Al Sisi per iniziare a ritagliarsi un ruolo di primo piano in un’area essenziale, quella a cavallo tra Oceano Indiano e Mar Rosso. Ma questo è solo uno dei possibili obiettivi egiziani: il grande vicino della Somalia, l’Etiopia, ha visto nella mossa del Cairo un modo per controllare da vicino Addis Abeba. E il premier etiope Abiy Ahmed, non l’ha presa bene. Tanto da inviare subito militari e rinforzi lungo le frontiere somale.

Una questione atavica

Egitto ed Etiopia, è bene specificare, sono ai ferri corti da anni. Al centro della contesa la famigerata Gerd, acronimo di “Grande Diga della Rinascita Etiope“. Una mega struttura, alla cui costruzione hanno partecipato anche imprese italiane, in grado di dare a regioni etiopi storicamente aride un grande quantitativo di acqua per scongiurare la siccità e far rinascere, per l’appunto, l’economia. Il problema però, almeno dal punto di vista del Cairo, è che quell’acqua viene presa dal punto in cui il Nilo inizia a scavare i suoi meandri.

Egiziani, ma anche sudanesi, da tempo chiedono ad Addis Abeba di rivedere i propri piani. Il timore sia de Il Cairo sia di Khartoum, è di vedere drasticamente ridotta la portata del Nilo nei propri territori. Uno spettro ancor più problematico per l’Egitto, in cui il 90% della popolazione è stanziata lungo gli argini del fiume e dipende dalle sue acque. Per l’Etiopia però, l’attivazione delle turbine della Gerd non lede il diritto interazionale ed è una questione riguardante unicamente la propria sovranità.

Etiopia nel Somaliland

Ma, a proposito di sovranità, c’è un altro Paese che ne ha reclamato il rispetto nei mesi scorsi. Si tratta della Somalia, irritata per gli accordi stretti tra Addis Abeba e le autorità del Somaliland. Quest’ultima è una regione de facto indipendente da Mogadiscio, erede di quel pezzetto di Somalia non finita in mani italiane e rientrante all’epoca all’interno dei possedimenti britannici. La comunità internazionale, nella stragrande maggioranza dei casi, non riconosce il Somaliland come Stato indipendente e questo alimenta l’ambizione di Mogadiscio di riprendere definitivamente l’intera area.

L’Etiopia, dal canto suo, dopo aver perso l’Eritrea e dopo aver appurato che i rapporti con Gibuti non saranno mai nel segno della stabilità, ha bisogno di uno sbocco a mare. Da qui le intese con i secessionisti somali, in grado di fornire ad Addis Abeba un porto sicuro sul Golfo di Aden e una base militare. Ma la mossa del premier Abiy Ahmed non è piaciuta al governo somalo, a sua volta messosi a “caccia” di alleati per frenare le ambizioni etiopi e rivendicare la sovranità sul Somaliland.

Alleanza fra nemici

L’Etiopia quindi è entrata in contrasto con due Paesi specifici: l’Egitto per la questione della diga e la Somalia per quella relativa alla regione secessionista. Il 14 agosto, si è ancora una volta attuata una legge non scritta sempre valida nel contesto internazionale: il nemico del mio nemico, è il mio miglior amico. Dalle rivendicazioni somale, Al Sisi ha visto l’occasione per piazzare almeno diecimila propri soldati a Mogadiscio e mettere fiato sul collo di Addis Abeba. Non solo, ma l’Egitto può anche controllare meglio un tratto di Oceano Indiano che sfocia poi nel Mar Rosso e da cui passano quei traffici, messi in pericolo dall’azione degli Houthi yemeniti, che transitano poi dal Canale di Suez.

L’Etiopia però ha deciso di mostrare i muscoli e ha a sua volta inviato migliaia di soldati lungo le frontiere somale, bollando come provocazione l’accordo militare tra Al Sisi e il suo omologo somalo. L’impressione quindi è che, nella disputa per la Gerd e le acque del Nilo, lo scontro sia stato spostato direttamente in Somalia e abbia assunto un carattere più marcatamente militare. Uno scontro diretto appare oggi poco probabile, anche se non è da escludere. La tensione resterà comunque, almeno per diverso tempo, molto alta.

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