Paola Sireci – Risalgono allo scorso 18 maggio gli accordi tra Egitto e Gaza per lo stanziamento di 500 milioni di dollari per la ricostruzione di Gaza, a seguito degli attacchi aerei israeliani del mese scorso. Lo aveva annunciato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, a seguito di un incontro tenutosi con il presidente francese Emmanuel Macron e il re di Giordania Abdullah a Parigi. Una decisione necessaria per ripristinare la zona, duramente colpita dagli scontri tra Israele e Gaza, distrutta prevalentemente ed evacuata quasi totalmente. Migliaia sono gli edifici distrutti tra unità abitative e altri edifici come ospedali e centri sanitari di base: il Ministero degli alloggi di Gaza ha stimato 1.500 unità abitative distrutte, 1.500 danneggiate in modo irreparabile e 17.000 gli edifici che hanno subìto danni parziali, in aggiunta alle persone, tra israeliani e palestinesi che hanno perso la vita durante gli scontri.
Dopo dieci giorni di attacchi aerei, iniziati il 10 maggio, l’Egitto ha dato una svolta all’ennesimo scontro sanguinoso, proponendosi mediatore tra le parti nel cessate il fuoco, dando supporto economico ai palestinesi. Proprio ieri, infatti, Il Cairo ha mandato un convoglio di ingegneri e attrezzature per avviare il processo di ricostruzione di Gaza, al cui valico di Rafah, città del sud al confine con l’Egitto, si sono fatti trovare allineati i palestinesi pronti ad accoglierli e, in cambio assicurate cure mediche per i palestinesi. “Ci siamo precipitati con tutti i nostri soldi, attrezzature e ciò che possedevamo per unirci ai palestinesi nella ricostruzione. Ogni musulmano e ogni egiziano desidera prendere parte alla ricostruzione", ha detto un camionista egiziano Mahmoud Ismail a Gaza. Una presa di posizione significativa e importante quella del presidente Abdel Fattah al-Sisi volta, sì, a ripristinare le rovine di una zona mutilata da anni e che probabilmente ancora per molto sarà distrutta e ricucita ma, allo stesso tempo, una mossa finalizzata al suo consolidamento geopolitico.
Uno degli obiettivi il ripristino dei rapporti col gruppo palestinese Hamas, tesi da sempre a seguito della caccia nel 2013 dell'ex presidente dei Fratelli musulmani Mohamed Mursi, poi l’assestamento dell’Egitto come mediatore e pacificatore del quadrato mediorientale. In questa fase transitoria prima gli Stati Uniti, poi la Turchia e adesso anche l’Egitto, si designa attore necessario a livello regionale e internazionale, per affermare il suo ruolo a livello sociale, ideologico ma, soprattutto, economico.
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