Roberto Roggero* - Il nuovo leader della Siria post-Assad, Ahmad Al-Sharaa, ribadisce le intenzioni di apertura al dialogo interculturale e interreligioso, per portare il Paese a un governo democratico, in un periodo non certo a breve termine.
In una intervista al network Al-Arabiya, Al-Sharaa conferma la buona disposizione nel comprendere nel nuovo governo i Curdi, seconda maggiore etnia del Paese, integrandone le forze combattenti all’interno della difesa nazionale. Annuncia inoltre la necessità di arrivare con priorità all’annullamento delle sanzioni, da affrontare appena si sarà insediata la nuova amministrazione americana, nonché la continuazione dei rapporti con la Russia, che potrà mantenere le basi di Tartus e Latakia.
In programma entro breve tempo, la Assemblea Nazionale del Dialogo, che procederà alla fondazione del nuovo esercito siriano, con conseguente scioglimento delle milizie armate di Hayat Tahrir- Al-Sham, formazione trainante della rivolta, e delle numerose altre formazioni, per dare forma a un corpo di difesa nazionale.
Di certo, nonostante le promesse di democratizzazione, nella Siria di questi giorni è necessario il pugno forte, per mantenere l’ordine ed evitare scivoloni, specialmente perché è stata annunciata la stesura di una nuova Costituzione entro i prossimi tre anni.
Mantenere unito il Paese è essenziale, in questa fase di transizione, per fare in modo che le varie etnie possano trovare una equilibrata via di convivenza. D’altra parte l’esempio è confinante: in Libano sono oltre una decina le diverse confessioni religiose e le culture che convivono da secoli.
Nella fase intermedia che ha preceduto la rivolta recente, la Siria aveva circa 18,5 milioni di abitanti, oltre ai sei milioni di profughi interni, in prevalenza concentrati nelle regioni occidentali e lungo la valle dell'Eufrate. La grande maggioranza dei rifugiati proviene dall'Iraq, ma vi sono anche comunità provenienti dalla Palestina e dalla Somalia.
I siriani sono nel complesso un popolo legato ai vicini confinanti, come libanesi, palestinesi, giordani ed ebrei, e sono gli arabi a rappresentare la maggioranza della popolazione, compresa l’etnia beduina. Il secondo gruppo etnico più grande in Siria sono i Curdi, concentrati principalmente nelle regioni di Jazira e Jarabulus, nel nord al confine con la Turchia. Comunità curde sono a Damasco e Aleppo, ormai arabizzate.
Il terzo grande gruppo etnico del Paese è rappresentato dai turcomanni, rurali, che hanno conservato la lingua turca, e urbani, prevalentemente arabizzati, in maggioranza musulmani sunniti.
Altri gruppi etnici presenti in Siria sono i cristiani armeni, concentrati in maggioranza fra Aleppo e Damasco, poi i Circassi musulmani sunniti, e i cristiani assiri, principalmente lungo il fiume Khabur e nella zona di Al-Qamishli. Sono poi presenti greci, persiani, albanesi, bosgnacchi, pashtun, russi e georgiani, per la maggior parte arabizzati. Presenti anche ebrei siriani, concentrati prevalentemente a Damasco, Aleppo e al-Qamishli.
La lingua ufficiale è l'arabo, la lingua curda è parlata nelle regioni settentrionali, i turcomanni parlano il turco, l’aramaico è parlato dagli assiri nel nord-est, poi vi sono il cabardo, il 'adighè e l’armeno. Nelle scuole vengono insegnati inglese e francese. La religione più diffusa per oltre il 90% è l’Islam sunnita; il 7,5% circa della popolazione segue il cristianesimo, quindi altre diverse confessioni fra greci ortodossi, drusi, ebrei, di derivazione sciita, greco-cattolici, Chiesa apostolica armena, la Chiesa ortodossa siriaca, maronita e altre confessioni minori. Questo è il mosaico siriano che oggi si presenta alla comunità internazionale.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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