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Editoriale - Siria, quando finirà l’incertezza geopolitica?

Roberto Roggero* - La Siria esce da uno dei periodi più drammatici della propria storia, senza sapere che cosa ne sarà del prossimo futuro, poiché la situazione è ancora in preda al caos. Tuttavia alcune ipotesi possono essere proposte, sulle eventualità che si potrebbero verificare nel breve termine, a cominciare dalla ideologia che caratterizza la nuova leadership.

Nonostante la variegata composizione della popolazione, e la tradizione profondamente laica del periodo Assad, il nuovo governo siriano pare caratterizzato da un indirizzo neo-fondamentalista con relativa interpretazione letterale della legge islamica, la Sharia, che potrebbe penalizzare la posizione delle donne, almeno nella vita pubblica.

Il pericolo maggiore rimane comunque l’ingerenza straniera, in particolare della Turchia, principale sostenitore di Hayat Tahrir Al-Sham (HTS), formazione di punta della coalizione che ha preso il potere, sempre decisa a portare a termine la questione curda e per questo assolutamente contraria a qualunque forma di autonomia per i Curdi. Rimane il fatto che HTS è la punta dell’iceberg di una struttura estremamente eterogenea, in un paese dove manca una sovranità statale, dove la corruzione era un vero e proprio modus vivendi fino alla cacciata di Assad, ed è difficile identificare una reale capacità di esercitare i poteri di governo. Questa mancanza di sicurezza probabilmente acuisce i problemi delle minoranze, sempre le prime a soffrire di instabilità in ogni contesto insicuro. Curdi, Alawiti e altre minoranze stanno già sopportando il peso dell'insicurezza e dell'assenza di una chiara direzione.

Riguardo all’Occidente, a sua volta sempre più frammentato e diviso, molto dipende dalle scelte politiche e soprattutto economiche della nuova amministrazione Trump, che pare voler tenere fuori gli USA dal pantano siriano, mentre le nazioni europee aspetteranno e vedranno cosa succede, fin troppo ansiose di fermare il flusso di rifugiati siriani.

L’Unione Europea continua a dimostrare una endemica incapacità di una lettura uniforme della politica mondiale, quindi le politiche estere sono poco competenti, e l'opportunismo tende a sostituire la lungimiranza strategica, comprendendo in questo anche la incapacità di prendere in mano la situazione degli aiuti umanitari, da cui ne potrebbe derivare un non indifferente peso diplomatico.

Nello scenario ci sono poi Stati Uniti, Russia, Israele e Iran, e in questo senso il discorso è molto articolato. Israele ha tutto l’interesse a volere una Siria militarmente debole, da non costituire un rischio per i territori occupati illegalmente, primo fra tutti il Golan, e di certo da non sostenere la causa palestinese, in pieno accordo con la linea estera di Washington, il che spiega perché l'aviazione israeliana e statunitense abbiano sostanzialmente distrutto la capacità militare dell'esercito siriano.

La Siria non ha petrolio, quindi le motivazioni per le varie ingerenze vanno oltre l’oro nero, mentre Russia e Iran, entrambi giunti al limite della sopportazione per il sostegno al regime di Assad, sono pesantemente occupati nei propri problemi interni.

Le rivalità si fissano piuttosto sul piano geopolitico. Sia Mosca che Teheran cercheranno di riaffermare la propria influenza in Siria, che rimane comunque un elemento fondamentale per la loro strategia regionale. In assenza di un consenso, sostenuto da una marcata e più che evidente incapacità di azione dell’ONU, la Siria potrebbe stentare a uscire dallo stallo politico, a tutto danno della popolazione, destinata a subire il peso di questa instabilità quotidiana.

In tali condizioni, se non si troveranno soluzioni pratiche a breve termine, i veri sconfitti infatti saranno sempre i siriani, quelli costretti ad abbandonare il loro paese, e quelli che hanno sofferto e soffrono al suo interno, a causa dell'incapacità e della riluttanza delle classi politiche a prendere in mano la situazione, giungendo alla pace e alla stabilità, non solo in Siria, ma anche nella più ampia regione mediorientale.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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