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Editoriale - Non-sconfitta di Hamas, e non-vittoria di Israele

Immagine del redattore: Roberto RoggeroRoberto Roggero

Roberto Roggero* - Ormai è abitudine dell’informazione mainstream offrire insistentemente un’unica versione dei fatti, dalla guerra in Ucraina, al Medio Oriente, Sudan, Yemen, e via dicendo, e lo scopo del giornalismo basato sulla verità assume sempre più la missione di smentire tali versioni.

In questo senso, nello scenario della distruzione nella Striscia di Gaza e della celebrata vittoria israelo-americana, la versione imperante parla di una cocente sconfitta di Hamas, che non avrebbe più forza militare per opporsi al gigante sionista.

Nulla di più falso: lo show mediatico della liberazione degli ostaggi israeliani è stato notevolmente scenografico, con una sapiente regia che ha mostrato militanti in uniformi nuove fiammanti su mezzi tirati a lucido (mitragliatrici comprese), grandi bandiere, slogans in inglese, e cori esultanti in sottofondo. Molti hanno interpretato tutto questo come una recita per dimostrare al mondo che Hamas esiste sempre.

In verità, il movimento di resistenza ha subìto colpi decisamente duri, alcuni realmente disastrosi, come l’operazione del Mossad su cercapersone e telefoni cellulari e fino all’uccisione del leader storico, Yahya Sinwar, ma Hamas non esce sconfitto da Gaza, e di certo non è stato annientato. Sono stati eliminati interi battaglioni, eppure Hamas esiste e resiste, specialmente perché buona parte della popolazione palestinese, sebbene esasperata dalle bombe israeliane, sostiene ancora il movimento di resistenza.

Se la forza rimasta a Hamas non è più militare (versione comunque effettivamente opinabile), se la struttura di comando operativo è stata decapitata, rimane però una più che notevole forza politica, che fa di Hamas l’unico interlocutore presso la popolazione della Striscia, nonostante l’opinione imperante, diffusa dai media occidentali. Il potere politico di Hamas rimane fermo e solido come mai prima, perché conserva l’appoggio della popolazione, mentre le forze di occupazione israeliane si stanno dedicando alla distruzione della Cisgiordania con l’operazione “Muro di Ferro”, per smantellare la Brigata Tulkarem (nome che deriva dall’omonimo campo profughi), che combatte con Hamas e che, pur non essendo numerosa, ha poche centinaia di combattenti pronti a tutto.

I missili israeliani a guida laser hanno distrutto il 60% dei famigerati tunnel utilizzati da Hamas, ma ne esistono ancora molti, dove sono nascosti uomini, mezzi, armamenti e dotazioni sanitarie di primo soccorso, inoltre è da considerare la vittoria psicologica e morale, in seguito agli accordi di Doha, che stabiliscono la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi.

Secondo le stime, gli israeliani avrebbero ucciso oltre il 75% dei combattenti di Hamas fra gli oltre 40mila totali all’inizio della guerra (che contava altri quattromila volontari della Jihad Islamica e altri settemila provenienti da diverse formazioni satellite), compresi nella triste statistica di oltre 50mila morti, ma rimangono ancora attivi e decisi a tutto i nuclei speciali, i reparti meglio addestrati e mobili, esperti nella guerriglia, come la nota Brigata Ombra, formata da combattenti noti per ferocia e decisione in combattimento, quella che ha in consegna gli ostaggi. Un gruppo sul quale circolano diverse “misteriose leggende”.

Hamas quindi può opporre ancora una robusta forza politica, che sostiene circa 18mila combattenti ancora attivi, oggi al comando di Mohammed Sinwar, fratello dello storico leader ucciso a Tel as-Sultan, quartiere costiero di Rafah, da un reparto avanzato della 828a Brigata "Bislamach" delle forze di occupazione israeliane, il 16 ottobre 2024.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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