Roberto Roggero* - “Tutto a posto, niente in ordine”, un’espressione popolare che sintetizza la situazione internazionale. Clima, economia, politica, negoziati per la pace e non ultimo, la comunicazione, la verità. Verso quale limite ci si sta dirigendo? O forse non si riesce a uscire da una situazione di stallo, dove regna incontrastato un voluto e ben calcolato disordine.
Per definizione, il disordine impedisce la comprensione e confonde i punti di riferimento, sempre che ne esistano. La domanda, però, non la dovrebbero fare i comuni mortali, la gente della strada, ma gli architetti del disordine, posto che non si tratta solo di disordine, ideale tappeto sotto il quale nascondere l’immondizia, che da parte loro la domanda non se la pongono, dal momento che parlano una lingua comune in tutti i settori, sfruttando il caos dove nascondere le molte tragedie e le guerre volute a tutti i costi. In questo quadro si collocano a pennello le decisioni di Netanyahu e, non di meno, il diffuso (e altrettanto voluto) disorientamento sociale, relegato in fondo a quel disordine, con conseguenze come i molti problemi ancora insoluti di sanità, disoccupazione giovanile, vittime di violenza, migranti, etnie sterminate come a Gaza e in altri posti del mondo, senza lasciare il tempo di fare domande e, tanto meno, di aspettarsi risposte.
Le tecniche usate per definire questo disordine hanno grandi responsabilità, perché sono offese presenti dovunque, con disinvolta mancanza di responsabilità. Ogni ambito dovrebbe avere il compito di produrre una performance di efficienza ed efficacia, per prevenire i problemi e, eventualmente risolverli, perché è ormai accertata l’incapacità di prevenirli. Non a caso si parla emergenze globali, di fallimento della diplomazia e del diritto internazionale.
Il disordine produce modelli di distrazione di massa e assolve dall’obbligo istituzionale e politico di trovare un ordine, adottabile e trasferibile nei sistemi sociali.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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