Roberto Roggero* - La conferenza internazionale convocata dal presidente francese Macron sulla Siria apre la fondamentale questione della riconciliazione, ovviamente con la priorità della salvaguardia della politica estera dell’Unione Europea.
Stabilizzare la Siria è una assoluta priorità, ma questa non è certo una novità. In tale scenario l’azione di Macron vuole rafforzare iniziative giudiziarie e aumentare l’aiuto umanitario, in una fase storica, che minaccia sempre di fare della Siria un buco nero che incombe sul Mediterraneo.
Altrettanto importanti le decisioni che si attendono da Washington, attese soprattutto da Lega Araba e Consiglio di Cooperazione del Golfo.
I problemi da risolvere non sono pochi, considerando poi gli sviluppi paralleli e in certo senso connessi. Macron ha aperto importanti prospettive ma senza garanzie, anche considerata la complessità politica in cui opera la nuova leadership siriana.
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In Siria si deve nuovamente impiantare il seme del principio di nazione sovrana, ma per capire i problemi della Siria sembra che sia indispensabile partire dalla Turchia, ovvero il problema curdo e il riassetto del territorio siriano, e se i problemi politici e ideologici che sono stati alla sua base venissero colti e compresi si potrebbe già intravvedere la soluzione, che deve necessariamente venire da una buona disposizione delle parti in causa.
Gli opposti sono evidenti, ma ci deve essere l’idea di rinunciare alla lotta armata e chiedere per i curdi quei diritti che dovrebbero essere riconosciuti per il fatto stesso di esistere. L’idea di rinunciare alla sovranità curda è ormai diffusa, ma serve un’autonomia, però la Turchia non è intenzionata a cedere. Ed è questo uno dei punti che fanno zoppicare la pace in Siria, dove il governo centrale chiede ai curdi di sciogliersi nell’esercito nazionale. Di certo, l’accordo con i curdi significherebbe fare ripartire la storia e fare piccoli passi sulla nuova via della riconciliazione. Mancando questo, i curdi rimangono in armi e lo Stato rimane precluso anche a drusi e alawiti, e soprattutto l’accesso al Comitato che prepara la nuova costituzione.
Il leader siriano Al-Shaara si conferma panislamista, offre poche aperture perché non ne ha o non ricevendone non può darne abbastanza per garantire ciò che ha più volte annunciato: un governo dove siano rappresentate tutte le componenti della popolazione siriana.
E’ necessario allontanare il pericolo di due Sirie in una, come è già accaduto in Libia, e con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Chi ha ottenuto qualcosa a Damasco sono i cristiani, ai quali è stata riconosciuta una significativa presenza nel Comitato preparatorio del Consiglio nazionale che dovrà organizzare i lavori dell’assemblea costituente. Ma questo non basta. I cristiani sono una componente della società siriana che ha bisogno di potersi confrontare con le altre, nella pluralità delle idee, non solo delle confessioni. Ora si parla di un governo espressione di tutte le componenti della società siriana, cioè il passo decisivo di cui è parlato a Parigi.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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