Assadakah News - Porre fine alle violenze in Sudan e' ancora possibile, ma serve un piu' serio impegno da parte dei due generali che questa guerra l'hanno iniziata - il capo delle Forze armate sudanesi (Saf) Abdel Fattah al Burhan e il comandante delle Forze di supporto rapido (Rsf) Mohamed Hamdan Dagalo - e occorre fare in fretta: le tensioni etniche rischiano di trascinare nel conflitto anche i Paesi vicini e di aggravare la catastrofe umanitaria in corso. Lo afferma in un'intervista esclusiva ad "Agenzia Nova" l'inviato speciale degli Stati Uniti per il Sudan, Tom Perriello, giunto a Roma al termine di un viaggio che lo ha portato nei giorni scorsi a Port Sudan e a Gibuti. Perriello terminera' il proprio incarico a gennaio, quando l'amministrazione del presidente Joe Biden lascera' il testimone a quella di Donald Trump. A Biden e al suo segretario di Stato, Antony Blinken - dice Perriello - va dato il merito di aver tenuto la crisi in Sudan tra le prime p riorita' degli Stati Uniti in politica estera. Tuttavia, l'inviato Usa e' anche convinto che trovare una soluzione al conflitto nel Paese africano sara' importante anche per la futura amministrazione del presidente eletto Donald Trump: "Democratici e repubblicani alla Camera come al Senato - osserva - continuano a chiedere un impegno degli Stati Uniti non solo sul fronte umanitario, ma anche contro le atrocita' e i crimini di guerra in corso, e nel sostegno alle aspirazioni a lungo termine del popolo sudanese per arrivare a una transizione civile".
La crisi in Sudan, scoppiata nell'aprile del 2023 con la ribellione delle Rsf del generale Dagalo contro l'uomo forte del Paese, Al Burhan, presidente del Consiglio sovrano di transizione che aveva preso il potere nell'ottobre del 2021 rovesciando il governo civile di Abdalla Hamdok. Secondo alcune stime, la guerra civile sudanese ha mietuto piu' di 60 mila vittime (fonte: Sudan Research Group di Londra), provocando il piu' grave fenomeno di sfollamento al mondo dai tempi del conflitto in Siria e innescando una carestia che ha portato alla fame 1,5 milioni di persone. In alcune regioni del Paese, specialmente nel Darfur, sono state documentate operazioni di pulizia etnica che hanno nuovamente infiammato le tensioni mai sopite tra la comunita' araba e le minoranze africane, in particolare di etnia masalit. Secondo Perriello, pero', un percorso verso la pace esiste ancora, e potrebbe anche essere "molto breve". "Dovrebbero volerlo i leader delle Saf e delle Rsf che questa guerra l'hanno iniziata. Lo stesso vale per la carestia: e' stata creata dall'uomo, non dalla siccita' o dalle malattie. E' stata una scelta delle Rsf quella di dar fuoco ai campi, d'incendiare e saccheggiare i depositi, cosi' come e' stata una scelta dell'esercito quella di bloccare gli accessi agli aiuti umanitari".
In questo senso, pero', qualche progresso e' stato compiuto. "Negli ultimi mesi l'esercito ha consentito di espandere l'afflusso degli aiuti umanitari attraverso Port Sudan, ma anche le Rsf hanno iniziato a cooperare", afferma l'inviato speciale Usa, precisando che tali passi in avanti sono stati fatti nonostante le difficolta' a portare le due parti intorno al tavolo negoziale. "Nel 2024 possiamo comunicare anche al telefono. Abbiamo coinvolto gli attori internazionali piu' importanti, quelli che hanno reali rapporti sua con le Saf che con le Rsf e che sono seriamente impegnati sul fronte umanitario. Andremo avanti anche nelle prossime settimane: vogliamo portare piu' aiuti da Port Sudan verso l'est e il nord del Paese, da Adre' (al confine con il Ciad) nell'ovest e dallo Stato di Sennar nel sud", spiega Perriello. E' in questo contesto che s'inserisce la tappa a Roma dell'inviato statunitense e gli incontri con i rappresentanti del governo italiano, della Santa sede e del Programma alimentare mondiale (Pam).
L'Italia, osserva Perriello, vuole continuare a impegnarsi sul fronte umanitario e della cooperazione allo sviluppo. Tuttavia, "i Paesi donatori possono fare ancora di piu' ed essere piu' creativi, innovativi". "I sudanesi stanno assumendo dei rischi enormi per portare cibo e medicine alle comunita' nelle aree piu' colpite" dal conflitto, "dove anche le agenzie dell'Onu fanno fatica a entrare": "Vorrei tanto che gli italiani, che tutti conoscessero queste storie individuali di coraggio", dice il rappresentante Usa. E' notizia proprio di oggi, del resto, che il Pam ha intensificato le sue operazioni in tutto il Sudan, con oltre 700 camion di aiuti umanitari in viaggio verso le comunita' in tutto il Sudan. Se sul fronte umanitario gli sforzi di mediazione messi in campo dagli Stati Uniti e da altri Paesi hanno sortito qualche effetto, Perriello ammette che sul piano politico "non abbiamo visto gli stessi progressi". "Abbiamo bisogno di un diverso livello di impegno dei leader, anche di quelli che ho incontrato a Port Sudan", ha osservato l'inviato speciale, che nella citta' sul Mar Rosso ha incontrato il capo delle Saf, Al Burhan. "Il popolo sudanese vuole che i suoi leader mettano fine a questa guerra, e noi vogliamo lavorare per questo", dice Perriello. Il rischio e' quello di un ampliamento, di una "regionalizzazione" del conflitto. "Per certi versi, abbiamo gia' a che fare con una guerra regionale", dichiara il rappresentante statunitense, facendo riferimento in particolare ai legami etnici che uniscono le comunita' coinvolte nel conflitto sudanese con quelle di Paesi vicini. "Per esempio - racconta - molti membri della comunita' zaghawa s tanno fuggendo dal Darfur e dalle atrocita' commesse dalle Rsf verso il Ciad. Questo crea instabilita' nel Paese vicino. Da questo punto di vista, vediamo andare tutto nella direzione sbagliata". Secondo Perriello, "e' esattamente per questo che e' necessario che tutti i Paesi della regione mettano la pace e la stabilita' al primo posto". A questo proposito, gli Stati Uniti apprezzano particolarmente "il ruolo dell'Egitto". Il Cairo "e' a favore delle Saf, non ne fa mistero, ma sta facendo ogni sforzo per cercare di stabilizzare" il Sudan. Allo stesso modo, "ci sono Paesi che sostengono l'altra fazione (le Rsf) e che vogliono arrivare a una soluzione".
L'esercito sudanese ha dichiarato di aver ripreso il controllo di Sinja, capitale dello Stato di Sennaruna, una capitale regionale considerata "strategica" e che era stata presa cinque mesi fa dalle forze paramilitari rivali dell'Rsf (Forze di sostegno rapido). La citta' si trova su una zona chiave che collega le aree controllate dall'esercito nel Sudan orientale e centrale per questo e' da 19 mesi al centro del conflitto tra esisito e milizie ribelli. In un messaggio postato sui social network l'esercito ha reso noto che Sinja e' stata "liberata (...) dalle milizie terroristiche". Khaled al-Aiser, ministro dell'Informazione del governo sostenuto dall'esercito ha poi chiarito che la citta' "e' tornata nelle braccia della nazione".Il suo ufficio ha quindi aggiunto che il capo dell'esercito e governante de facto del Paese, il generale Abdel Fattah al-Burhane, si e' gia' recato nella citta' di Sennar, 60 chilometr i piu' a nord, per "celebrare la liberazione di Sinja".
Anche su questo fronte, afferma l'inviato speciale Usa, l'Italia puo' fare la sua parte, assieme all'Unione europea, adottando sanzioni nei confronti dei comandanti che commettono atrocita' contro i civili. "Gli Stati Uniti si sono gia' mossi, speriamo che gli europei seguano presto lo stesso percorso", dice Perriello. Occorre anche sostenere i processi di dialogo politico avviati dall'Egitto e dall'Unione africana, e incoraggiare i Paesi vicini a continuare ad accogliere i rifugiati in fuga dal Sudan e a disporre sforzi per la pace.
Quanto agli Usa, assicura l'inviato speciale di Biden, "ci sono molte ragioni per credere" che continueranno a impegnarsi sul dossier. "Il sostegno degli Stati Uniti per il Sudan e' bipartisan da almeno due generazioni. La chiave per trovare una soluzione, secondo Perriello, e' che sia i Paesi africani che quelli del Golfo siano coinvolti nel dialogo, e che questo si basi "sul futuro che il popolo sudanese desidera per se'". "Dobbiamo arrivare a un cessate il fuoco, e forse le pause umanitarie possono essere un punto di partenza", dice Perriello, sottolineando che l'impegno mostrato finora non e' sufficiente "di fronte alla carestia, a un'epidemia di colera, alle atrocita' contro i civili".
Non aiuta, certo, il ruolo della Russia, che proprio mentre l'inviato Usa si trovava a Port Sudan ha bloccato con il veto una risoluzione per il cessate il fuoco promossa al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. "Anche i funzionari del governo (sudanese) erano scioccati", racconta Perriello. "C'e' chi dice che la Russia stia con le Rsf, chi con le Saf. Quel che e' chiaro e' che la Russia fa i suoi interessi, non quelli del popolo sudanese. Qualunque partita geopolitica stia giocando, non si tratta di una partita a favore della pace, del ritorno a una transizione civile e a un futuro democratico per il Sudan. Questo il popolo sudanese lo sa molto bene. Ho parlato con migliaia di sudanesi, dentro il Paese e fuori, digitalmente e di persona. E' gente che conosce la sua storia e per questo apprezza il partenariato sfortunato". Il veto del 18 novembre scorso, secondo Perriello, e' stato "un momento infelice", ma il Regno Unito ha gia' in programma di portare un'altra risoluzione al Consiglio di sicurezza.
Democratici e repubblicani, alla Camera e al Senato, sono molto costanti nel chiedere un impegno americano, non solo sul fronte umanitario, dove siamo di gran lunga i primi donatori, ma anche nello schierarci contro queste atrocita', nel cercare di portare davanti alla giustizia chi si macchia di crimini come pulizia etnica, e nel sostenere le aspirazioni a lungo termine del popolo sudanese per una transizione civile". L'incarico di Perriello scadra' a gennaio prossimo, in concomitanza con il passaggio di consegne all'amministrazione Trump. "Non posso parlare per il presidente eletto, ma posso dire che sia amministrazioni democratiche che repubblicane hanno mostrato un forte interesse verso il Sudan. Io - conclude Perriello - saro' certamente a disposizione della nuova amministrazione per contribuire a quegli sforzi, nella forma che vorra'. La mia idea e' che il Sudan continuera' a essere una priorita' degli Usa, e che il Congresso saro' una parte importante di questo impegno".
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