Assadakah Roma News - Come avvenuto per il processo di normalizzazione con gli Emirati, con cui le relazioni sono riprese a novembre scorso dopo 12 anni, al faccia a faccia tra leader seguiranno incontri di alto livello tra delegazioni che permettano di concludere accordi commerciali, energetici e relativi l'industria della Difesa. A differenza degli Emirati però l'Arabia Saudita ha un potenziale commerciale molto più elevato, soprattutto per l'export turco: non ci si limiterebbe a una iniezione di capitale da investire, come accaduto per gli Emirati che hanno aperto un fondo d’investimento di 10 miliardi di dollari, ma a una serie di intese di ben altra portata che potranno dare nuova linfa all'economia di un Paese in difficoltà.
Nell'ultimo mese Riyadh ha tolto il veto all'import dalla Turchia e solo a marzo Ankara ha venduto beni all'Arabia per 58 milioni di dollari, il triplo dell'intero 2021. Il processo di normalizzazione che vede impegnato Erdogan da mesi su più fronti arriva mentre la Turchia è strozzata dalla peggiore crisi economica degli ultimi 20 anni, l'inflazione è ufficialmente al 61%, il valore della moneta è crollato del 48% nel corso del 2021 rispetto a dollaro ed euro. Una situazione peggiorata dalla pandemia, il cui colpo finale è stato dato dalla guerra in Ucraina, costata ad Ankara più di 50 miliardi di dollari.
La riapertura del mercato saudita può portare ossigeno in Turchia e allo stesso Erdogan. L'aumento dei prezzi sulle prime pagine dei giornali complica infatti il cammino del presidente verso le elezioni
del 2023. Turismo, investimenti, capitali sono ciò di cui l'economia ha bisogno per ritrovare quantomeno stabilità. Il presidente turco ha sempre coltivato buoni rapporti con il re ma nessuna simpatia per MBS, ha ingoiato il rospo dell'omicidio Khashoggi a casa sua, ha accettato di porre fine al processo dopo aver chiesto per mesi l'estradizione dei sospetti e ora è deciso a non fermarsi. Vuole la normalizzazione e attende capitali sauditi.
Nonostante anche un rapporto dell'intelligence americana indichi MBS come colui che ordinò l'omicidio del giornalista, da sempre oppositore e voce critica del regime, la Turchia non ha trovato sostegno concreto da parte della comunità internazionale e si è ritrovata da sola a chiedere invano per tre anni l'estradizione dei sospetti.
La posizione turca sull'omicidio Khashoggi ha costituito in questi anni il principale ostacolo a una riconciliazione già resa difficile dall'alleanza tra la Turchia e il Qatar (dove Ankara ha una base militare) e dal sostegno di Erdogan ai fratelli musulmani dopo le primavere arabe. Sostegno che ha causato attriti anche con Emirati Arabi ed Egitto. Sia con gli Emirati che con il Cairo, Ankara ha intrapreso un processo di normalizzazione già ben avviato con gli Emirati e in fase avanzata con Egitto e Israele. Tuttavia la normalizzazione con l'Arabia non poteva non passare attraverso la fine del processo Khashoggi, una condizione che MBS ha ritenuto essenziale per poter tornare a parlare con Erdogan. Al principe saudita il caso del giornalista è costato un duro danno d'immagine oltre che economico, proprio per le accuse rivoltegli per mesi da Ankara e da tutto il governo turco. Segnali di un riavvicinamento sono arrivati negli ultimi mesi, con la recente telefonata tra ministri delle Finanze, preceduta dal dialogo del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu con il collega saudita, le dichiarazioni dello stesso ministro che ha parlato di 'passi concreti' per la normalizzazione. Tuttavia è il trasferimento che pone la parola fine sulla vicenda processuale della morte del giornalista, l'elemento che più degli altri ha riavvicinato le parti.
Comments