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Darfur - Prima che sia troppo tardi

Roberto Roggero - Si moltiplicano gli appelli per l’emergenza Darfur, che tuttavia pare continuino a restare senza una risposta decisa ed efficace. Sempre più allarmanti e numerosi, infatti, sono i richiami delle organizzazioni non governative come Human Rights Watch, Medici Senza Frontiere, Emergency, Music for Peace, e fra queste non manca la associazione italo-araba Assadakah, che per richiamare l’attenzione ha organizzato, giovedi 16 maggio a Roma, un importante incontro al quale ha partecipato S.E. Sayed Altayeb Ahmed, ambasciatore sudanese in Italia.

L’emergenza Darfur è stata fra gli argomenti più discussi. La nuova ondata di violenza stravolge ancora una regione che già è passata attraverso avvenimenti drammatici, pulizia etnica e crimini contro l’umanità. A El Geneina, nel Darfur occidentale, Human Rights Watch denuncia le forze paramilitari ribelli della Rapid Support Force (RSF) che dal 24 aprile all’inizio di novembre 2023, hanno condotto una campagna sistematica per eliminare gli appartenenti all’etnia Masalit, massacrando migliaia di civili, per lo più uomini e adolescenti, ma anche bambini, anziani e donne, senza risparmiare cliniche, ospedali, ricoveri di soccorso. Naturalmente, a causa della estrema confusione, il numero delle vittime è incalcolabile.

Il personale della Mezzaluna Rossa sudanese ha detto di aver contato duemila cadaveri per le strade di El Geneina il 13 giugno 2023. I tecnici delle Nazioni Unite hanno stimato, citando fonti di intelligence, che tra le 10mila e le 15mila persone siano state uccise a El Geneina nel corso del 2023, oltre alla distruzione di numerose infrastrutture, saccheggi, bombardamenti e interi quartieri rasi al suolo. Colpendo anche le scuole, che ospitavano principalmente sfollati Massalit. Circa 600mila persone, prevalentemente Massalit e membri di altri gruppi non arabi, si trovano nei campi profughi in Chad, con poche speranze di tornare a casa. A ciò si aggiunge l’emergenza alimentare.

Nel campo di Zamzam è in corso una catastrofe umanitaria, come dichiara Claire Nicolet, responsabile di Medici Senza Frontiere in Sudan: “Nonostante la situazione sia nota da quasi tre mesi, non si sta facendo abbastanza per aiutare chi sta lottando per sopravvivere, e con l’intensificarsi dei combattimenti, siamo estremamente preoccupati che sarà ancora più complicato far arrivare i tanto necessari aiuti internazionali”.

MSF ha iscritto oltre 11mila bambini al programma di nutrizione, e ha aperto un ospedale da campo con 35 posti letto per i casi più critici, con 19 bambini con malnutrizione acuta grave e morbillo. Tuttavia, questo non è sufficiente a soddisfare i bisogni. Non ci sono state distribuzioni di cibo ufficiali nel campo da maggio 2023. Per le migliaia di persone sfollate da Nyala, Tawila e altre zone di conflitto, la situazione è particolarmente grave. Molti sono arrivati a Zamzam senza nulla e vivono in scuole sovraffollate senza accesso a cibo e acqua.

MSF chiede alle parti in conflitto di garantire la protezione dei civili, delle strutture sanitarie e del personale, per fornire assistenza alle decine di migliaia di persone che rischiano la vita. Prima che sia troppo tardi.

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