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Immagine del redattoreRoberto Roggero

CPI - Sentenza Netanyahu, cartina di tornasole per la UE

Roberto Roggero* - La recente sentenza di condanna emessa dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del premier israeliano Netanyahu, dell’ex ministro della Difesa Gallant e dei vertici di Hamas, non solo divide l’Europa, ma è una evidente cartina di tornasole degli schieramenti e delle intenzioni dei governi dell’Unione, e non solo. Una sentenza che molti governi hanno da subito messo in discussione, nonostante i più che evidenti precedenti di capi di stato e ministri già condannati dalla CPI. Ultima a contestare la decisione della CPI è la Francia, che per altro sta affrontando una non leggera crisi di governo. La contestazione sollevata riguarda la eventuale immunità di Netanyahu.

Di fatto, la CPI ha facoltà di emettere sentenza di condanna, ma non il mandato per dare seguito alla sentenza emessa. A tale scopo, affida le consegne ai governi dei 124 Paesi firmatari, fra cui tutti i 27 componenti dell’Unione Europea.

L’Europa è quindi divisa: la Francia in crisi politica contesta la sentenza per prendere tempo; l’Ungheria ha già esplicitamente dichiarato che non darà seguito alla sentenza; l’Italia cerca di tenere il piede in due scarpe; il governo belga ha dichiarato che non si può ragionare con due pesi e due misure e che terrà fede al mandato, come Olanda, Irlanda (fra i pochi ad avere riconosciuto lo Stato di Palestina), Slovenia, Lituania e Spagna.

Nonostante l'Austria sia una convinta alleata di Israele, ha dichiarato che sarebbe costretta a conformarsi. In una dichiarazione il ministro degli Esteri Alexander Schallenberg ha definito il mandato "assolutamente incomprensibile" e "assurdo", ma ha aggiunto che "il diritto internazionale non è negoziabile e si applica ovunque, in ogni momento".

Anche Estonia, Svezia e Danimarca si sono espresse a sostegno della Corte Penale Internazionale dopo l'emissione dei mandati, senza ammettere esplicitamente che sarebbero disposte ad arrestare il premier israeliano.

E’ però la posizione non vincolante di molti Stati dell'UE, comprese Francia, Germania e Italia, che rischia di compromettere ulteriormente l'autorità della Corte.

Il governo Meloni ha messo in dubbio la fattibilità della detenzione di Netanyahu, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che la scorsa settimana ha affermato che "l'arresto di Netanyahu è irrealizzabile, almeno finché sarà primo ministro".

La Germania ha inizialmente dichiarato che avrebbe "esaminato" la sua possibile risposta al mandato, ma è considerata combattuta tra il suo incrollabile sostegno alla corte e la sua responsabilità storica nei confronti di Israele. Di certo la posizione ambigua degli Stati europei alimenta il clima di impunità.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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