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COP26 – Tempo di bilanci

Assadakah - Travolto dall’ onda dei manifestanti, il presidente Alok Sharma ha ammesso: “Capisco la loro frustrazione”. Non tutto è perduto, però. Perché ci sono sempre due vertici che viaggiano parallele: quello dei leader (assenti e presenti), con dichiarazioni altisonanti ma non di impegno, e quello dei negoziatori, che lavorano nell’ombra. La giornata importante è oggi 8 novembre, e segnerà il successo o il fallimento della conferenza.

Lunedì e martedì scorso hanno parlato 120 capi di Stato e di governo, e anche se l’assenza di Xi Jinping si è fatta sentire, Sharma è andato avanti con la strategia dell’impegno: piccole intese che dovrebbero fare da apripista su questioni chiave.

“Se tutti gli impegni presi saranno pienamente raggiunti - ha detto il direttore dell’International Energy Agency (IEA), Fatih Birol - metteranno il mondo sulla buona strada per limitare il riscaldamento globale a 1,8 °C”. Siamo 0,3° sopra l’obiettivo invocato dagli scienziati ma è un grosso salto rispetto al +2,7° prospettato all’apertura di COP26. Gli impegni, però, non sono vincolanti e solo tra qualche anno sapremo se le promesse saranno state mantenute.

Oltre 100 Paesi si impegnano a fermare e invertire la deforestazione a livello globale entro il 2030, una dichiarazione supportata da investimenti pubblici e privati, che aiuterà principalmente a proteggere l’Amazzonia e le foreste tropicali in Indonesia e nel bacino del Congo. «Ci aspettavamo più dettagli — ha commentato Jo Blackman, esperto forestale di Global Witness —. I governi hanno già fatto in passato dichiarazioni simili che non sono state rispettate». Sono 103 i Paesi che hanno firmato l’accordo per ridurre le emissioni di metano del 30% entro il 2030. Se pienamente attuato, l’impegno potrebbe ridurre di 0,2°C il riscaldamento globale entro il 2050, ma tre dei maggiori emettitori — Cina, India e Russia — non hanno firmato.

Oltre 20 Paesi, tra cui l’Italia, si impegnano a terminare i finanziamenti all’estero per tutti i combustibili fossili per il 2022. Altri 40 Paesi ad uscire dal carbone (entro il 2030 i Paesi sviluppati, entro il 2040 quelli in via di sviluppo), ma Cina, Russia e Usa hanno detto no. «Joe Biden si è affrettato a criticare l’assenza di Xi Jinping, ma la sua decisione di non firmare il patto sul carbone ha dato un duro colpo a quella che doveva essere una politica di punta della COP», commenta il Financial Times.

Il 90 % dell’economia globale è impegnata a raggiungere le emissioni zero verso metà secolo. Se i piani nazionali per i tagli alle emissioni di CO2, di più breve periodo, non ci mettono subito sulla traiettoria verso il Net Zero, i modelli su cui si basano le proiezioni dell’Iea cadranno a pezzi molto rapidamente, ha dichiarato Jennifer Allan dell’Earth Negotiations Bulletin. L’india ha promesso di raggiungere il Net Zero nel 2070, 20 anni dopo Usa e Ue e dieci anni dopo Cina, Russia e Arabia Saudita. L’India si è impegnata anche ad ottenere metà dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2030. John Kerry, inviato speciale Usa sul clima, avverte: “Le parole non significano nulla se non sono seguite dai fatti”. Survival International denuncia che “nelle foreste dell’India centrale sono state pianificate 55 nuove miniere di carbone e l’ampiamento di 193 esistenti”.

Nei prossimi giorni non si tratta di assumere ulteriori impegni per ridurre le emissioni. I piani nazionali (o NDC) sono stati presentati dalla maggioranza dei 190 Paesi e anche se non sono sufficienti per raggiungere l’obiettivo, come ha ricordato la presidente dell’Unfcc Espinosa, è improbabile che cambieranno.

I negoziatori ora si concentrano su tre temi chiave. 1) Trasparenza che al momento non esiste, per un format comune per gli NDC o per verificare che i Paesi fanno ciò che promettono; 2) finanza climatica: l’obiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 non è stato ancora raggiunto e alcuni Paesi in via di sviluppo hanno sottolineato che i finanziamenti non possono essere sotto forma di prestiti; 3) definire le regole di un mercato globale del carbonio per sostenere la compensazione delle emissioni e raggiungere l’obbiettivo Net Zero.

Sul tavolo il delicato tema dell’adattamento ovvero a fornire le soluzioni pratiche (e finanziarie) necessarie per adattarsi agli impatti climatici e affrontare le perdite e i danni, soprattutto quelli subiti dalle nazioni più vulnerabili (e meno inquinanti). La premier delle Barbados Mia Amor Mottley è stata molto dura: “L’incapacità di fornire le finanze critiche e quella delle perdite e dei danni ricade, amici miei, sulle vite e sui mezzi di sussistenza delle nostre comunità. Questo è immorale ed è ingiusto”.

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