ANN - Talal Khrais - C'è chi lo definisce un colpo di Stato e chi qualcosa di inevitabile e provvidenziale per cambiare le cose. Queste sono le due posizioni di fronte alla decisione del presidente Kais Saied di ricorrere all’articolo 80 della Costituzione tunisina per assumere i poteri straordinari previsti in caso di pericolo imminente per il Paese. In questo caso sembra che il colpo di Stato non costituisca un pericolo per la democrazia. La decisione del presidente Saied è stata presa al termine di una giornata convulsa in cui le principali città della Tunisia, in occasione del 64° anniversario della proclamazione della Repubblica, erano state invase da manifestanti che scandivano slogan contro il capo del governo e chiedevano lo scioglimento del parlamento. Domenica scorsa la piazza ha espresso il profondo disagio provocato dalla disastrosa situazione economica, causata dal venir meno, per il covid, degli introiti del settore del turismo che costituiva la principale risorsa del Paese e dalla crisi sanitaria per il diffondersi della pandemia che ha già fatto registrare 18.000 morti e rischia un’ecatombe per la mancanza di ossigeno e vaccini. La situazione è ulteriormente aggravata da una crisi politica, frutto di uno scontro tra il presidente della repubblica e il capo del governo Hichem Mechichi, nominato dallo stesso presidente, ma che è diventato, come si vocifera, alleato del Movimento Islamista di Ennahdha (in arabo la rinascita) che lo appoggia e che rappresenta il maggiore gruppo parlamentare. I nuovi ministri di Ennahdha, che Mechichi aveva nominato a gennaio, non sono mai stati riconosciuti dal presidente e questo ha provocato uno stallo istituzionale che in qualche modo doveva essere spezzato. Il presidente Saied, destituendo Mechichi, ha di fatto assunto il potere esecutivo che eserciterà con il nuovo governo che si appresta a formare. Ha inoltre congelato i lavori del parlamento per 30 giorni, togliendo l’immunità ai parlamentari, contro alcuni dei quali sono in corso procedimenti giudiziari, soprattutto per corruzione. Il presidente si accinge ad assumere anche il potere giudiziario che gli permetterà di aprire i dossier bloccati. Kais Saied assicura comunque che non agirà al di fuori della legittimità costituzionale. Non c’è dubbio che questi avvenimenti ricordino la presa del potere da parte di Abdel Fattah al-Sisi in Egitto nel 2013, anche lui allora aveva avuto l’appoggio del popolo ma l’evoluzione non è stata quella auspicata. Nel caso della Tunisia non c’è, anche storicamente, la stessa implicazione dei militari, anche se per assicurarsi il controllo Saied ha fatto dimettere il ministro della difesa, Brahim Bertaji. Sugli obiettivi della rivoluzione, iniziata nel 2011, i pareri divergono, sicuramente non sono Stati gli islamisti ad avviarla ma certamente hanno approfittato delle libertà ottenute con la caduta del regime di Ben Ali. Sono in molti, anche all’estero, che attendono l’evoluzione della situazione per prendere posizione. In questi momenti in Tunisia i timori si alternano alle speranze. Non sono per ora fugate le preoccupazioni che si possano verificare atti di violenza. Occorrerà aspettare i prossimi giorni per vedere quali iniziative saranno intraprese dagli islamisti, non solo Ennahdha, ma anche quelle dei più radicali. L’opposizione, si annuncia dura, ma molto dipenderà anche dall’appoggio internazionale. La chiusura della sede di al Jazeera, la rete televisiva araba più importante, limiterà la diffusione di notizie, almeno nei Paesi Arabi. L’autorevole quotidiano libanese AN Nahar, il 26 luglio, ha riportato: Le decisioni di congelare per 30 giorni il Parlamento, revocare l'immunità ai deputati e licenziare il premier non rappresentano "un colpo di Stato". Si tratta di decisioni costituzionali, ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione. Il Parlamento, resterà in riunione permanente a causa di una situazione particolarmente delicata e invita le forze dell'ordine e l'esercito a stare al fianco del popolo tunisino, proteggere la Costituzione, sostenere lo stato di diritto e preservare il prestigio dello Stato e delle istituzioni. Vedremo cosa farà l'Italia, che da anni ha un rapporto amichevole ed intenso con la Tunisia, vista la vicinanza geografica, la comune appartenenza all'area mediterranea e il continuo contatto fra la comunità italiana e quella tunisina, oltre ad un positivo sviluppo dei rapporti economici confermato dagli investimenti italiani nella Regione.
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