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Colloqui USA-Iran – Sultano dell’Oman martedi a Mosca

Roberto Roggero* - L’incontro fra le delegazioni americana e iraniana a Roma, presso l’ambasciata del Sultanato dell’Oman guidate rispettivamente dall’inviato speciale Steve Witkoff e dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi, alla presenza del ministro degli Esteri, Badr Al-Busaidi, è stato di indubbia utilità. Se non altro, le quattro ore circa di colloqui sono servite a dare una accelerazione ai tempi per giungere ad un accordo, ma la strada è ancora lunga e piena di ostacoli. Di certo il mondo si augura l’inizio di una nuova distensione, non certo di una ulteriore escalation, soprattutto in una Regione chiave per il pianeta, già funestata da conflitti e rivalità interne.

I colloqui torneranno a svolgersi a Muscat, capitale dell’Oman, per una terza fase in programma mercoledi 23 e sabato 26 aprile, che si preannuncia fondamentale per passare alla fase decisionale per i dettagli tecnici e operativi.

Il ministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Abbas Araghchi, ha commentato: “Adesso si fa sul serio, il colloquio è stato positivo e volto al futuro”.

Rimangono comunque da capire diversi elementi, a cominciare dal limite che Washington vorrà porre alle possibilità di Teheran per lo sviluppo del programma nucleare a scopi civili, cioè le percentuali di arricchimento dell’uranio da concedere all’Iran (si parla del 3,67% come da accordi del 2015), oltre all’interrogativo circa le autorità politiche e scientifiche che condurranno il dialogo, e come si unirà l’attuale fase di negoziato al possibile processo di rimozione delle sanzioni internazionali per Teheran, che deve affrontare anche il cosiddetto “Snapback”, cioè il meccanismo di imposizione delle sanzioni, al momento in stand-by per il piano sul nucleare congiunto (Jcpoa) risalente al 2015, che scadrà alla fine del 2025.

Le parti in causa comunque stanno bruciando i tempi, se si considera che, per i precedenti negoziati, ci vollero tre anni a Barack Obama e all’Ayatollah Ali Khamenei, dal 2009 al 2012, solo per avviare il dialogo, con un incontro al mese, mentre attualmente si sta tenendo un incontro a settimana.

Perché questa premura? Di certo ha a che fare con motivazioni prevalentemente tecniche, con immancabili e pesantissime variabili diplomatiche e geopolitiche.

Teheran e Washington hanno ben presente come finì nel 2015, con l’accordo poi rigettato dallo stesso Trump nel 2018 e quindi il percorso ottimale da seguire è segnato, come gli argomenti principali e decisivi, senza dimenticare il contesto regionale e internazionale.

Una delle variabili impazzite è senza dubbio Israele, che si oppone con decisione a ogni forma di accordo, come nel 2015. Un’altra è la situazione mediorientale, fra la fase di distensione Teheran-Riyadh in pieno svolgimento e, in prospettiva, il ruolo della Russia, di importanza assolutamente decisiva. Nel 2015 Mosca aveva insistito per la conclusione di un accordo, ma oggi sul tavolo c’è anche il negoziato russo-americano sull’Ucraina.

I leader in campo sanno fin troppo bene che a tutte le parti in causa conviene trovate una linea di sintonia sui diversi teatri d’azione, specialmente fra le prime due potenze nucleari del mondo, quindi raggruppare in un solo grande negoziato le soluzioni per i vari teatri di crisi. Una sfida non poco ambiziosa, ma unica soluzione realistica per un futuro vivibile e lontano dalla psicosi di massa su una catastrofe planetaria.

La Russia ha un ruolo chiave, in merito un accordo sul futuro del programma nucleare iraniano, ed è considerata non solo come possibile destinazione delle scorte iraniane di uranio arricchito, ma anche come possibile arbitro in caso di violazione dell’accordo. Ciò è dimostrato dal viaggio ufficiale del sultano omanita, S.A. Haitham bin Tariq al-Said, atteso a Mosca martedì 22 aprile, come confermato dal Cremlino, indicando che i due leader discuteranno dei legami commerciali ed economici bilaterali, e soprattutto del negoziato in atto e della fondamentale opera di mediazione svolta dal Sultanato, oltre ad analizzare naturalmente i particolari del ruolo della Russia per il raggiungimento dell’accordo USA-Iran.

Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha informato l’omologo russo, Sergeij Lavrov, in merito al primo ciclo di colloqui svoltosi la scorsa settimana in Oman e sull’incontro di Roma, elogiando il ruolo della Russia nello storico accordo nucleare del 2015, che ha portato alla revoca delle sanzioni in cambio della limitazione delle attività nucleari di Teheran. Lavrov ha risposto che la Russia è pronta a mediare e assistere nei colloqui sul nucleare, in qualsiasi ruolo sia richiesto per aiutare ad arrivare a un accordo.

(*Direttore responsabile Assadakah News)

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