Letizia Leonardi (Assadakah News) - Nell'Artsakh occupato il governo di Baku continua a distruggere chiese e siti di grande importanza storica e artistica e fa posto a infrastrutture di notevole impatto economico. Nell'area di Berdzor gli azeri stanno costruendo l'aeroporto di Lachin. Una scalo che si aggiunge a quello già esistente nella capitale Stepanakert e agli altri due a Fuzuli (Varanda) e Zangilan (Kovaakan). Due di questi nuovi aeroporti sono vicinissimo al confine con l’Armenia.
Improbabile che questi aeroporti, così vicini, servano per incrementare il turismo, come sostiene il regime di Aliyev. Il pericolo e la ragione più probabile è che possano invece essere utilizzati per creare basi per far partire droni verso la Repubblica d'Armenia.
Per la realizzazione di questa nuova pista e per realizzare altre strutture, l’Azerbaijan sta sistematicamente eliminando il patrimonio culturale armeno presente nel Nagorno Karabakh. A lanciare l’allarme è stato un rapporto del Centro europeo per la legge e la giustizia (Eclj) di Strasburgo basato su dati satellitari forniti da Caucasus Heritage Watch e da Monument Watch.
Un patrimonio di inestimabile valore costituito principalmente da chiese, monasteri, cimiteri e croci di pietra khachkar .
L'opera di distruzione è iniziata da subito. La chiesa di Mokhrenes del XVIII secolo è stata completamente rasa al suolo nel marzo 2022. A settembre del 2023, all'indomani della conquista dell'intero Nagorno Karabakh, è stato completamente ripulito il terreno. Anche la chiesa di San Giovanni Battista a Shushi del 1847, danneggiata dalle bombe azere, durante il conflitto del 2020, non esite più. Sparito anche il cimitero di Ghazanchetsots a Shushi, con le sue lapidi, che risalivano ai secoli XVIII e XIX. Nella zona, lo stesso destino è toccato anche ad altri cimiteri. Demolita la chiesa dell’Ascensione a Berdzor che, in caso contrario, sarebbe diventata una moschea.
Il sito di Kohak, classificato come luogo sacro con tre khachkar medievali e un piedistallo di khachkar risalenti a un periodo compreso tra il IX e il XIII secolo è stato inghiottito dalla furia distruttrice dei bulldozer azeri.
Persino gli edifici scolastici di Zar e Chirag, risalenti agli anni Cinquanta, che contenevano elementi architettonici presi da chiese e cimiteri armeni medievali del Nagorno Karabakh, sono state rase al suolo.
Stessa sorte è toccata al cimitero nei pressi di Vazgenashen del XIV secolo, che ospitava un autentico tesoro di khachkar medievali. Anche il cimitero della Porta di Yerevan a Shushi, costruito tra il XVIII e il XIX secolo, è stato gravemente danneggiato alla fine dello scorso anno. I vandalismi nel cimitero di Ghuze T’agh, del XIX, vicino Aknaghbyur, erano già iniziati nei primi mesi del 2021. Nel maggio di quest’anno è stato completamente demolito.
Per non parlare delle numerose storiche chiese, come quella del monte Vankasar, del VII secolo, che è stata privata della croce che sormontava la cupola.
Anche la cattedrale di Ghazanchetsots a Shushi, costruita nel XIX secolo, è stata privata dei suoi simboli religiosi, inclusi gli angeli sul portale dell’edificio.
Si teme che anche altri edifici storici cristiani siano in pericolo, in particolare i monasteri di Dadivank (costruito fra il IX e il XIII secolo), di Gandzasar (XIII secolo) e di Amaras (IV secolo). Ovviamente anche i nomi delle città e delle vie sono cambiate. La capitale Stepanakert è stata ribattezzata col nome azero di Khankendi. Anche la sua toponomastica ha subito modifiche. Via Tevosyan, che prendeva il nome da un dirigente comunista dell’epoca sovietica, ora è diventata via Ismail Enver Pascià, uno degli architetti del genocidio armeno del 1915. Via Nelson Stepanyan, nome di un eroe di guerra sovietico ucciso dai tedeschi nel 1944, è ora via Nuri Pasha, nome di un ufficiale militare ottomano che svolse un ruolo di primo piano nel massacro di 30 mila civili armeni a Baku nel settembre 1918.
Alla fine del 2023 il governo di Baku ha permesso all’Unesco, dopo molte richieste, di visitare il Nagorno Karabakh. Purtroppo il rapporto degli ispettori Unesco, pubblicato al termine della visita, ha stabilito che le strutture culturali e religiose armene non avevano subito alcun danno. Una vergogna senza limiti. I soldi riescono evidentemente a comprare anche coloro che dovrebbero proteggere i beni storici e culturali.
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