Letizia Leonardi (Assadakah News) - Siamo abituati a vedere le immagini satellitari di Google Earth per ammirare dall'alto le meraviglie del mondo. Mai avremmo potuto immaginare di vedere distruzione di antichissimi luoghi, come sta avvenendo in quello che era il Nagorno Karabakh, terra da secoli abitata e governata da armeni e che gli azeri stanno distruggendo senza alcuna pietà. Il Karintak, come lo chiamavano gli armeni, non esiste più. C'erano chiese, case, strade. C'era la vita tra le antiche costruzioni, tra le bellissime croci di pietra che raccontavano di un'antica e gloriosa civiltà che la Comunità Internazionale (Vaticano compreso) ha voluto difendere. Di tutto il villaggio è rimasta, non si sa ancora per quanto tempo, solo una piccola chiesa e qualche abitazione usata per dare alloggio agli operai impegnati alla costruzione di una grande moschea. E chissà se la piccola chiesa armena verrà inglobata in questa costruzione, quasi a sfregio della religione cristiana. Basta digitare Dachalti (il nuovo nome dato dagli azeri) su Google Earth e tutti potranno vedere lo scempio con i propri occhi. L'Azerbaijan non è nuova a queste azioni si annientamento, sia degli armeni fisicamente che di distruzione del loro patrimonio artistico e archeologico. Cancellando le testimonianze armene loro pensano di poter cancellare l'esistenza di un intero popolo.
Anche a Shushi è stata distrutta la chiesa di San Giovanni Battista del XIX secolo, già danneggiata durante il conflitto del 2020. Il regime dittatoriale di Ilham Aliyev non permette ad alcun osservatore indipendente, nemmeno all’Unesco, di verificare cosa sta accadendo nell'ex Nagorno Karabakh e quindi soltanto queste immagini satellitari del Caucasus Heritage Watch, un progetto di ricerca delle università statunitensi Cornell e Purdue, rappresentano il solo strumento di monitoraggio.
La stessa cosa, ricorda Luna De Bartolo su Repubblica, è accaduta all'exclave azera del Nakhichevan. Era presente, in quell'area, un immenso patrimonio artistico e culturale, frutto di secoli di presenza della popolazione armena. Chiese, cimiteri e migliaia di antichissime khachkar, croci di pietra tipiche dell'arte funeraria armena che oggi sono sparite. In Nakhichevan, come nel Nagorno Karabakh, non c'è più neanche un armeno e, chi non conosce la storia, potrebbe anche dubitare che gli armeni siano mai esistiti. Evidentemente è questo che vuole il governo di Baku. I bulldozer azeri a Dachalti (ex Karintak) hanno distrutto tutto, persino un monumento ai caduti della Grande Guerra Patriottica, il conflitto combattuto dall'Unione Sovietica contro la Germania nazista.
Secondo i ricercatori americani, dalla storica cacciata della popolazione armena dal Nagorno Karabakh, tra il 2020 e il 2023, sono sei i siti culturali distrutti e nove quelli considerati minacciati. A nulla è valso il monito della Corte internazionale, organo giudiziario delle Nazioni Unite, che ha ordinato a Baku di adottare tutte le misure necessarie per prevenire il vandalismo e la profanazione di monumenti, luoghi di culto, cimiteri e manufatti armeni. Baku, in tutta risposta, ha reso pubblici piani per realizzare grandi infrastrutture e progetti di riqualificazione nella regione, per trasformare quei territori, che sono stati oggetto di pulizia etnica, in “zone ad energia verde” con estesi parchi fotovoltaici e eolici. In tal modo, completamente indisturbata, l'Azerbaijan si accrediterebbe furbescamente come nazione attenta al green sacrificando l’eredità storico culturale armena presente del territorio del Nakhichevan. Questo potrebbe accadere anche nel Nagorno Karabakh.
Il Nagorno Karabakh, da sempre abitato e governato armeni, è ora un luogo dove la storia viene riscritta attraverso le ruspe che cancelleranno la loro ancestrale presenza. La Corte Internazionale di Giustizia aveva ordinato all'Azerbaijan di proteggere il patrimonio armeno, ma le demolizioni continuano indisturbate. Non solo i territori armeni sono stati cancellati dalle cartine geografiche ma c'è il rischio concreto che si possa persino dubitare che sia mai esistito un intero popolo.
Purtroppo alcune testate italiane che, hanno riportato la notizia di queste distruzioni, parlano di armeni separatisti, di terre occupate e ritornate ai legittimi proprietari. Non c'erano regioni e armeni separatisti. C'è stato un diritto all'autodeterminazione di un popolo intero non rispettato e sacrificato a un diritto territoriale fatto valere con la forza delle armi.
(Foto tratta da il quotidiano Libero)
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