
Maddalena Celano (Assadakah News) - La conferenza "Dialogo e Comprensione: Oltre l'Islamofobia verso una Società Inclusiva" si è tenuta il 14 marzo 2025 presso la libreria Horafelix di Roma, in occasione della Giornata Internazionale contro l'Islamofobia. L'evento è stato organizzato dall'Associazione Assadakah, in collaborazione con Vision & Global Trends - International Institute for Global Analyses e patrocinato da L'Antidiplomatico e Casa del Sole TV.
La conferenza ha visto la partecipazione di numerosi relatori che hanno condiviso le loro prospettive sul tema dell'inclusione sociale e della lotta ai pregiudizi, con un focus particolare sull’islamofobia. Gli interventi sono stati seguiti da un dibattito ricco e partecipato, in cui ciascun partecipante ha avuto la libertà di esprimere la propria opinione, arricchendo il confronto con esperienze personali e riflessioni profonde. L’incontro ha permesso di esplorare come smantellare gli stereotipi e promuovere una società più giusta e inclusiva, in cui il dialogo interculturale sia la base per superare le divisioni e costruire una convivenza pacifica.
Islam e l'Orientalismo
La sottoscritta Maddalena Celano ha aperto il suo intervento facendo riferimento all’opera seminale di Edward Said, Orientalismo (1978), un testo fondamentale che ha rivoluzionato gli studi postcoloniali. Said ha analizzato come l'Occidente, nel corso dei secoli, abbia costruito un’immagine distorta e stereotipata dell'Oriente, un processo che non solo ha modellato la percezione dell'Islam e delle culture musulmane, ma ha anche contribuito a giustificare le politiche coloniali e imperialistiche. Il pensiero orientalistico, come ha messo in evidenza Said, non è mai stato neutrale, ma ha avuto una funzione politica ben precisa: quello di legittimare il dominio dell'Occidente sulle terre e sulle popolazioni dell'Est, creando un'immagine di “altro” che fosse facilmente dominabile, esotico ma arretrato, misterioso ma al contempo minaccioso.
L'orientalismo, quindi, non si limita a un fenomeno storico che appartiene al passato coloniale, ma rappresenta una vera e propria lente ideologica attraverso cui l'Occidente continua a interpretare e giudicare l'Islam e le società musulmane. Questo approccio riduttivo e spesso pregiudiziale si manifesta in molteplici ambiti, dalla politica internazionale ai media, passando attraverso i programmi educativi e la rappresentazione della cultura musulmana nella letteratura. L'Occidente, in questo contesto, tende a ridurre l'Islam a una realtà monolitica, ignorando le sue molteplici tradizioni, correnti di pensiero e pratiche che esistono all'interno di questa religione. L'Islam viene rappresentato come una religione aliena, incomprensibile e incompatibile con i valori democratici e liberali, creando così una disconnessione tra le diverse comunità.
Il mio intervento ha analizzato in profondità il legame tra l'orientalismo storico e l'islamofobia contemporanea, sottolineando come quest'ultima non rappresenti una novità, ma una sua diretta continuazione. L'islamofobia, infatti, può essere vista come un’estensione moderna e particolarmente pericolosa dell'orientalismo, che perpetua la visione dell'Islam come una civiltà monolitica, arretrata, e intrinsecamente ostile ai valori occidentali. Negli ultimi decenni, a partire dal 11 settembre 2001, questa visione è stata amplificata e diffusa in modo virale grazie ai media globalizzati, ai quali si aggiungono le politiche securitarie che giustificano misure sempre più invasive nei confronti delle comunità musulmane. Il fenomeno dell'islamofobia non si limita a una paura dell'Islam, ma si articola in una serie di azioni concrete che includono discriminazioni razziali, violenze verbali e fisiche, e l'emarginazione sociale di intere popolazioni. La distorsione dell’immagine dell'Islam, come ha messo in evidenza Said, è dunque funzionale alla giustificazione di politiche repressive e interventistiche. Questa visione stereotipata alimenta discriminazioni che non solo isolano le comunità musulmane, ma le rendono anche bersagli facili di attacchi verbali e fisici, creando un clima di crescente intolleranza. Le narrazioni che dipingono l'Islam come una minaccia per la sicurezza, o come un’ideologia incompatibile con i valori democratici e la libertà individuale, giustificano l’adozione di politiche securitarie che limitano le libertà civili. Questo fenomeno si osserva in particolare nei contesti di migranti musulmani, dove l'immagine dell'immigrato musulmano viene spesso associata a potenziali minacce terroristiche, giustificando politiche di controllo dei flussi migratori sempre più draconiane e discriminatorie.
Inoltre, l'orientalismo contemporaneo si manifesta anche nell’adozione di politiche estere che, sotto il pretesto di esportare la democrazia e la libertà, mascherano interessi geopolitici e economici. Gli interventi militari in paesi a maggioranza musulmana, spesso presentati come missioni umanitarie, si rivelano, nella maggior parte dei casi, azioni di controllo geopolitico che rispondono a logiche imperialiste e a interessi economici. La distorsione dell'immagine dell'Islam diventa così una chiave di lettura per comprendere non solo l’esclusione sociale, ma anche le logiche economiche e politiche che governano il nostro mondo globalizzato. In conclusione, è fondamentale riconoscere come il fenomeno dell’orientalismo e della sua evoluzione contemporanea in islamofobia sia strettamente legato alle strutture di potere globali. Le politiche e le narrazioni che riducono l'Islam a un’entità monolitica e ostile sono non solo false, ma anche dannose, in quanto alimentano la divisione e l’esclusione. Per costruire una società più inclusiva e giusta, è necessario un impegno collettivo per smontare questi pregiudizi e promuovere una narrazione che riconosca la pluralità e la ricchezza dell’Islam e delle sue tradizioni. L'educazione, i media e la politica devono lavorare per abbattere i muri dell'ignoranza e della paura, per costruire ponti di dialogo e comprensione tra le diverse culture e religioni del nostro mondo.
Intervento del Dott. Tiberio Graziani
Il ruolo delle dinamiche geopolitiche nella formazione dei pregiudizi culturali
Il Dott. Graziani ha anche esplorato come le dinamiche geopolitiche contemporanee abbiano influito sulla diffusione dell'islamofobia. Secondo Graziani, le tensioni internazionali, come quelle che emergono dagli scontri in Medio Oriente, le guerre in Afghanistan e Iraq, e la crescente polarizzazione tra l'Occidente e il mondo musulmano, hanno alimentato sentimenti islamofobici. Questi eventi geopolitici hanno contribuito a consolidare una visione dell'Islam come una minaccia diretta alla sicurezza e ai valori occidentali, rafforzando i pregiudizi e la diffidenza nei confronti delle comunità musulmane. Le crisi internazionali, in particolare gli attacchi terroristici, hanno spesso spinto i media e i leader politici a generalizzare e a vedere ogni musulmano come potenzialmente pericoloso, trascurando la pluralità e la diversità all'interno della comunità musulmana.
Inoltre, Graziani ha evidenziato come la retorica politica utilizzata da alcuni leader mondiali, soprattutto dopo gli attacchi dell'11 settembre, abbia contribuito a rafforzare l'immagine dell'Islam come una civiltà intrinsecamente violenta e incompatibile con i principi della democrazia liberale. La guerra al terrorismo, infatti, ha portato a una demonizzazione del mondo musulmano e ha associato l'Islam, in modo erroneo e ingiusto, al terrorismo e alla radicalizzazione.
Un aspetto centrale dell'intervento del Dott. Graziani è stato l'invito a decostruire gli stereotipi sull'Islam e a promuovere una maggiore comprensione interculturale. Secondo Graziani, comprendere il contesto storico che ha dato origine all'islamofobia è essenziale per superare le barriere che dividono le diverse culture e religioni. Solo attraverso una lettura critica della storia e un impegno a smontare i pregiudizi, è possibile creare una società più inclusiva, basata sulla comprensione reciproca e sul rispetto delle diversità.
Il Dott. Graziani ha proposto diverse strategie per promuovere una maggiore comprensione interculturale e combattere l'islamofobia. Tra queste, ha sottolineato l'importanza dell'educazione, che deve affrontare i pregiudizi e gli stereotipi fin dalle scuole, sensibilizzando le nuove generazioni alla pluralità delle culture e delle religioni. La formazione di una cittadinanza globale consapevole, capace di riconoscere le sfide comuni e promuovere la solidarietà, è essenziale per costruire ponti tra le comunità musulmane e non musulmane.
Intervento del Dott. Francesco Tieri
Il Dott. Francesco Tieri, attivista e studioso della libertà religiosa, già Segretario del CAIL, esperto in Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione con una formazione in Sonic Arts, è anche autore di un libro sull’islamofobia e la libertà religiosa in Italia. Nel suo intervento affronta il tema dell’ostilità del sistema italiano nei confronti delle minoranze religiose, in particolare verso l'Islam.
Parte dall’analisi di eventi recenti legati alla libertà religiosa, tra cui il nuovo concordato della Chiesa ortodossa rumena, attacchi legislativi al burqa, convegni parlamentari sul tema e una sentenza del Consiglio di Stato che obbliga un comune lombardo a concedere spazi per una moschea. L'intervento di Tieri si concentra sulla critica profonda alla struttura normativa italiana riguardo al trattamento delle minoranze religiose e alla questione della laicità dello Stato. Secondo Tieri, il sistema normativo vigente in Italia costringe molte minoranze religiose a un "mimetismo religioso" per poter evitare discriminazioni e godere di una certa accettazione sociale e legale. In altre parole, le comunità religiose che non sono cattoliche spesso devono adattarsi e conformarsi a pratiche che sono ritenute "più accettabili" dalla maggioranza, al fine di evitare ostracismi o difficoltà legali. Questo fenomeno, sostiene Tieri, non fa che perpetuare un clima di esclusione, impedendo alle minoranze di esprimere liberamente la propria identità religiosa e culturale.
Un aspetto centrale della critica di Tieri riguarda la laicità italiana, che lui descrive come una "costruzione giuridica" che, piuttosto che garantire una separazione equa tra lo Stato e le religioni, in realtà legittima privilegi per la Chiesa cattolica. In Italia, infatti, la Chiesa cattolica beneficia di una serie di vantaggi giuridici, storici ed economici che le altre religioni non godono. Questo privilegio si manifesta in vari ambiti, come nelle leggi fiscali (ad esempio, con l’8x1000, che consente ai contribuenti di destinare una quota delle imposte alla Chiesa cattolica) e nella presenza di simboli religiosi pubblici, come il crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici, che non è mai stato messo in discussione in modo sostanziale dalle autorità.
Un altro punto cruciale del suo intervento riguarda la legge sui culti ammessi, una normativa risalente al periodo fascista, che continua a esercitare una forte influenza sulle comunità religiose in Italia. Questa legge, che risale al 1929, stabiliva un sistema di “culto ammesso” e discriminava le religioni che non avevano un accordo formale con lo Stato. Ancora oggi, molte comunità religiose sono costrette a operare sotto il peso di questa legge, che crea una gerarchia tra le confessioni riconosciute e non riconosciute. Le religioni che non godono di un accordo con lo Stato, come ad esempio l'Islam o il Buddismo, non hanno accesso agli stessi diritti e benefici delle religioni riconosciute, come la Chiesa cattolica, e sono costrette ad affrontare un sistema che le considera come "minori", marginalizzandole nella sfera pubblica e in quella legale.
Tieri denuncia come questo sistema perpetui una discriminazione istituzionalizzata, dove non solo le minoranze religiose sono penalizzate, ma l'intero sistema della laicità perde il suo significato di neutralità. Secondo il suo punto di vista, la laicità dovrebbe essere un valore che non solo separa la religione dallo Stato, ma che promuove l’uguaglianza di tutte le religioni, garantendo pari dignità e diritti a tutte le confessioni. Invece, l’attuale struttura giuridica italiana, secondo Tieri, non solo non riconosce questa uguaglianza, ma attraverso il mantenimento di leggi di epoca fascista e la legittimazione dei privilegi per la Chiesa cattolica, alimenta un clima di esclusione religiosa e discriminazione sociale.
Tieri conclude il suo intervento sollecitando una riforma radicale del sistema normativo italiano, che abbandoni la logica del "privilegio" per un approccio che promuova davvero una laicità equa, rispettando la libertà religiosa di tutti i cittadini e riconoscendo la pluralità religiosa come un valore da tutelare, piuttosto che come una minaccia da gestire.
Infine, evidenzia che la costruzione di luoghi di culto dovrebbe essere un diritto, ma in Italia è ostacolata da un sistema discriminatorio che obbliga le comunità a ricorrere ai tribunali per vedersi riconosciuti diritti fondamentali. Questa mancanza di tutela ha portato all'approvazione di leggi esplicitamente anti-moschee, espressione di una discriminazione sistematica contro l'Islam.
Intervento della Dott.ssa Roberta Adesso
L'intervento della Dott.ssa Roberta Adesso ha offerto una riflessione profonda sul ruolo dei media e dell'informazione nel modellare la percezione dell'Islam nel contesto contemporaneo, evidenziando come la distorsione delle narrazioni religiose e culturali possa alimentare l'esclusione e la discriminazione. Come cofondatrice dell'Associazione Assadakah, la Dott.ssa Adesso ha raccontato la sua esperienza diretta come manager nei paesi del Golfo, dove ha potuto osservare da vicino non solo le dinamiche economiche e sociali, ma anche il modo in cui l'Islam e le società musulmane sono rappresentate nei media occidentali. Ha sottolineato come questa rappresentazione spesso crei una visione monolitica e stereotipata dell'Islam, riducendolo a un'unica narrazione che non solo è incompleta, ma anche fuorviante.
Secondo la Dott.ssa Adesso, i media tendono a concentrarsi su aspetti negativi e controversi, amplificando le voci più estremiste e ignorando le straordinarie diversità culturali, religiose e politiche che caratterizzano il mondo musulmano. Questo fenomeno, che potrebbe sembrare insignificante a prima vista, ha in realtà un impatto enorme sulla percezione globale dell'Islam. La visione unilaterale che ne emerge non solo crea distorsioni ma alimenta anche una cultura di paura, sospetto e ostilità nei confronti di coloro che professano questa religione.
Un altro punto cruciale che ha evidenziato è l'uso delle informazioni per creare divisioni tra le persone, alimentando una narrativa di "noi" contro "loro". Le rappresentazioni mediatiche distorte tendono a dipingere i musulmani come "altro", estranei alla società occidentale, con l'obiettivo di costruire una barriera tra le diverse culture. Questo, ha spiegato la Dott.ssa Adesso, non è solo un problema di sensibilità culturale ma un problema di giustizia sociale, poiché favorisce l'esclusione e la discriminazione nei confronti di intere comunità.
Il lavoro svolto dall'Associazione Assadakah, di cui la Dott.ssa Adesso è cofondatrice, si inserisce in questo contesto come una risposta alle narrazioni distorte che dominano spesso le discussioni pubbliche. Promuovendo il dialogo interreligioso e interculturale, l'Associazione cerca di sfidare gli stereotipi e di costruire ponti di comprensione tra le persone di fede musulmana e le altre comunità. Attraverso attività educative e campagne informative, l'Associazione mira a sensibilizzare l'opinione pubblica e a promuovere un'informazione che sia più accurata, inclusiva e rispettosa delle diversità. L'intervento della Dott.ssa Adesso ha messo in luce l'importanza di una narrazione più equilibrata e giusta nei confronti dell'Islam, e ha invitato tutti a riconoscere il potere dei media nel plasmare le nostre visioni del mondo e nel contribuire a una società più inclusiva, dove ogni cultura e religione possa essere rispettata senza pregiudizi o discriminazioni.
Intervento della Dott.ssa Margherita Furlan.
La Dott.ssa Margherita Furlan, giornalista e direttrice editoriale di Casa del Sole TV, ha recentemente offerto un'interessante analisi geopolitica sui BRICS e sul nuovo ruolo dell'Iran nello scenario internazionale. Il suo intervento ha messo in luce le dinamiche globali che stanno ridefinendo gli equilibri economici e politici del mondo multipolare emergente.
Uno dei punti centrali del discorso della Dott.ssa Furlan è stato il ruolo crescente dell'Iran all'interno dell'alleanza dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), gruppo che sta ampliando la sua influenza grazie all'integrazione di nuovi membri strategici. L'Iran, con la sua posizione geografica chiave e le sue risorse energetiche, rappresenta un partner fondamentale per il rafforzamento del blocco.
L'ingresso dell'Iran nei BRICS segna una svolta significativa per Teheran, permettendole di ridurre la dipendenza dal sistema finanziario occidentale e di rafforzare le proprie relazioni economiche con paesi emergenti. Questa adesione è anche una risposta alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, spingendo l'Iran a rafforzare il commercio con nazioni che sfidano l'egemonia occidentale.
La Dott.ssa Furlan ha sottolineato come l'espansione dei BRICS rappresenti un tentativo concreto di creare un nuovo ordine multipolare, riducendo il dominio delle istituzioni finanziarie occidentali come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Il blocco sta lavorando per consolidare un sistema economico alternativo basato su scambi in valute locali e sulla de-dollarizzazione degli scambi commerciali.
In questo contesto, l'Iran emerge come un attore chiave nel settore energetico, offrendo forniture di petrolio e gas a paesi come Cina e India, contribuendo così a rafforzare la sovranità energetica del blocco BRICS.
L'intervento della Dott.ssa Furlan ha evidenziato le sfide e le opportunità che attendono l'Iran e i BRICS nei prossimi anni. Tra le principali sfide vi è la pressione esercitata dagli Stati Uniti e dai loro alleati per contrastare l'espansione dell'influenza del blocco. Tuttavia, l'Iran, grazie alle sue alleanze strategiche con Russia e Cina, potrebbe sfruttare questa occasione per consolidare il proprio ruolo nello scenario internazionale.
L'analisi della Dott.ssa Margherita Furlan ha fornito una prospettiva chiara sulle trasformazioni geopolitiche in corso, sottolineando come l'Iran e i BRICS stiano ridefinendo gli equilibri di potere globali, aprendo la strada a un mondo sempre più multipolare.
Intervento del dr. Ahmad Ejaz
Il dr. Ahmad Ejaz, ha portato una prospettiva teologica al dibattito. L'Islam, fin dalle sue origini, ha avuto un impatto profondo sul mondo, non solo come religione ma anche come forza culturale, scientifica e sociale. Nei secoli passati, le civiltà islamiche hanno svolto un ruolo cruciale nel preservare e trasmettere il sapere, attraverso il quale molti dei concetti che oggi diamo per scontati sono arrivati fino a noi. Gli scambi tra popoli, avvenuti attraverso il commercio, le conquiste e i viaggi, hanno portato alla diffusione di conoscenze in ambiti quali la matematica, l'astronomia, la medicina e la filosofia.
Molti termini arabi che usiamo quotidianamente sono testimoni di questi scambi. Parole come "algebra", "zero", "safari" o "alcol" sono solo alcune delle tracce lasciate dalla lingua araba nella nostra lingua e nella nostra cultura. Il legame tra l'Occidente e l'Islam, spesso raccontato come conflittuale nei discorsi contemporanei, è in realtà fatto di una lunga storia di interazione e di arricchimento reciproco.
Tuttavia, viviamo in tempi complessi, dove i meccanismi geopolitici sembrano trarre vantaggio dalla divisione dei popoli, in particolare dei musulmani. Le tensioni tra Stati e gruppi ideologici hanno alimentato conflitti che minano la coesione interna delle comunità musulmane e ostacolano il loro potenziale di unire le forze per promuovere un cambiamento positivo. La frammentazione politica e religiosa che oggi attraversa il mondo musulmano non è solo il risultato di differenze ideologiche, ma anche di politiche esterne che cercano di dividere per governare.
Gli sforzi per favorire il dialogo e l'unità tra le diverse fazioni musulmane devono affrontare molte sfide, ma la storia ci insegna che le difficoltà possono essere superate solo attraverso la comprensione reciproca, l'inclusione e la cooperazione. La geopolitica mondiale, purtroppo, è spesso dominata da interessi che non tengono conto del bene comune, ma anziché alimentare divisioni, sarebbe il momento di promuovere soluzioni che mirino a un futuro pacifico e prospero per tutti.
In conclusione, se vogliamo onorare il lascito storico e culturale dell'Islam e degli scambi tra le civiltà, dobbiamo lavorare per superare le divisioni moderne. Solo attraverso la comprensione, il rispetto e la solidarietà tra i popoli, potremo costruire un mondo migliore, dove le differenze non sono fonte di conflitto ma di arricchimento e crescita reciproca.
L'evento ha ribadito l'importanza di continuare a smascherare i meccanismi dell'orientalismo e di combattere attivamente l'islamofobia, attraverso l’educazione, il giornalismo critico e il dialogo interculturale. Come ha concluso la stessa Celano, "rompere il muro dei pregiudizi significa costruire una società fondata sul rispetto, sulla conoscenza e sulla solidarietà".
L’incontro si è chiuso con un forte appello all’impegno collettivo per decostruire le narrazioni dominanti e per promuovere un’autentica convivenza tra i popoli, basata su rispetto reciproco e giustizia sociale.
Il dibattito che è seguito agli interventi è stato particolarmente ricco e partecipato, con una vivace discussione che ha coinvolto tutti i presenti, creando uno spazio di confronto autentico e stimolante. Dopo ciascun intervento, i partecipanti hanno avuto l'opportunità di esprimere le proprie opinioni, aggiungendo sfumature e punti di vista che hanno arricchito il dibattito e ampliato la comprensione dei temi trattati.
L'approccio aperto e inclusivo ha permesso a ciascun intervenuto di riflettere criticamente sulle questioni sollevate, creando un dialogo in cui si è esplorato non solo il legame tra l'islamofobia e le dinamiche geopolitiche, ma anche le implicazioni sociali, culturali ed economiche di questa problematica. Ogni persona ha avuto la libertà di esprimere le proprie esperienze personali, le proprie conoscenze o le proprie preoccupazioni riguardo all'Islam e alla crescente islamofobia, aggiungendo nuovi spunti alla conversazione.
I partecipanti hanno portato in scena storie, esperienze dirette e riflessioni su come l'islamofobia si manifesti nelle proprie comunità, nei media, nelle politiche nazionali e internazionali. Alcuni hanno enfatizzato l'importanza di educare le giovani generazioni per smantellare gli stereotipi, mentre altri hanno discusso il ruolo delle istituzioni politiche e mediatiche nel perpetuare e rafforzare l'islamofobia. C'è stata anche una riflessione sull’importanza di dare voce alla comunità musulmana, permettendo che siano proprio i suoi membri a raccontare le proprie esperienze e non a essere rappresentati da stereotipi.
Molti hanno concordato sull'importanza di costruire un dialogo interculturale che vada oltre la superficie e che promuova la comprensione reciproca. Altri hanno sollevato la questione della responsabilità dei governi e delle organizzazioni internazionali nel contrastare la marginalizzazione delle comunità musulmane, non solo attraverso politiche di inclusività, ma anche modificando le narrazioni che i media costruiscono quotidianamente.
Un punto particolarmente discusso è stato come le attuali tensioni geopolitiche, come la guerra in Siria, il conflitto in Yemen e la situazione in Afghanistan, abbiano un impatto diretto sulla percezione globale dell'Islam e delle comunità musulmane. Diversi partecipanti hanno sottolineato come questi eventi vengano amplificati dai media, con una narrazione che non sempre tiene conto delle complessità politiche e storiche, ma tende a ridurre la questione a un conflitto religioso o culturale.
Infine, c'è stata una riflessione sulla responsabilità individuale di ciascun cittadino nell’affrontare l'islamofobia. Molti hanno evidenziato come la lotta contro i pregiudizi non possa essere solo una responsabilità delle istituzioni o dei leader politici, ma anche di ogni persona, nel proprio quotidiano, nell’interazione con gli altri, nella critica costruttiva e nella difesa dei valori di rispetto e uguaglianza.
La libertà di espressione che ha caratterizzato il dibattito ha permesso di toccare temi importanti e di sviluppare soluzioni concrete, come iniziative educative, il rafforzamento delle politiche interculturali e il sostegno alle voci musulmane nel dibattito pubblico. Il confronto ha arricchito il pensiero collettivo e ha consolidato la consapevolezza dell'urgenza di un impegno comune nella lotta contro l'islamofobia, per costruire una società più inclusiva e giusta.

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