Letizia Leonardi (Assadakah Artsakh News) - Destano speranze di pace ma anche profonde preoccupazioni i negoziati che da tempo si stanno portando avanti tra il governo di Yerevan e quello di Baku. Domani, 31 ottobre a Sochi, Armenia e Azerbaijan si riuniranno per lavorare sulla creazione di una sorta di relazioni interstatali tra Armenia e Azerbaijan sulla base dei principi e dei parametri presentati dalla Russia. A Stepanakert però la gente continua a scendere in piazza. Gli armeni d'Artsakh temono che Pashinyan non li tuteli e non faccia i loro interessi. Le proposte avanzate per giungere a un accordo sulla soluzione definitiva tra l'autoproclamata Repubblica d'Artsakh e l'Azerbaijan dovranno essere vagliate attentamente perché avranno un'importanza cruciale sia per la Repubblica d'Artsakh, sia per l'Armenia e per l'intera regione. Quello che chiedono gli armeni d'Artsakh è di non cancellare il diritto all'autodeterminazione. Se così non fosse l'Artsakh sarebbe destinato a sparire, totalmente assorbito nel territorio dell'Azerbaijan. La Repubblica d'Armenia, se ciò accadesse, subirebbe una grave e importante perdita perché con la Repubblica di Artsakh costituiscono, per volontà democraticamente espressa dalla popolazione, un'unica patria e un insieme inseparabile di valori e interessi.
Quello che chiede l'Artsakh è una soluzione equa e definitiva del conflitto del Karabakh e il riconoscimento internazionale dello status di indipendenza dell'autoproclamata Repubblica. Viene auspicato inoltre che la forza di pace della Federazione russa, presente sul territorio dell'Artsakh, possa continuare a vigilare, estendendo il suo raggio di azione, per la sicurezza della zona, sebbene più di una volta la presenza delle truppe di Putin non abbia bloccato gli attacchi e le provocazioni dell'Azerbaijan nei confronti degli armeni. Intanto aumenta il bilancio delle vittime dell'attacco azero del 13 settembre scorso. L'Azerbaijan ha restituito alla parte armena i corpi di altri dieci soldati. Le vittime, tra civili e soldati, sono arrivate a 240 ma pare che ne mancherebbero all'appello ancora un centinaio che restano nelle mani del governo di Baku. Troppe madri. mogli, sorelle piangono i loro cari che non ci sono più ed è per questo che tutta l'attenzione è puntata sul premier armeno Nikol Pashinyan che, nel corso di un’audizione all’Assemblea Nazionale, ha dichiarato che, entro la fine dell'anno, vorrebbe firmare un accordo di pace con l’Azerbaijan. Il premier ha spiegato che a Praga è stato raggiunto un accordo per la delimitazione dei confini secondo le frontiere del 1991 e quindi si augura che la Commissione incaricata concluda rapidamente i lavori. Sulla questione del Nagorno Karabakh, ha ribadito la necessità del coinvolgimento della Comunità Internazionale. Ma se gli azeri si dichiarano disponibili ad avviare un dialogo di pace per normalizzare le relazioni con l'Armenia, non si capisce come mai continuano ad armarsi , aumentando notevolmente la spesa militare. Per il 2023 infatti saranno destinati alle armi 5,3 miliardi di manat (circa 3,1 miliardi di dollari USA), il 17,1% in più rispetto al 2021.
Ma non solo. Si parla di pace ma il difensore dei diritti umani (ombudsman) dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) ha pubblicato un video che documenta alcuni casi di distruzione e vandalismo di monumenti armeni da parte degli azeri nei territori occupati dall’Azerbaijan dopo la guerra del 2020. E il dittatore di Baku, Aliyev, non sembra voler cambiare direzione dato che più di una volta ha espresso la volontà di cancellare tutto ciò che è armeno.
Un ulteriore segnale azero che va in direzione opposta alle intenzioni di pacificare le relazioni con gli armeni dell'Artsakh, è stata la realizzazione a Zangilan (Kovsakan), quasi nei pressi del confine con l’Armenia e in territorio occupato con la guerra del 2020, di un nuovo aeroporto, inaugurato alla presenza del presidente turco Erdogan, grande amico e alleato dell'Azerbaijan e nemico storico degli armeni. Tale scalo sarebbe utilissimo per far decollare aerei e droni da guerra.
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