Letizia Leonardi (Assadakah News Agency) - Gli accordi scaturiti dalla riunione, tenutasi a Bruxelles il 14 maggio, tra il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il Premier armeno Nikol Pashinyan e il Presidente dell'Azerbaijan Ilham Aliyev non convincono il popolo armeno dell'Artsakh (Nagorno Karabakh). Secondo il Ministero degli Esteri dell'autoproclamata Repubblica infatti, il contenuto generale della dichiarazione e le sue disposizioni separate indicano che la leadership dell'Unione Europea continua a ignorare i diritti legali e l'interesse del popolo dell'Artsakh ma bada piuttosto al perseguimento degli obiettivi geopolitici e di breve periodo nella regione, a scapito dei valori della democrazia e dei diritti umani proclamati dall'Unione Europea. Non si è infatti affrontata la grave situazione del blocco del Corridoio Lachin da più di 5 mesi, dell'installazione di un checkpoint azero illegale all'ingresso del corridoio e dei 120 mila armeni praticamente ostaggio degli azeri. Blocco che ha provocato una gravissima crisi umanitaria. Ignorando la grave situazione Charles Michel non solo non ostacola, ma con il suo comportamento indifferente addirittura incoraggia l'Azerbaijan ad andare avanti e a strumentalizzare la crisi umanitaria a fini politici. Sono chiare le intenzioni del governo di Baku di compiere un nuovo genocidio o una pulizia etnica, costringendo gli armeni a lasciare la loro terra e le loro case. Il popolo dell'Artsakh è ormai scoraggiato e stanco. Gli armeni si sarebbero aspettati almeno che il Presidente del Consiglio europeo, si mostrasse sensibile e si attivasse presso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e le Nazioni Unite, per far rispettare quanto deciso dalla Corte Internazionale, che ha condannato l'Azerbaijan e ha ordinato lo sblocco del corridoio di Lachin. È vergognoso che il Presidente del Consiglio Europeo ignori la non attuazione, da parte dell'Azerbaijan, della sentenza giuridicamente vincolante del più alto organo giudiziario delle Nazioni Unite e continui a ignorare anche le violazioni sistematiche delle norme del diritto internazionale (con ripetuti attacchi e provocazioni) e i principi per risolvere pacificamente le controversie.
La Comunità Internazionale, e in particolare quella Europea, non considera evidentemente che nel 1991 Il popolo dell'Artsakh, in piena conformità con le norme del diritto internazionale e della legislazione sovietica in vigore in quel momento, ha realizzato attraverso un referendum libero e democratico, il proprio diritto inalienabile all'autodeterminazione e ha creato la propria statualità, come aveva fatto l'Azerbaijan l'Armenia. Le autorità dell'Artsakh non intendono quindi arrendersi nel difendere la scelta legittima del popolo di vivere in una Repubblica indipendente e non ritiene giusto che siano rappresentanti di singoli Paesi e
Organizzazioni Internazionali a decidere il destino del popolo dell'Artsakh. Chi si volta dall'altra parte di fronte a queste chiare aggressioni, azioni esplicite di pulizia etnica e piani criminali di Baku, si rende complice.
A questo punto le autorità dell'Artsakh chiedono urgentemente il riconoscimento del diritto all'autodeterminazione. Solo questo può costituire la base per la soluzione dell'interminabile conflitto e una pace definitiva, che la Repubblica d'Arstsakh ha sempre auspicato.
Sentendo gli abitanti dell'Artsakh si percepisce un senso di timore per le trattative in corso e gli accordi che sta prendendo il premier armeno Pashinyan che, temono, siano contrari agli interessi del popolo dell'Artsakh. Vedono l'incontro di Bruxelles come un tradimento, hanno paura che Pashinyan abbia già firmato la cessione dell''Artsakh all'Azerbaijan e questo la popolazione non intende accettarlo. Temono anche di quello che accadrà nell'incontro che si terrà a Mosca. Si respira una profonda disperazione. In Artsakh sono convinti che il premier armeno possa già aver firmato il massacro degli armeni dell'Artsakh o che si stia accordando per l'abbandono della loro terra sacra. "Ci lascia da soli disarmati con davanti nemico armato - dichiara una cittadina di Stepanakert - Sarebbe una umiliazione per il popolo armeno. Non immaginavamo che accadesse tutto questo. Siamo delusi e disperati ma vogliamo vivere nella nostra terra. Sono pochissimi quelli che aspettano l'apertura del corridoio di Lachin per scappare. Noi non vogliamo arrenderci". Da ieri intanto, l'Artsakh è privo di connessione internet. E iniziano le lettere di protesta di alcuni abitanti. Una è quella di Ellina H, che riportiamo integralmente.
"Sono Ellina, sono nata il 29.11.1984 a Stepanakert, Nagorno-Karabakh. Ho vissuto lì fino all'età di 30 anni. C'è chi non sa cosa è la guerra, chi la considera una parola sui libri di scuola. Io invece l'ho vissuta. Sono sopravvissuta con la mia famiglia, con i miei cari, con il mio popolo e abbiamo superato il momento difficile della storia dell' Armenia dopo la fine della guerradei primi anni '90. Abbiamo ricostruito tutto con l'aiuto della Diaspora e abbiamo costruito una società molto civile, dove ogni artsakhci pensava a studiare e a cosa fare per lo sviluppo del Paese. Non siamo mai stati soddisfatti perché siamo sempre stati molto severi con noi stessi. Oggi capiamo che abbiamo vissuto gli anni migliori della nostra storia. Il sogno di essere armeni e di esserne orgogliosi. Oggi, dopo la guerra persa del 2020 e il massacro della nostra gioventù, il mio popolo vive sull'orlo di un altro massacro. Un massacro sotto gli occhi del mondo. Sentiamo oggi, di nuovo, sulla nostra pelle quello che è successo nel 1915, sempre con la speranza che qualcuno ci salverà, perché qualcuno vedrà quello che sta accadendo. Oggi io vivo a Firenze e prima della nostra guerra del 2020 speravo, credevo che un aggressore, come Azerbaijan, in piena emergenza covid poteva essere fermato. Sì, certo ci sono gli interessi economici, certo non siamo l'Ucraina.. ma mi chiedo dove sono finiti i "Diritti Umani" e quando è che valgono???? Stiamo gridando di fronte a tutte le Ambasciate del mondo ma.....nessuna risposta... L'UNESCO cosa fa? Sta a guardare mentre l'Azerbaijan sta distruggendo la storia. A Hadrut non c'è stata mai neanche una minima percentuale di azeri. Oggi, distruggendo il nostro antico patrimonio, resterà solo il loro. Io, personalmente, essendo armena e cittadina dell'Artsakh non sono d'accordo che sia Pashinyan a decidere che la mia patria antica diventerà dell'Azerbaijan, sono contraria al fatto che si decida il nostro destino senza fare un referendum, mettendoci davanti alla scelta se abbandonare la nostra terra o se venire massacrati. Sono questi gli strumenti civili di oggi? Prepotenze come facevano una volta nelle tribù? Il problema dell'Artsakh deve essere risolto civilmente...Io aspettavo tanto l'incontro di Bruxelles, ma ho capito che tutte le carte sono contro di noi, contro la verità, contro la storia e le leggi dei diritti umani, in tutti i livelli istituzionali. Distinti saluti Ellina H."
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