Assadakah Roma News - Sono circa 130 le personalità del mondo della cultura, dell’arte, del cinema, della musica, che chiedono siano accertate le responsabilità per l’uccisione di Shireen Abu Akleh da parte di Israele. Fra queste, Pedro Almodovar, Susan Sarandon, Tilda Swinton, Mark Ruffalo, Eric Cantona, Miriam Margolyes, Jim Jarmusch, Naomi Klein e Peter Gabriel chiedono “misure significative per garantire l’accertamento delle responsabilità per l’uccisione di Shireen Abu Akleh e di tutti gli altri civili palestinesi”.
Abu Akleh, nota in tutto il mondo arabo per i suoi reportage sull’occupazione israeliana e sul sistema dell’apartheid, è stata uccisa la scorsa settimana mentre indossava un giubbotto con la scritta “stampa”. Il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem ha confutato i tentativi dei leader israeliani di deviare la responsabilità da Israele.
In una dichiarazione congiunta, i registi Pedro Almodovar, Carol Morley, Boots Riley, Asif Kapadia e Michael Winterbottom si uniscono ai musicisti Tom Morello, Massive Attack, Ben UFO e Seun Kuti nel sostenere le richieste dei gruppi palestinesi per i diritti umani per “misure proporzionali e mirate verso Israele, perchè renda conto dei suoi crimini e per porre fine alla sua impunità”. Susan Sarandon ha aggiunto: “Sono rattristata e arrabbiata per l’omicidio di Shireen Abu Akleh e per lo spaventoso attacco al suo funerale. Ora so più che mai che senza una seria presa di responsabilità e di misure serie da parte dei nostri governi, l’apartheid e l’occupazione non finiranno presto”.
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Gli artisti e le figure pubbliche hanno criticato un “modello di violenza, molestie e intimidazioni contro i giornalisti palestinesi che sta facendo luce su ciò che Amnesty International, Human Rights Watch e la principale organizzazione israeliana per i diritti umani, B’Tselem, hanno descritto come un sistema di apartheid imposto al popolo palestinese. E’ necessario porre fine all’ipocrisia e agire con coerenza nell’applicazione del diritto internazionale e dei diritti umani”.
Questo il testo della lettera aperta: “Siamo profondamente turbati dall’uccisione da parte delle forze di occupazione israeliane della rispettatissima giornalista palestinese Shireen Abu Akleh mentre, indossando un giubbotto chiaramente contrassegnato, era impegnata per riferire di un’incursione israeliana nella città occupata di Jenin lo scorso mercoledì. Mentre siamo addolorati per la sua perdita, chiediamo l’accertamento della piena responsabilità per gli autori di questo crimine e per tutti coloro che sono coinvolti nell’accaduto. L’attacco delle forze israeliane pesantemente armate ai palestinesi in lutto ci ha ulteriormente sgomentato e inorridito. I soldati hanno picchiato e preso a calci le persone in lutto e i portatori della bara nel parco del St. Joseph Hospital nella Gerusalemme est occupata, per impedire che il feretro di Abu Akleh fosse portato in corteo verso la chiesa per il servizio funebre programmato. Cosa dobbiamo pensare della sfacciataggine e della crudeltà di questo attacco alla dignità umana? L’uccisione di Shireen Abu Akleh è una grave violazione del diritto umanitario internazionale e un attacco al giornalismo e alla libertà di espressione. Esperti delle Nazioni Unite e internazionali in materia di diritti umani hanno affermato che potrebbe costituire un crimine di guerra e dovrebbe essere oggetto di un’indagine internazionale indipendente e trasparente. Eppure, è ben lungi dall’essere un evento isolato.
Le forze israeliane hanno ucciso 45 giornalisti dal 2000, ferendone molti di più, semplicemente per aver svolto il loro lavoro. Questi crimini fanno parte di un modello di violenza, molestie e intimidazioni contro i giornalisti palestinesi che sta facendo luce su ciò che Amnesty International, Human Rights Watch e la principale organizzazione israeliana per i diritti umani, B’Tselem, hanno descritto come un sistema di apartheid imposto sul popolo palestinese. Per molti anni i gruppi palestinesi per i diritti umani e la società civile hanno chiesto alla comunità internazionale di adottare misure proporzionate e mirate per ritenere Israele responsabile dei suoi crimini e porre fine alla sua impunità. Sosteniamo pienamente questo appello. Quando le politiche di Israele violano palesemente le leggi e le norme internazionali, è perché le potenze occidentali hanno costantemente fornito copertura diplomatica per permettergli di farlo. Non è passato inosservato che mentre i nostri governi si sono affrettati a imporre boicottaggi generali e sanzioni in risposta all’invasione illegale dell’Ucraina da parte della Russia e alla crudeltà dei suoi attacchi contro una popolazione civile, gli stessi governi continuano a finanziare e proteggere l’occupazione decennale di Israele e le gravi violazioni di diritti umani verso i Palestinesi. Nel frattempo, i nostri governi stanno adottando misure antidemocratiche per reprimere le campagne di pressione non violente dei propri cittadini volte al boicottaggio di Israele, delle aziende e delle istituzioni che sono complici del suo sistema di oppressione.
Chiediamo ai nostri governi di porre fine all'ipocrisia e di agire con coerenza nell’applicazione del diritto internazionale e dei diritti umani. Chiediamo loro di adottare misure significative per garantire l responsabilità per l’uccisione di Shireen Abu Akleh e di tutti gli altri civili palestinesi. Non devono esserci doppi standard quando si tratta del diritto umano fondamentale alla libertà dalla persecuzione e dall’oppressione e del diritto alla vita e alla dignità”.
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