Talal Khrais – Molti giovani che esprimono il desiderio di intraprendere la carriera giornalistica, mi chiedono in cosa consista la ricerca della verità, che è uno dei fondamenti di questa professione. Si potrebbe discutere per giorni, ma preferisco spiegarlo con un esempio reale: la missione che Rai-1 ha organizzato in Armenia.
Il vero giornalismo è quello rappresentato da una valida squadra di professionisti, sostenuta da esperti operatori, che riescono con passione a lavorare per ore, con lo scopo di cogliere immagini che parlano da sole. Fare vera informazione significa descrivere e raccontare anche le vicende belliche, se si sceglie di fare giornalismo “in prima linea”, in mezzo al frastuono martellante delle bombe, le urla dei feriti e la vita quotidiana tra i militari. Un compito difficile portato avanti senza tenere conto dei pericoli, o meglio, valutandoli attentamente.
Questo è il caso dello straordinario lavoro che ha realizzato l'instancabile collega Stefania Battistini sulla Repubblica d’Armenia, con la cooperazione di uno staff di meravigliosi operatori. Mi riferisco a Simone Traini e Mauro Foglio, supportati da avanzate tecnologie, compresi i droni. Ma ciò che è più importante è il loro grande impegno. Con noi c’è anche Ani Manoukin, archeologa e perfetta interprete. Considero un privilegio aver fatto parte anche io, di questo team.
Durante i miei 33 anni di reporter militare, in tanti Paesi del mondo ho lavorato con molti colleghi della Rai, Mediaset, CNN, France 2 e la BBC americana, ma posso dire che questa missione è una delle più interessanti che mi sia capitata.
Una missione quasi impossibile, che prevedeva situazioni difficili in zone come quelle al confine tra Syunik e le linee avversarie. Il documentario “Armenia, il filo della memoria”, trasmesso lo scorso 6 novembre, malgrado la tarda serata, ha avuto molto successo.
Vere immagini tra tanti pericoli che raccontano le storie di chi combatte in prima linea, e di chi fugge dalle zone di conflitto, soprattutto donne anziane che sono rimaste nella loro terra malgrado le minacce e i pericoli.
Credo che questa bellissima missione sia il simbolo di una ricerca costante della verità, principio fondamentale di questo lavoro, in territori dove pericoli e rischi non sono soltanto quelli dello sparo di un cecchino o di una mina, ma riguardano le difficoltà di verifica delle informazioni stesse.
Spostarsi in Armenia richiede molto tempo perché le strade sono particolarmente dissestate a causa dei terremoti. Non si scende al di sotto dei 400 metri e si arriva fino ai 3000 metri.
Stefania non fa di ogni erba un fascio, ma cerca anche di fare vedere Armenia che è realmente un paradiso fra terra e cielo. Vuole far conoscere il resto della giovane Repubblica dove la gente, nonostante i 44 giorni di conflitto iniziati il 27 settembre scorso, e la perdita dei territori armeni dell'Artsakh, vive normalmente, lavora e costruisce.
Un’impresa che include l’esplorazione della Provincia di Syunik, con i suoi circa 153mila abitanti, e che ha come capoluogo Kapan, e poi Goris, Sisian e Meghri.
Una parte di questo lavoro riguarda i territori di confine e l'enorme attività commerciale tra la Repubblica Islamica dell'Iran e la Repubblica Armena. Teheran, sotto embargo da anni, riesce infatti a sfuggire alle pesanti sanzioni anche grazie al commercio con l'Armenia, alla fornitura di gas che scambia con l’elettricità fornita dal governo di Yerevan.
Meghri è la principale città di confine fra Armenia e Iran, situata nella provincia di Syunik, al valico di frontiera che collega i due Paesi. Ci si trova di fronte un’area un po' misteriosa, in un territorio che si presenta piuttosto arido, delimitato dalla catena dei monti Zangezur, ma è anche una terra ricca di giardini ed è fiorente la coltivazione di alberi da frutto, grazie anche all'irrigazione fornita dal vicino fiume Araks.
Oltre alla visita dei monumenti e dei luoghi più affascinanti dell'Armenia sono stati realizzati anche diversi importanti servizi per far conoscere da vicino la vita quotidiana del popolo armeno, incontrando contadini, giovani e imprenditori.
Nella provincia di Syunik, la città di riferimento è Goris, che conta circa 25mila abitanti e che, nel 1870, costituiva il centro amministrativo della provincia di Elisabetpol. Diventata città dal 1888, si trova a un'altezza di circa 1400 metri sul livello del mare. La sua storia, l’archeologia, chiese, la sua religione e la sua cultura sono stati raccontati nello Speciale del Tg-1 che a breve sarà trasmesso da Rai Uno.
La cosa che mi ha rammaricato è che, durante questo nostro viaggio, non abbiamo incontrato alcun collega giornalista, eppure sono territori che, sebbene siano passati attraverso diversi conflitti, con tutto ciò che una guerra comporta, e una situazione molto incerta, non sono stati ancora portati all’attenzione internazionale come meriterebbero. Una verità importante, da fare capire al mondo intero, che non dovrebbe essere tenuta nascosta, e sottoposta alla “ragion di stato”.
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