Dal conflitto del Nagorno-Karabakh del 2020, la Repubblica dell’Armenia ha dovuto affrontare diverse sfide interne ed estere che riflettono il mutevole scenario geopolitico nel Caucaso. SpecialEurasia ha intervistato S.E. Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia, per discutere la situazione attuale e i possibili sviluppi futuri dell’Armenia.
Qual è l’attuale situazione politica in Armenia dopo le ultime elezioni parlamentari del 2021 e la nomina del nuovo presidente armeno?
“Negli ultimi tre anni gli armeni hanno preferito la democrazia a qualsiasi altra alternativa. La prima volta è stata nel 2018, dopo la Rivoluzione di velluto non violenta, e le successive elezioni anticipate, e la seconda volta sono state le elezioni nel 2021 a seguito della devastante guerra. Ci impegniamo per il consolidamento della democrazia in Armenia attraverso il rafforzamento delle istituzioni democratiche e, ancor di più dopo l’aggressione dei nostri vicini, è divenuto imperativo favorire lo sviluppo democratico nel paese. Abbracciando trasparenza e responsabilità, ci impegniamo a continuare il nostro percorso verso le riforme istituzionali e l’attuazione di politiche che creeranno fiducia tra l’Armenia e i nostri partner all’estero. Vorrei sottolineare, in particolare, il ruolo dell’Unione Europea nel sostenere le riforme democratiche in Armenia. Siamo determinati a sviluppare ulteriormente le dinamiche emerse nelle nostre relazioni dopo l’entrata in vigore dell’accordo di partenariato globale e rafforzato con l’UE lo scorso anno.
Nel nostro tentativo di consolidare la nostra democrazia stiamo affrontando molteplici sfide. Naturalmente, la sfida più grande per noi si presenta sotto forma di minacce militari alla nostra sicurezza da oltre i nostri confini. L’Armenia si trova in una regione complessa dove gli interessi geopolitici spesso si scontrano mettendo il nostro Paese al centro di contraddizioni e conflitti di interesse.
Il Governo è guidato dalla logica che la garanzia di sicurezza più efficace sia la pace. Questo è il motivo per cui l’apertura di un’era di sviluppo pacifico per il nostro Paese e la nostra regione è stata adottata come strategia statale. L’obiettivo più importante di questa strategia è creare un ambiente amichevole regionale e internazionale intorno all’Armenia”.
Fonti locali armene hanno riferito che il Governo di Baku ha interrotto periodicamente la fornitura di elettricità mentre i soldati azeri hanno aperto il fuoco contro i civili. C’è la possibilità che l’Azerbaigian approfitti degli sviluppi inerenti l’Ucraina e che il conflitto scoppi di nuovo nella regione?
“L’Azerbaigian aveva già aggravato la situazione sia al confine di stato che nella zona di conflitto del Karabakh. Per tre settimane, quasi 100.000 persone dell’Artsakh non hanno avuto gas ed elettricità in un clima gelido a causa di un ‘incidente nella conduttura’ o di un’esplosione deliberata. I danni si sono verificati nella sezione dell’Artsak controllata dall’Azerbaigian e il Governo di Baku si è rifiutato di consentire agli specialisti di entrare nell’area e risolvere il problema. L’interruzione della fornitura di gas naturale ha causato gravi ripercussioni umanitarie nell’Artsakh, inclusa l’interruzione della cottura del pane.
L’invasione più recente, probabilmente la peggiore violazione da parte dell’Azerbaigian dopo la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, è avvenuta il 24 marzo 2022, quando le forze armate azere hanno violato la linea di contatto con il Nagorno-Karabakh nell’area di responsabilità della missione dell’esercito russo di mantenimento della pace e si sono infiltrate nel villaggio di Parukh nell’Artsakh. Queste azioni sono state precedute dalla completa interruzione da parte dell’Azerbaigian dell’unico gasdotto che riforniva l’Artsakh, da continui bombardamenti degli insediamenti armeni e delle infrastrutture civili, minacce terroristiche nei confronti degli armeni del villaggio di Khramort con altoparlanti che li esortavano a lasciare i loro insediamenti e altre misure volte alla pulizia etnica.
Inoltre, al fine di completare il suo perseguimento di pulizia etnica e di attuare con nuovo vigore la politica di sottoporre gli armeni dell’Artsakh al genocidio, l’Azerbaigian richiede attraverso le sue dichiarazioni il ritiro delle forze di autodifesa della popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Insieme alla drastica escalation della situazione della sicurezza in Europa, tali azioni di Baku mettono seriamente in pericolo la stabilità e la pace regionali. Allo stesso tempo, Aliyev ha usato sistematicamente incitamento all’odio xenofobo diretto contro gli armeni nei suoi discorsi pubblici su base regolare e così facendo le autorità azere continuano a crescere la prossima generazione nello spirito dell’odio etnico e della disumanizzazione degli armeni presentando anche le loro versioni distorte della storia. Un’altra manifestazione di discriminazione etnica da parte dell’Azerbaigian contro gli armeni è il danneggiamento o l’appropriazione del patrimonio culturale armeno nell’Artsakh, inclusa la distruzione di monasteri armeni, la rimozione di manufatti armeni e la negazione dell’origine armena del patrimonio culturale dell’Artsakh cancellando le iscrizioni armene e dichiarandole appartententi alla Albania caucasica oppure di origine russa o Udi”.
Tutto questo rimane inosservato dal mondo? Cosa si aspetta Lei e l’Armenia dalla comunità internazionale?
“I paesi Copresidenti del Gruppo OSCE di Minsk hanno fornito una chiara valutazione dell’ultima escalation della situazione nel Nagorno-Karabakh, riconoscendo che è una conseguenza del movimento delle truppe azere. Naturalmente, ci aspettiamo valutazioni simili dagli altri paesi. E’ inoltre importante che le dichiarazioni siano mirate e indirizzate, perché fare un appello a “entrambe le parti affinché cessino tali atti” non aiuta. L’appello dovrebbe essere rivolto all’aggressore.
Le dichiarazioni non indirizzate hanno reso l’Azerbaigian assolutamente impunibile soprattutto ora che questo paese sta assumento il ruolo di fornitore di gas alternativo. Non siamo d’accordo sul fatto che la fornitura di gas all’Europa debba avvenire a spese del sangue di un soldato armeno e chiudere un occhio sulle azioni criminali dell’Azerbaigian.
Naturalmente, non possiamo dire che tali politiche siano passate del tutto inosservate: il trattamento dei prigionieri di guerra, l’incitamento all’odio e la distruzione del patrimonio culturale si riflettono nelle misure provvisorie che la Corte internazionale di giustizia ha emesso contro l’Azerbaigian il 7 dicembre 2021. Nel settembre 2021 , l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) ha fatto riferimento a tale questione in una risoluzione incentrata sulle “conseguenze umanitarie del conflitto tra Armenia e Azerbaigian.”. Inoltre, il 9 marzo 2022, il Parlamento europeo ha adottato la Risoluzione sulla distruzione del patrimonio culturale nel Nagorno-Karabakh e ha condannato fermamente la politica continua dell’Azerbaigian di cancellare e negare il patrimonio culturale armeno all’interno e intorno ad Artsakh. La risoluzione ha riconosciuto che la cancellazione del patrimonio culturale armeno fa parte di un modello più ampio di una politica sistematica a livello statale di armenofobia, revisionismo storico e odio verso gli armeni promossa dalle autorità azerbaigiane, compresa la disumanizzazione, l’esaltazione della violenza e rivendicazioni territoriali contro la Repubblica di Armenia che minacciano la pace e la sicurezza nel Caucaso meridionale".
Cosa ci si deve aspettare dal possibile processo di normalizzazione armeno-turca?
“Se facciamo un passo indietro e diamo uno sguardo ai fatti, vedremo che ogni Governo armeno dal 1991 è stato aperto alla normalizzazione delle relazioni e all’instaurazione di relazioni diplomatiche con la Turchia. Siamo sempre stati del parere che l’instaurazione di relazioni diplomatiche e l’apertura dei confini è il minimo che devono avere due paesi vicini.
Come sapete, Armenia e Turchia hanno nominato Rappresentanti Speciali per il dialogo volto alla piena normalizzazione dei rapporti senza precondizioni, che si sono già incontrati due volte. Posso dire che ci sono già segnali positivi al riguardo: l’11-12 marzo 2022, il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan ha partecipato al Forum diplomatico ad Antalya. Questa è la prima visita di un alto funzionario dell’Armenia in Turchia in un decennio. Inutile dire che se il processo di normalizzazione procede senza intoppi e si ottengono risultati positivi, le visite reciproche saranno regolari.
Inoltre posso dire che le persone stanno già beneficiando dei voli diretti che sono ripresi tra Yerevan e Istanbul. L’apertura delle frontiere avrà un impatto positivo sulla connettività, il commercio e le relazioni economiche tra i due paesi, i contatti interpersonali e la pace e la stabilità complessive nella regione”. (Autori:Giuliano Bifolchi/Sivlia Boltuc)
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