Redazione Assadakah – Un team di archeologi formato dai ricercatori dell'università di Hebrew e Tel Aviv, insieme a una équipe dell'università La Sapienza di Roma e dell'università di Firenze, hanno portato alla luce, presso il sito di scavi di Nesher Ramla, una serie di reperti fossili (parti di cranio, di mandibole e alcuni denti) risalenti ad almeno 140.000 anni fa, appartenenti a una specie umana, di importanza tale da motivare una reale riscrittura della storia dell'uomo.
La notizia è stata pubblicata in Italia dall'autorevole rivista “Scienze” e si riferisce a una nuova specie di “Homo”, la cui evoluzione potrebbe essere avvenuta non solo nel continente europeo, ma anche nel territorio del Medio Oriente. I fossili sono stati confrontati con quelli di ominidi risalenti a 400.000 anni fa, rinvenuti negli scorsi anni e, proprio dal confronto è emersa l’unicità delle nuove scoperte che apparterrebbero a una popolazione unica risalente al Pleistocene medio e identificata per la prima volta.
Il professor Giorgio Manzi, dell'università La Sapienza, ha dichiarato: “L’elemento fondamentale è la datazione, in quella che viene definita la fine del Pleistocene medio. Una fase di passaggio per l’evoluzione della specie umana, con una transizione da forme più arcaiche di Homo a forme più moderne. Se quei reperti fossili fossero stati trovati in Europa non ci sarebbe stato nulla di particolarmente nuovo, sarebbero state nuove prove su quel che si ritiene da tempo, cioè che i Neanderthal si siano sviluppati in Europa e solo successivamente diffusi in altre aree. Ora emerge invece che l’evoluzione dei Neanderthal avrebbe avuto contributi anche dal Medio Oriente”.
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