Talal Khrais - Scoperti i resti di un bimbo vissuto circa 78mila anni fa, sepolto in una grotta adagiato su un cuscino di foglie nel Kenya sud-orientale, non lontano dalla coste dell'Oceano Indiano. Il ritrovamento è stato effettuato da un gruppo internazionale di ricercatori, tra i quali un italiano, l'archeologo foggiano Francesco d'Errico. Si tratta del ritrovamento di una sepoltura più antico della storia dell'Africa. Gli studiosi hanno ribattezzato il bambino Mtoto, una parola che in lingua Swahili, la più diffusa nella zona della scoperta, significa “il bambino”.
In un rapporto pubblicato sulla rivista scientifica britannica “Nature”, i ricercatori hanno spiegato che il corpo, trasportato per intero in laboratorio per analisi approfondite, era stato adagiato nella fossa in posizione fetale e adagiato su un letto di foglie che si è decomposto con l'andare dei secoli.
L'età del bambino, deceduto a due o al massimo tre anni, è stata identificata a partire dall'analisi dei resti dei denti. Stando a quanto riferito alla BBC dalla direttrice del Centro Nacional de Investigacion Sobre la Evolucion Humana (Cenieh), Maria Martinon-Torres, che ha partecipato allo studio, a colpire in modo particolare i ricercatori è stata la sensazione che "c'erano una delicatezza e un'intenzione che esprimono veramente dei sentimenti verso il bambino", come, ipotizza Matinon-Torres, "dolore o forse il non voler lasciarlo andare".
Il ritrovamento di Mtoto ripropone la datazione più indietro di almeno 4mila anni circa la scoperta della sepoltura più antica in Africa. Resti funerari precedenti, come riporta il portale di “National Geographic”, erano stati trovati in Europa e in Medio Oriente.
Inoltre, due tratti di strada basolata romana, probabilmente appartenenti all'antica via Clodia, strada consolare che collegava Roma con i centri dell'Etruria interna, sono venuti alla luce ad Anguillara Sabazia, nel corso dei lavori per l'estensione della rete Italgas. La scoperta è emersa nei giorni scorsi grazie alla collaborazione fra Italgas e la Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'Area Metropolitana di Roma, Provincia di Viterbo ed Etruria Meridionale, sotto la cui direzione scientifica gli archeologi, secondo una consolidata prassi operativa, hanno seguito costantemente i lavori di scavo.
Il ritrovamento è avvenuto su via della Mainella, a circa un metro di profondità sotto la strada attuale, non lontano da un altro lungo tratto dell'antica via Clodia conservato poche centinaia di metri più a ovest, in località Cancelli, e documentato già dalla fine dell'Ottocento. Una prima parte del tracciato stradale, lunga circa 25 metri, è stata rinvenuta sotto la carreggiata moderna nella parte settentrionale e si presenta in ottimo stato di conservazione. Sul basolato, infatti, sono ancora visibili i solchi lasciati dalle ruote dei carri nel corso dei secoli. Una seconda porzione di strada, affiorata più a ovest, al momento é visibile solo parzialmente e sarà oggetto di studio nei prossimi giorni. Secondo il team di studiosi, la larghezza dell'antica strada era di circa quattro metri e mezzo.
Il passaggio della via Clodia in quest'area era stato già ipotizzato sulla base di dati storici e archeologici. “Il rinvenimento di questi due ulteriori tratti - commenta la Sovrintendente Margherita Eichberg - contribuisce a fare luce su quale fosse il suo esatto tracciato, andando ad aggiungere un ulteriore importante tassello alla conoscenza della viabilità antica e ad arricchire il variegato panorama dei beni culturali di Anguillara Sabazia”.
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