Talal Khrais – Molte novità in campo storico e archeologico, e in particolare per quanto riguarda la ricerca “made in Italy”.
E’ di pochi giorni fa l’importante notizia secondo cui dall’Italia è rientrato in Grecia il magnifico fregio della facciata orientale del Partenone (il cosiddetto “Reperto Fagan” in marmo pentelico con la dea Peitho o Artemide), in seguito a un accordo concluso fra il Museo Antonio Salinas di Palermo, e il Museo dell’Acropoli di Atene. E dalla Grecia tornano invece in Sicilia una statua acefala della dea Atena (5° secolo a.C.) e un’anfora con disegni geometrici (8° secolo a.C.), prologo a ulteriori iniziative della partnership culturale fra Italia e Grecia, portato avanti dall’assessore regionale ai Beni Culturali e Identità Siciliana, Alberto Samonà, con la ministra greca della Cultura e dello Sport, Lina Mendoni, che per la cultura ellenica ha un valore fortemente simbolico. La Sicilia, in questo modo, fa da apripista sul tema del ritorno in Grecia dei reperti dei Partenone, dando il proprio contributo determinante al dibattito in corso da tempo a livello mondiale. Un'intesa che prevede molte iniziative in comune, che saranno realizzate in partnership dai due musei su temi d'interesse culturale di respiro internazionale. Il ritorno ad Atene del frammento conferma il forte legame culturale che lega Sicilia e Grecia, nel riconoscimento delle comuni radici mediterranee e degli antichi e profondi legami fra i due Paesi.
Notizia ancora più importante: gli Stati Uniti, per volontà del procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus Vance, restituiscono all'Italia 201 opere pregiate che nell'arco degli ultimi decenni erano finite oltreoceano, smerciati da importanti musei, case d'asta, gallerie antiquarie e collezionisti privati. L'operazione è stata presentata il 5 gennaio, presso la Caserma “La Marmora”, dal ministro della Cultura Dario Franceschini, dal comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico-Culturale dei Carabinieri, generale Roberto Riccardi.
Una cooperazione fra i carabinieri, che sui quei reperti avevano indagato, insieme ai colleghi di FBI e HSI (Homeland Security Investigations). Un vero e proprio tesoro, oggi nei caveau di via Anicia a Roma, che comprende sculture in marmo, teste in terracotta, antefisse e crateri, vasi e anfore, coppe e brocche, monete in argento. Opere d'arte e oggetti di uso comune di grande interesse storico, risalenti alle civiltà romana, etrusca, magnogreca e apula. La datazione si colloca tra l'8° secolo a.C. e il 1° secolo d.C. per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Dei 201 reperti, 161 sono stati rimpatriati e 40 resteranno in mostra fino al marzo 2022, presso il Consolato Generale d'Italia a New York e l'Istituto Italiano di Cultura.
La terza notizia riguarda la scoperta storica in Pakistan del più antico monumento religioso buddhista di sempre, grazie alla missione italiana. A Barikot, nella valle settentrionale dello Swat, è stato rinvenuto il più antico monumento religioso buddhista, risalente al 3° secolo a.C. Una scoperta senza precedenti, che getta nuova luce sull'organizzazione architettonica e la vita nell'antica città pachistana, sui legami fra i sovrani greci dell'epoca e il Buddhismo, ma anche sull'espansione della religione in tutta la regione. A raccontarlo all'AGI è il professor Luca Maria Olivieri (foto) dell'Università Ca' Foscari di Venezia (dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa Mediterranea) e direttore della missione archeologica italiana in Pakistan dell'ISMEO (Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente), che ha eseguito gli ultimi scavi del 2021 a Barikot, in collaborazione con altri enti italiani, con il dipartimento provinciale pachistano di archeologia e con i musei locali. "La scoperta di un grande importanza storica e culturale”.
A seguire, tornando in Italia, nel quartiere Appio Latino, le ricerche archeologiche hanno portato alla luce tre edifici sepolcrali appartenenti a uno stesso complesso funerario, che sorgeva lungo la Via Latina antica e databile fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. "Una scoperta che getta nuova luce su un contesto importantissimo - secondo Daniela Porro, Sovrintendente Speciale di Roma - quella via Latina che da Porta Capena arrivava fino a Capua, il cui tracciato è oggi ancora visibile nei Parchi degli Acquedotti e delle Tombe di via Latina. Ancora una volta Roma mostra importanti tracce del passato in tutto il suo tessuto urbano".
Uno degli edifici presenta marcati segni di combustione, riconducibili verosimilmente all'incendio che ne ha determinato l'abbandono. I ritrovamenti, avvenuti a una profondità di circa mezzo metro, rispetto all'attuale piano stradale, hanno portato alla luce una olla cineraria in ceramica comune (ancora perfettamente integra e contenente anche i resti ossei) e una sepoltura a inumazione in nuda terra di un giovane.
Presso le rive del Lago Albano, Carabinieri della Compagnia di Castel Gandolfo hanno rinvenuto reperti scultorei di interesse archeologico molto rilevante, risalenti ad epoca romana della prima età imperiale. Il sequestro ha riguardato quattro oggetti marmorei, tutti databili al I secolo d.C. periziati da personale del Ministero della Cultura - Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l'area Metropolitana di Roma, consistenti in copie romane da originali ellenistici di un torso maschile nudo di Apollo Sauroctono, due frammenti di statue raffiguranti uomini togati e una lastra decorativa.
Gli oggetti risultano in linea con le produzioni delle botteghe scultoree operanti nel territorio di rinvenimento che, nella prima età imperiale, era ricco di domus di proprietari facoltosi e ricche di pregevoli arredi scultorei. I reperti saranno assunti dal Ministero della Cultura.
Lo scheletro di un cavallo rinvenuto nel 1938, nella antica Pompei, è oggetto di un progetto di restauro e valorizzazione a cura del Parco Archeologico di Pompei. Una volta restaurato e consolidato grazie al rilievo laser-scanner, sarà realizzato un modello in 3D per ipovedenti, in vista di un nuovo allestimento accessibile al pubblico. Lo scheletro dell'animale, un cavallo alto 134 cm al garrese, utilizzato per il trasporto delle merci, venne rinvenuto da Amedeo Maiuri nel 1938 durante lo scavo in un'area a sud di via dell'Abbondanza.
In quella che fu identificata come una stalla, emerse dapprima una struttura quadrata in muratura, probabilmente una mangiatoia e poco più in là, dal lapillo, il cranio, poi il collo e parte della colonna vertebrale dell'equide e più in basso il resto del corpo, oltre ad altri resti organici (paglia). Per tale motivo il Parco Archeologico di Pompei ha intrapreso il restauro con il progetto di un nuovo allestimento che permetta di valorizzarlo.
“Si tratta di un intervento multidisciplinare, che vede all'opera i restauratori in primis e gli archeologi, costantemente affiancati in ogni fase degli interventi da un archeozoologo - sottolinea il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel - al fine di condurre un adeguato studio scientifico del cavallo, non affrontato all'epoca del Maiuri, che sarà in grado di fornire ulteriori e importanti informazioni sul tipo di animali che venivano utilizzati a Pompei e sulle loro caratteristiche. Il progetto di valorizzazione del reperto nel suo nuovo allestimento lo renderà, inoltre, fruibile a tutti i visitatori, nell'ottica della massima accessibilità, anche relativamente alla conoscenza delle attività di restauro del Parco”.
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