Assadakah News Agency - Recenti campagne archeologiche condotte nel deserto dell’Oman hanno portato alla luce reperti preziosissimi. In particolare, due scavi hanno permesso ai ricercatori di trovare armi antichissime, incisioni rupestri e camere funerarie circolari. Inoltre sono emersi i resti di monumenti megalitici risalenti a circa 2.000 anni fa: per gli archeologi, si tratta nientemeno che della “Stonehenge araba”.
Il team di archeologi dell’Istituto di Archeologia del CAS di Praga ha lavorato a lungo in diverse regioni dell’Oman, scavando presso aree ancora quasi completamente inesplorate alla ricerca di tracce del passato. Nel corso dell’ultimo anno, sono stati due i siti indagati: il primo si trova nel Governatorato di Dhofar, nel sud del Paese, mentre il secondo è situato nella provincia di Duqm, nell’Oman centrale. Sono aree interamente desertiche, caratterizzate solamente da dune di sabbia altissime e modellate dal vento.
La scoperta più importante è avvenuta nel deserto di Rub’ al Khali, il più grande al mondo, che occupa buona parte della regione meridionale della penisola araba. Qui, gli archeologi hanno trovato un monumento megalitico di 2.000 anni fa, la cui somiglianza con il noto sito preistorico inglese gli è valsa il soprannome di “Stonehenge araba”. Si tratta di triliti, ovvero di grandi pietre disposte in gruppi di tre come monumenti rituali a formare delle specie di piramidi. Non si sa chi li abbia costruiti, né quale fosse il loro scopo.
Per saperne qualcosa in più, i ricercatori hanno deciso di chiedere aiuto alla fisica, sfruttando diversi metodi di datazione: “Effettuiamo la datazione al radiocarbonio e la datazione del radionuclide cosmogonico in collaborazione con l’Istituto di Fisica Nucleare del CAS, che ha recentemente commissionato il primo spettrometro di massa con acceleratore nella Repubblica Ceca”, ha affermato Roman Garba, capo spedizione e coordinatore presso l’Istituto di Archeologia di Praga. Ma il misterioso monumento megalitico non è l’unico reperto emerso nel Sultanato dell’Oman.
Sempre presso il deserto di Rub’ al Khali, nel sito del Governatorato di Dhofar, sono state rinvenute delle asce di pietra, antichissime armi che risalgono alla prima migrazione umana dall’Africa, in un periodo compreso tra 300mila e 1,3 milioni di anni fa. L’Arabia, a causa della sua posizione geografica, sarebbe stata tappa fondamentale della rotta migratoria naturale dell’uomo dalla culla africana all’Eurasia. Inoltre, gli scavi hanno riportato alla luce gusci d’uovo di struzzi estinti, una duna fossile e il vecchio alveo di un fiume, segno che in passato il clima di questa regione oggi desertica era notevolmente più umido. “I nostri risultati forniranno dati preziosi per ricostruire il clima e la storia del deserto di sabbia più grande del mondo.
Le condizioni naturali hanno anche modellato gli insediamenti preistorici e quello che stiamo cercando di fare è studiare l’adattabilità umana ai cambiamenti climatici” – ha rivelato Garba.
È invece presso il sito di Nafūn, nella provincia di Duqm, che gli archeologi hanno scoperto alcune camere funerarie circolari, tra cui una tomba neolitica risalente al 5.000-4.600 a.C. Al suo interno, i resti scheletrici di diverse dozzine di persone, su cui i ricercatori effettueranno analisi per conoscere meglio la dieta, l’ambiente naturale e le abitudini di vita delle popolazioni che hanno vissuto in questi luoghi. A poca distanza dalla tomba, sono state rinvenute delle incisioni rupestri, distribuite in un totale di 49 blocchi di pietra: è una collezione unica, che fornisce una documentazione pittorica degli insediamenti in questa zona dal 5.000 a.C. al 1.000 d.C.
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