top of page
Immagine del redattorePatrizia Boi

Archeologia: ha 17.000 anni l’infante più antico d’Italia


Patrizia Boi (Assadakah News) - Aveva occhi azzurri, pelle d’ebano e capelli ricci e scuri l’infante, denominato Le Mura 1, morto circa 17.000 anni fa.


I suoi resti scheletrici accuratamente coperti da lastre di roccia e senza corredo funerario, sono stati rinvenuti nel 1998 in una campagna di scavi effettuata nel sito archeologico di Grotta delle Mura, nei pressi di Monopoli, in Puglia, sotto la direzione di Mauro Calattini, professore all'Università di Siena.

 

Si tratta di un Sito archeologico preistorico particolarmente importante per la complessa serie stratigrafica, che testimonia la presenza, nel luogo, di culture che vanno dal Paleolitico Medio all'età del Bronzo.


Grotta Mura: vista dell’ingresso della Grotta dalla costa (ph. M. Calattini ed altri, 2024)


In Puglia, infatti, sono documentate tutte le tappe culturali dell'evoluzione umana, con molti giacimenti sul Gargano e nel Salento, mentre Monopoli testimonia la presenza delle culture più antiche.

 

Dopo varie campagne di scavo e di abbandono delle ricerche, nel 1985 il Dipartimento di Archeologia e Storia delle arti dell’Università di Siena ha ripreso gli scavi sotto la direzione del Prof. Mauro Calattini, con l’obiettivo di ripercorrere la sequenza culturale con metodi più moderni. E sono davvero numerosi i reperti riportati alla luce in questi ultimi decenni: strumenti di pietra, resti di cibo per animali selvatici cacciati dall'uomo come cavallo, asino, bue selvatico.


Ma la sepoltura di Le Mura 1, un bambino di circa settantadue settimane (16,5 mesi), testimonia un accurato rito cultuale e presenta uno stato di perfetta conservazione.

Infante Le Mura 1 -Posizione dei blocchi rispetto ai resti scheletrici, il cranio è stato aggiunto digitalmente per mostrare la sua posizione originale (ph. M. Calattini ed altri, 2024)


Inizialmente datato a 11.400 anni fa, lo scheletro di Le Mura 1, è stato sottoposto a uno studio multidisciplinare fondendo studi antropologici tradizionali con discipline innovative come la paleogenomica - una disciplina scientifica completamente nuova che ha avuto origine dagli studi sul Dna antico del Premio Nobel per la Medicina 2022, Svante Pääbo – o come la paleoistologia dentale - i denti sono considerati un insostituibile archivio biologico di informazioni sulle abitudini di vita, sulle strategie di sussistenza, sullo stato di salute/malattia, su alcuni tratti culturali, oltre che sugli aspetti ereditari ed evolutivi in senso stretto – ma anche attraverso analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale e datazione diretta al radiocarbonio AMS.

 

La ricerca, intitolata “Life history and ancestry of the late Upper Palaeolithic infant from Grotta delle Mura, Italy”, è stata condotta da un team internazionale di esperti guidato dalle Università di Firenze, Bologna e Siena, a cui hanno partecipato Owen Alexander Higgins, Alessandra Modi, Costanzo Cannariato, Maria Angela Diroma, Federico Lugli, Stefano Ricci, Valentina Varo, Stefania Vai, Antonino Vazzana, Matteo Romandini, He Yu, Francesco Boschin, Luigi Magnone, Matteo Rossini, Giovanni Di Domenico, Fabio Baruffaldi, Eugenio Bortolini, Gregorio Oxilia, Elena Dellù, Adriana Moroni, Annamaria Ronchitelli, Sahra Talamo, Wolfgang  Müller, Mauro Calattini, Cosimo Posth, Alessia Nava, Martina Lari, Luca Bondioli, Stefano Benazzi, David Caramelli


I risultati dello studio hanno permesso di ricostruire con elevata precisione lo sviluppo e le caratteristiche biologiche del bambino, morto quindi all'età di circa 16,5 mesi, ossia il genoma più antico d’Italia, rivelando cambiamenti rilevanti nella popolazione dell’Italia meridionale alla fine dell’Ultimo massimo glaciale (Last Glacial Maximum, LGM, periodo nel quale si è creata la massima espansione dei ghiacci, durante l'ultima glaciazione - la glaciazione Würm o del Wisconsin - ossia circa 20 000 anni fa).


Il Genoma Umano


Si è potuta raggiungere una visione dettagliata della vita del bambino, della sua salute e delle sue condizioni di vita, identificando diversi tratti fenotipici e una possibile malattia congenita nell’infante.


Attraverso le analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale, condotte sulle sezioni sottili dei denti presso il Frankfurt Isotope and Element Research Center (FIERCE) a Francoforte, basandosi sui segnali isotopici dello stronzio, è stato possibile determinare che la madre si muoveva poco durante la gestazione, che il bambino è nato e vissuto nella stessa area e che nella popolazione c’era un alto livello di endogamia.

 

Il bambino, Le Mura 1, è stato datato direttamente tra 17.320 e 16.910 anni fa e quindi appartiene al Paleolitico Superiore (ricordiamo che il Paleolitico ebbe inizio circa 2,5 milioni di anni fa e terminò 10.000 anni fa con l'introduzione dell'agricoltura e il passaggio al Mesolitico, esso si divide nei tre periodi del Paleolitico Inferiore - da 2.500.000 di anni fa a 100.000 anni fa - Medio - da 100.000 anni fa a 35.000 anni fa e Superiore - da 35.000 anni fa a 10.000 anni fa).

 

Come ha affermato Stefano Benazzi, professore di Antropologia Fisica al Dipartimento di Beni culturali dell'Università di Bologna, tra i coordinatori dello studio: «Questo studio pionieristico, che combina diverse tecniche di analisi dei resti scheletrici, ha fornito una visione senza precedenti della crescita e delle condizioni di vita di un bambino vissuto in un periodo chiave per il popolamento della penisola italiana. Si tratta di un tassello cruciale nella comprensione delle prime fasi di vita nel Paleolitico Superiore, perché ci ha permesso anche di raccogliere informazioni sulla madre e sui gruppi di cacciatori-raccoglitori dell'epoca».

 

E questo è stato possibile utilizzando pochi milligrammi di polvere di osso prelevata dalla rocca petrosa - una porzione dell'osso temporale del cranio nota per la sua eccellente conservazione del Dna anche in reperti così antichi.

 

Come spiega Alessandra Modi, dell'Università di Firenze: «I geni suggeriscono che il bambino, di sesso maschile, avesse occhi azzurri, pelle d'ebano e capelli ricci e scuri: un mix di caratteri piuttosto frequente nelle popolazioni dell'Europa centrale e sud-occidentale del periodo. Inoltre, l'analisi genetica ha evidenziato una stretta parentela tra i genitori del bambino, suggerendo che fossero probabilmente cugini di primo grado: un fenomeno riscontrato di rado nel Paleolitico, ma più comune durante il Neolitico».

 

Assai importante si è rivelata l’analisi dello sviluppo dentale, a partire da sottili sezioni di due denti, che ha evidenziato eventi di stress fisiologico durante la vita del bambino. 


Registrazione fotografica e ricostruzione virtuale dei denti sezionati (ph. M. Calattini ed altri, 2024)


«L'analisi paleoistologica offre un quadro dello sviluppo e dei bioritmi odontogenici durante la fase fetale e l’infanzia, essenziali per comprendere i cambiamenti nelle tempistiche dello sviluppo dentale nel corso dell’evoluzione della nostra specie. Le analisi hanno rivelato uno sviluppo leggermente più precoce rispetto alla media delle popolazioni europee moderne e almeno nove episodi di stress fisiologico, tre dei quali verificatisi durante la vita intrauterina», spiega Owen A. Higgins, dell'Università di Bologna. «La presenza di un alto numero di marcatori di stress è coerente con i risultati genetici, che suggeriscono come il bambino fosse probabilmente affetto da cardiomiopatia ipertrofica: una malattia cardiaca congenita associata a morte improvvisa».


E lo conferma anche David Caramelli, professore di Antropologia dell'Università di Firenze, tra i coordinatori dello studio: «L'integrazione di questi dati ci ha consentito di ricostruire una dettagliata storia biologica dell'infante, evidenziando sia lo sviluppo durante la prima infanzia sia le possibili cause della morte precoce. L'indagine, inoltre, ha portato alla ricostruzione del genoma più antico in Italia, rivelando significativi cambiamenti nella popolazione dell'Italia meridionale alla fine dell'ultimo massimo glaciale, con l'arrivo di gruppi provenienti dai Balcani, i quali hanno colonizzato l'Italia da nord-est per poi scendere verso le regioni più meridionali della penisola».

 

In definitiva questa scoperta consente di confrontare dunque le sequenze genetiche con quelle di altre popolazioni antiche e moderne, di tracciare linee di discendenza e possibili incroci tra diverse etnie nel corso della preistoria, eventuali segni di adattamento a climi e habitat differenti, aprendo nuovi quesiti sulla biodiversità umana nel passato e sulla resilienza degli esseri umani di fronte ai cambiamenti ambientali e mostrandoci il nostro Sud Italia come crocevia di popoli e culture già in epoche assai remote, antecedenti all’idea stessa di “migrazione” come fenomeno sociale o politico.

 

Ci spiega, altresì, cosa significava nascere e crescere nel cuore del Paleolitico Superiore e come anche la brevissima esistenza di un infante precocemente deceduto sia in grado - con le attuali tecnologie in nostro possesso - di raccontare molto di più di quanto avremmo mai potuto immaginare.

 

E il fervido dibattito suscitato tra archeologi e genetisti a livello europeo, pone il Belpaese

al centro della ricerca genomica, sottolineando l’importanza dei siti archeologici italiani nel Mediterraneo e nel contesto della storia umana.


Comments


bottom of page