top of page

Algeria - Riconoscimento non Risarcimento




Maddalena Celano (Assadakah News) - "Riconoscimento, non risarcimento": ferite ancora aperte tra Algeria e Francia


Tlemcen, 30 dicembre 2024 – A quasi due secoli dall’inizio dell’occupazione coloniale francese e oltre sessant’anni dall’indipendenza, l’Algeria continua a chiedere alla Francia non un risarcimento economico, ma il riconoscimento morale e politico dei crimini commessi tra il 1830 e il 1962. A rilanciare il dibattito è stato il presidente Abdelmadjid Tebboune, nel suo recente discorso programmatico per il secondo mandato, in cui ha denunciato apertamente il “genocidio” subito dal popolo algerino e le conseguenze mai sanate della lunga notte coloniale.

“Non chiediamo denaro, chiediamo giustizia storica. Non vogliamo elemosine, ma il riconoscimento dei crimini coloniali”, ha dichiarato Tebboune, in un discorso carico di significato politico e simbolico.

Il presidente ha ricordato i massacri dell’8 maggio 1945 – in cui furono uccisi un milione e mezzo di algerini nelle città di Setif, Guelma e Kherrata – nonché le atrocità perpetrate a Zaatcha, Laghouat e in altre regioni del Sud. Ha anche puntato il dito contro i test nucleari francesi condotti nel deserto algerino tra il 1960 e il 1966, alcuni dei quali dopo l’indipendenza, in base ad accordi segreti con l’allora governo transitorio.

Una ferita ancora aperta è rappresentata anche dalla macabra esposizione al Museo di Storia Naturale di Parigi di centinaia di teschi di combattenti della resistenza algerina, decapitati e inviati in Francia come trofei coloniali. Solo 24 di questi resti sono stati restituiti finora. “Chiediamo che tornino tutti – ha ribadito Tebboune – quei martiri valgono milioni in termini di dignità nazionale.”



Sartre e la voce della coscienza francese

Nel cuore di questa battaglia per la memoria, va ricordato il coraggio morale di Jean-Paul Sartre, uno dei pochi intellettuali francesi che si schierarono apertamente con il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN). Il filosofo esistenzialista denunciò la tortura sistematica operata dall’esercito francese, difese il diritto degli algerini all’autodeterminazione e fu persino minacciato da settori ultranazionalisti francesi. In un celebre testo del 1961, introdusse l’edizione francese del libro La Question di Henri Alleg, un resoconto scioccante sulla tortura nelle carceri francesi.

“Ogni francese ha partecipato a questo crimine”, scriveva Sartre. “Perché ogni francese ha goduto dei privilegi derivanti da esso.”

Oggi, le parole di Sartre tornano d’attualità, mentre in Francia persiste la dottrina del "riconoscimento senza risarcimento": una posizione che mantiene viva la tensione diplomatica tra i due Paesi.


Memoria e interessi: un equilibrio precario


Il ricercatore Husseini Kaitouni, dell’Università di Exeter, propone la pubblicazione di una enciclopedia dei crimini coloniali francesi, per non disperdere la memoria e spingere la Francia a fare i conti con il proprio passato. “Non si tratta di cercare l’amicizia della Francia – afferma – ma di documentare la verità storica”.

Più pragmatico l’approccio di Moussa Boudhan, esperto di diritto costituzionale, che invita a non rompere i rapporti bilaterali. “Gli interessi reciproci devono prevalere, ma ciò non significa dimenticare la storia – ha detto – I crimini contro l’umanità non cadono in prescrizione.”




Il tempo non ha guarito le ferite della colonizzazione. La posizione algerina è chiara: il silenzio non può più essere accettato come forma di pacificazione. La Francia è chiamata a scegliere se restare ancorata al rimosso o aprire finalmente gli archivi, chiedere scusa e fare luce su una pagina oscura della propria storia. Solo così sarà possibile costruire una vera riconciliazione tra i due popoli, fondata su giustizia, verità e rispetto.

Comments


bottom of page