Assadakah News Agency - I capi di stato maggiore dei Paesi dell'Africa occidentale (Ecowas), che hanno lanciato l'ultimatum ai golpisti in Niger, si sono riuniti ieri ad Abuja, la capitale della Nigeria. L'intervento militare è l'ultima opzione, ma i piani militari vanno preparati se la situazione precipitasse e non ci fossero alternative. La parte princnipale spetta alla Nigeria, il paese più forte, ricco e popolato. Gli onori di casa alla riunione militare di Abuja li ha fatti il generale Christopher Gwabin Musa, nominato a giugno capo di stato maggiore della Difesa dal nuovo presidente Bola Tinubu.
Ecowas, la comunità economica degli stati dell'Africa occidentale, in realtà si è già spaccata sull'intervento armato in Niger. Ieri ad Abuja non si sono presentati i responsabili militari di Guinea, Guinea Bissau, Burkina Faso e Mali.
Per questo motivo la punta di lancia di un'eventuale azione militare in Niger sarà la Multinational Joint Task Force (MNJTF) composta da 10mila uomini provenienti soprattutto dalle forze armate della Nigeria, ma anche del Ciad, considerato la Prussia dell'area. Il quartier generale è proprio a N'Djamena, la capitale del Chad. Della task force fanno parte anche forze del Camerun, del Niger, ora tagliate fuori e una compagnia non combattente del Benin.
Nel 2009 la missione ha cominciato a combattere la crescita di Boko Haram, uno dei più sanguinosi e radicali gruppi jihadisti africani. Nel 2015 si è rafforzata con 10mila uomini impiegati su un'area di operazioni che riguarda il Camerun, Niger, Chad e Nigeria. I quattro «settori» di competenza sono vicini al confine nigerino e fanno pensare ad una manovra a tenaglia da Sud ed Est, in caso di intervento. Il nuovo comandante dal 14 luglio è il generale nigeriano Ibrahim Sallau Ali, veterano della guerra contro Boko Haram.
«Un operativo, ma Abuja farà di tutto per non intervenire manu militari. L'80% del popolo nigerino è con i golpisti e un attacco si trasformerebbe in un bagno di sangue» spiega una fonte della Defence news West Africa, che fornisce notizie nel campo della sicurezza e della difesa. «Troveranno un accordo - spiega - e magari la Multinational task force interverrà come forza di interposizione per mantenere l'ordine e far rispettare il compromesso politico». Se così non fosse l'intervento via terra avrebbe bisogno di appoggio aereo, che potrebbe essere garantito da paesi come la Francia. «I nigeriani eviteranno di chiederlo» spiegano da Defence news per non farsi dipingere dalla propaganda come ascari degli ex colonizzatori. Forse l'appoggio occidentale sarà più discreto con droni e intelligence grazie ai «partner strategici e tecnici» del «Centro di coordinamento e collegamento costituito da Regno Unito, Francia e Stati Uniti d'America» come si legge sul sito della task force. Anche l'Unione europea fornisce equipaggiamento non letale.
Qualsiasi intervento deve prevedere una spalla in Niger fra i militari rimasti fedeli al presidente deposto, ma ancora vivo, Mohammed Bazoum. Due giorni fa i golpisti hanno rivelato che il premier nigerino, Hassoumi Massaoudou, sorpreso dal golpe a Roma, e il comandante della Guardia nazionale, colonnello Midou Guirey, hanno chiesto ai francesi di intervenire con «attacchi aerei sul palazzo presidenziale. Il loro obiettivo è liberare il presidente Bazoum». Alla base aerea 101, vicino all'aeroporto internazionale di Niamey, ci sono 4 Mirage francesi e cinque droni armati Reaper. La Francia ha 1500 uomini in Niger, gli USA un migliaio divisi con la base di Agadez e l'Italia circa 300. La missione bilaterale italiana, Misin, ha addestrato la Guarda nazionale e altri reparti delle forze armate nigerine (10mila uomini).
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