Assadakah News Agency - Anche il nostro governo ormai ben sa che la partita del futuro si gioca in Africa, dove si sta cercando di rilanciare il ben noto Piano Mattei, cercando di non affondare in conseguenza delle onde anomale causate da Cina e Russia, che nel continente hanno ormai preso piede quasi fuori controllo.
La fretta però non porta buoni consigli, e infatti il Piano Mattei tanto sostenuto dalla premier Meloni non contiene principi operativi che possano suscitare l’interesse delle 57 delegazioni accreditate, e la presenza di 15 capi di Stato, 8 capi di governo e di 11 ministri degli esteri di Paesi africani, per la formale sottoscrizione.
Il Piano Mattei non va oltre la formazione di organi e strumenti di governance, insieme alla cornice geografica di riferimento ed agli obiettivi fondamentali: si tratta per potenziare iniziative di collaborazione fra Italia e Stati africani, così da promuovere sviluppo economico e sociale sostenibile, e prevenire ulteriori flussi migratori fuori controllo.
Sotto il profilo politico, Mosca ha puntato prevalentemente sugli accordi di cooperazione militare con la presenza di compagnie private e la fornitura di armamenti. Dal punto di vista industriale, sullo sviluppo dell’intera filiera nucleare, con lo sfruttamento di miniere di uranio, la fornitura di reattori e la costruzione delle centrali, e sull’attività mineraria per la ricerca e l’estrazione di petrolio, gas, metalli preziosi e nichel. Se anche Pechino si è dedicata al settore minerario, dal gas al petrolio, al ferro, al rame, all’uranio, all’oro, facendo incetta di diritti di sfruttamento dei giacimenti di terre rare, dal punto di vista delle relazioni politiche ha invece privilegiato gli accordi relativi al finanziamento ed alla costruzione di opere infrastrutturali civili, come le dighe, le ferrovie, i porti e gli aeroporti.
La morsa del debito erogato dalla Cina sarà pure violenta, ma le prospettive di sviluppo economico che ha offerto ai Paesi africani sono state assai più allettanti delle tradizionali aperture in campo commerciale tra le materie prime ed agricole africane ed i manufatti occidentali: uno scambio comunque perdente per le prime, a causa del loro basso valore aggiunto.
Approvato lo scorso 10 gennaio il “Piano Mattei per l’Africa” ora serve onorare la memoria di Mattei partendo dal fatto che la lezione del partigiano, valida ancora oggi, è una lezione di metodo ovvero quello di una cooperazione con l’Africa e i suoi paesi. L’uso della preposizione “con” non è casuale. Lontano quindi dall'essere “il continente dimenticato” e pur con il suo mosaico di contraddizioni, l’Africa con oltre 1.3 miliardi di abitanti ha assunto grazie alle crisi ucraine e mediorientali una rilevanza politica, economica e di sicurezza per l’Europa di oggi. Lo sviluppo del continente africano è d’altro canto nell'interesse di tutto il pianeta. Primariamente dell’Europa e in particolare dell’Italia che, da ponte geografico tra i due continenti, può sfruttare virtuosamente i buoni rapporti esistenti con numerosi partner africani. È questo senso va letto il rilancio di una presenza politica e culturale costante e di alto livello dell'Italia in Africa. Si pensi, per esempio, alla riapertura della scuola italiana ad Asmara, la “piccola Roma d’Africa”.
La sfida è lanciare una nuova via con l'Africa, per assicurare che questa parte del pianeta non sia più territorio di sfruttamento, di insicurezza e di migrazioni di massa, ma un continente dove pluralismo e coesistenza delle società si possano affermare in un contesto di pace e di sicurezza, nel quale le opportunità economiche servano a chi abita il continente e funzionino come mercato fertile anche per la nostra economia. Non è uno scandalo affermarlo. L’Africa è un continente giovane. L’età media è al di sotto dei 25 anni. Secondo l’ultimo rapporto sulla popolazione mondiale dell’ONU, entro il 2050 il trend demografico dei 54 paesi del continente raddoppierà. L’Africa è teatro di crisi che fanno sì che le migrazioni inter-africane contino circa 19 milioni di individui, mentre ogni anno la popolazione subsahariana immigrata in Europa aumenta di circa 100 mila unità.
Il successo degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dipende quindi ancora in buona parte dall’esito e dalla qualità degli interventi per lo sviluppo nel Continente dirimpettaio. Da un lato, resta cruciale la lotta alla povertà, alle disuguaglianze, alle malattie alla fame e alla malnutrizione. Dall’altro, proprio quando si fa sempre più preoccupante il fenomeno delle migrazioni irregolari e suonano sempre più forti le sirene del radicalismo etnico e religioso, l’incremento demografico non deve poi tradursi in un ulteriore aumento della marginalità sociale e della disoccupazione. Nuove sfide assumono pertanto una rilevanza crescente, a partire da quella di incentivare uno sviluppo economico duraturo, inclusivo e sostenibile del continente africano, per favorire una corretta gestione dei grandi fenomeni migratori, nonché per arrestare l’insorgere di flussi d’emergenza e contrastare il traffico di esseri umani. Se il Piano strategico Italia – Africa parte da questa consapevolezza, parte certamente con il piede giusto.
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