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Afghanistan – Italia, Europa e Talebani…

Lorenzo Utile – La conquista del potere dei Talebani dopo vent’anni, è stata rapida, meticolosamente calcolata e realizzata, e sostenuta da una possente macchina propagandistica, con interviste anche in inglese, conferenze stampa, annunci ufficiali e altro. L’immagine che i padroni dell’Afghanistan vogliono rendere come Emirato Islamico dell’Afghanistan. Non si tratta infatti di una massa di scalmanati, pastori e allevatori di bestiame, ma del risultato di educazione e preparazione, con una nuova visione della comunicazione come veicolo di propaganda. Fino a servirsi di internet, una sorta di “Satana” in precedenza demonizzato e ora invece utilizzato, pur secondo dettami particolari. I Talebani di oggi conoscono il valore della parola, che può favorire un’opinione o farla cambiare. E sono preparati anche al sottile bluff linguistico, parlando di libertà. Ovviamente entro i limiti ferrei della legge islamica, la Sharia. In sostanza, la libertà di fare esclusivamente ciò che prescrive il Corano, con una interpretazione assolutamente estremista, non tenendo conto che bisognerebbe considerare il contesto di quando il Profeta ha avuto la Rivelazione. I Talebani hanno anche sapientemente scelto l’utilizzo di Twitter piuttosto che di Facebook o Instagram, poiché funziona in base ad algoritmi più…”permissivi” e con procedimenti di diffusione molto più rapidi. Al tempo stesso, chi osa, come certi giornalisti, mostrare immagini del reale terrore che pervade il Paese, viene immediatamente arrestato, con le immaginabili conseguenze.

...E il futuro prossimo?

L’Italia e l’Europa si sono interrogate forse con ritardo su cosa fare e come gestire la crisi internazionale derivata dal ribaltamento degli equilibri in Afghanistan e nel settore mediorientale. Eppure era un avvenimento che gli “addetti lavori” non potevano non prevedere. Ma l’economia politica e la politica economica (che non sono la stessa cosa) ha altre regole. A questo punto, quindi, che cosa fare, di fronte all’evidente fallimento dei programmi precedenti? Anzitutto analizzare effetti e motivazioni di quella gestione esclusivamente americana, un caso unico degli ultimi anni. E per dirla tutta, non è certo l’unica situazione di emergenza che l’Europa deve affrontare, come la pandemia e le altre numerose situazioni di crisi, visti i circa sessanta conflitti in atto a livello globale.

Fino alla caduta di Kabul, le discussioni e i dibattiti sul ruolo globale dell’UE si sono incentrati sull’idea di autonomia strategica, e su come l’Europa potrebbe diventare più autonoma in politica estera e sicurezza sul piano globale. L’impegno è notevole, e non tutti sono disposti a investire dove sarebbe utile. La Germania ha già annunciato l’annullamento alla missione di addestramento militare dell’UE in Mozambico, per un contingente di circa 350 tecnici.

L’obiettivo principale è presentare l’Europa come credibile elemento di equilibrio della politica di sicurezza, fornendo una guida politica per i futuri processi di pianificazione. L’Italia in questo potrebbe avere un ruolo centrale, ma rimane il problema della credibilità. Giorni lontani quelli dell’impegno in Kosovo, Georgia, Congo, Somalia, Repubblica Centrafricana, con l’Accordo di Lisbona che, dal 2009, ha progressivamente limitato l’impegno UE. Da considerare poi l’eventualità che si debba affrontare un sensibile aumento dei flussi migratori, cercando di combattere il traffico di esseri umani. Ora l’Afghanistan minaccia il dibattito sulla bussola strategica europea, con il rischio di rafforzare lo scetticismo verso i dispiegamenti internazionali. Da parte sua l’Europa dovrebbe dimostrare un po’ più di determinazione e ambizione, che in una giusta misura non guasterebbe.

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