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Afghanistan – Guerra fra Isis e Talebani?

(Assadakah Beirut) - E’ guerra totale in Afghanistan, a colpi di attentati e di ritorsioni, tra Isis e i Talebani. Questi ultimi hanno distrutto una cellula dello Stato Islamico (Isis) a nord di Kabul, dopo che un’esplosione fuori da una moschea nella capitale afgana. in un attentato ideato da Isis, ieri aveva ucciso e ferito diversi civili, l’attacco più grave compiuto a Kabul dal ritiro delle forze statunitensi a fine agosto. L’affiliato locale dello Stato Islamico, noto come Isis-Khorasan, aveva già compiuto diversi attacchi contro obiettivi talebani. Il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid ha detto che un’unità speciale del suo movimento ha effettuato ieri un’operazione contro esponenti dell’Isis nel 17esimo distretto di Kabul, nel nord della città. “La base dell’Isis è stata completamente distrutta e tutti i membri dell’Isis all’interno sono stati uccisi a seguito di questo attacco decisivo e riuscito”, ha confermato oggi. Si è trattato dunque una rappresaglia per l’attacco condotto l’altroieri dall’Isis contro una moschea di Kabul dove era in corso una cerimonia funebre della madre di un leader talebano: di diversi morti e feriti il bilancio, nel giorno in cui i nuovi padroni della capitale hanno celebrato la vittoria e che ha preso di mira i funerali della madre del portavoce, Zabihullah Mujaid. Immediata la reazione talebana, che secondo i media locali quando il buio era già calato sulla capitale hanno compiuto un blitz contro un covo dell’Isis a Kabul. L’operazione, condotta nel distretto 17 della capitale, si è conclusa con l’uccisione di combattenti dell’organizzazione terroristica. La bomba, secondo le informazioni disponibili, è esplosa all’ingresso della moschea Eid Gah, la seconda della capitale afghana a poca distanza dal Palazzo Presidenziale e dal ministero della Difesa, mentre i fedeli si recavano alla cerimonia funebre. Il corrispondente di al Jazeera ha riferito di un bilancio provvisorio di almeno 12 morti e oltre una trentina di feriti, tutti civili.

Isis Khorasan tuttavia non ha rivendicato l’azione. Nell’area della moschea è scoppiato il panico, riferiscono i testimoni. Diverse persone con gli abiti imbrattati di sangue sono state viste dirigersi verso l’ospedale di Emergency, che conferma di avere in cura alcuni feriti. Poche ore prima, oltre 1.500 sostenitori del nuovo regime, tutti maschi, avevano partecipato al ‘giorno della vittorià, organizzato dai Talebani nella cittadina di Kohdaman, sulle colline che sovrastano la periferia della capitale. Molti i dirigenti di alto livello presenti, tra questi ha spiccato l’intervento di Khalil Haqqani, ministro e uomo forte del nuovo governo, soprattutto fratello di Jalaluddin, fondatore della temibile e omonima Rete Haqqani, decisiva nell’odierno scacchiere afghano. “Questo è il giorno che aspettavamo”, ha detto Haqqani, ricercato in Usa con una taglia da 5 milioni di dollari sulla testa. Col fucile poggiato sul leggio ha poi incitato i sostenitori a proteggere i risultati ottenuti sino a oggi.

“Invito il mondo a lasciare l’Afghanistan all’Afghanistan”, ha poi ammonito, attorniato da soldati in tenuta da combattimento, mentre gli altri ascoltavano seduti sulle sedie sotto alle tende. Non sono mancate le celebrazioni dei gesti più estremi, un oratore ha affermato che la vittoria è arrivata anche grazie «ai tanti giovani che si sono messi in fila e in lista per diventare attentatori suicidi». Nessuno aveva rivendicato l’attacco alla moschea, ma quel che appare certo per modalità e tempistica è l’obiettivo: dimostrare che i Talebani non sono affatto padroni assoluti a Kabul. Non ancora almeno. E la bomba è solo l’ultima scia di sangue, in ordine di tempo, nel Paese: solo ieri sera un altro attacco a Jalalabad aveva ucciso quattro persone, tra cui due civili. Intanto, emergono nuovi dettagli sulla vittoria del 15 agosto: i militari fedeli all’ex governo denunciano in una inchiesta de El Pais, di essere stati venduti, e confermano le voci già circolate su veri e propria accordi sottoscritti tra i Talebani, gli alti ufficiali dell’Esercito e diversi Signori della Guerra, gli stessi a cui era stata affidata la forza di resistenza popolare, creata negli ultimi giorni di potere del governo Ghani. “Il nostro morale quando gli Stati Uniti hanno annunciato la loro partenza, è crollato ai minimi e si è cominciato a combattere sempre meno”, ha ammesso un ex colonnello.

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