Festival della cultura palestinese in Italia
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La giornalista Rai Laura Mandolesi (a sx) e Patrizia Boi (al centro) con i danzatori del Gruppo Dabka della Comunità Palestinese Greca
Patrizia Boi (Assadakah News) - Si è conclusa domenica 22 settembre la 5° Edizione del Festival Falastin – Festival della cultura palestinese in Italia (المهرجان الخامس للثقافة الفلسطينية في إيطاليا), organizzata a Roma dalla Comunità palestinese d’Italia e dall’Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese.
Dal 18 settembre si sono susseguite 5 giornate di incontri di Arte, Cultura, Cinema, Letture, Dibattiti, Musica, Dabka, Artigianato, Mostre Fotografiche, Cucina.
Per le avverse condizioni metereologiche, le attività delle prime tre giornate si sono svolte nei locali di Cieloterra, in Via di Portonaccio n. 23, per ritornare, come previsto inizialmente, nei Giardini del Verano, nelle ultime due giornate.
La chiusura del Festival è stata affidata alla musica con il Concerto del Gruppo della bravissima cantante Amal Murcus (Kfar Yasef, Alta Galilea), accompagnata dai musicisti: Firas Zreik, Kanun (piccola Chitarra), Elias Habib, Percussioni, Tamer Omari, Chiarra,
Muhammad Abu Dawod, Violino e Alessandro Sgobbio, Pianoforte.
La serata finale si è svolta all’insegna della letteratura e della poesia, intervallata dalle spettacolari danze tradizionali eseguite dal Gruppo Dabka della Comunità Palestinese Greca.
Nel pomeriggio i poeti Odeh Amarneh ed Elisabetta Pamela Petrolati hanno presentato l’incontro Poeti e poesie per la pace: Voci di-versi, voci vicine a cui è intervenuto il Presidente dell’Unione Generale Scrittori Palestinesi Murad Al-Sudani e un gruppo di poeti italiani - Marco Belocchi, Patrizia Boi, Davide Cortese, Alessandro De Santis, Salvatore Nappa, Paola Oliva, Michele Petullà, Antonio Raffaele, Luciana Raggi, Davide Toffoli - che hanno dedicato i loro versi alla Palestina, insieme al cantautore Francesco Tomaino, il quale ha eseguito due brani di sua composizione accompagnandosi con la chitarra.
Dalla poesia si è passati alla Letteratura attraverso importanti ospiti come il giornalista e scrittore Ahmad Rafiq Awad, uno dei fondatori della radio-televisione palestinese, forte di una produzione letteraria che spazia dalla narrativa alla saggistica, dal giornalismo alla politica. Ormai da 25 anni è anche docente presso il Dipartimento di Media e Televisione dell'Università Al Quds di Gerusalemme ed è stato anche riconosciuto nel 2003 ad Hamman come miglior scrittore di lingua araba, mentre al Cairo ha ricevuto è stato premiato come primo giornalista arabo dell'anno 1996. Si tratta, infatti, di uno dei membri del consiglio superiore della cultura palestinese. In occasione del Falastin presentava la sua opera intitolata “La Vita come dovrebbe essere” (luglio 2024), un romanzo tradotto da Odeh Amarneh, scrittore e poeta palestinese, Responsabile Culturale dell’Ambasciata di Palestina in Italia, anch’egli presente al Festival con la sua seconda opera, il romanzo autobiografico “Ragazzo di Serie B” (gennaio 2023), incentrato sull’esperienza vissuta nelle carceri israeliane, entrambe pubblicati da Ed. Calamus.
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Ahmad Rafiq Awad, Elisabetta Pamela Petrolati, Odeh Amarneh
La giornalista del canale Byoblu Giulia Bertotto ha descritto le due opere come romanzi della resistenza palestinese, che si caratterizza anche dall’essere in grado di vivere, di sopravvivere, riuscendo a veicolare idee e cultura, anche in condizioni che per altri popoli sarebbero proibitive. La Scrittrice e critico letterario Isabella Camera D’Afflitto, attraverso una pronuncia scintillante dei nomi arabi, ha stimolato con delle interessanti domande la conversazione e il confronto, intervallandosi con la Bertotto.
E così è emerso che il professor Awad riversa tutta la sua creatività immedesimandosi nella sua origine contadina, ricordando come la sua esistenza fosse scandita dagli alberi, dalla natura rigogliosa, dalla presenza di questi guerrieri vegetali che fanno da scudo, nutrono, proteggono, alimentano la vita di ogni palestinese che conosce le sue piante, i suoi ulivi, uno per uno, chiamandoli per nome come fossero esseri viventi, connessi profondamente alla terra. La sua terra, di cui è stato privato, perché la follia del nemico distrugge la vita e anche l’ambiente, abbatte le piante così legate alla cultura palestinese compiendo lo sfacelo più completo: abbattere questi vegetali intelligenti significa anche completare l’annientamento culturale di un popolo, assassinare anche i suoi costumi, le sue credenze, i suoi affetti.
È chiaro che qui vogliamo sorvolare sulla soppressione di vite umane, sulla distruzione fisica e umana di ogni essere di qualunque età, il professore stesso afferma che la sua letteratura si nutre di immaginazione, perché solo attraverso la fantasia può ricostruire un’immagine umana di una popolazione sottoposta da oltre 70 anni al più amaro destino.
Invece Odeh, che in gergo carcerario viene affettuosamente chiamato “il cucciolo”, confessa di essere stato zitto per trent’anni, di aver celato nel suo inconscio la sua esperienza traumatica di sedicenne, arrestato solo per essersi ribellato a quello che il suo popolo stava subendo. Incarcerato per cause e motivi incogniti alla giustizia, per l’arroganza di burocrati che trattano i prigionieri come i peggiori criminali - anche laddove il loro delitto sia stato solo quello di voler resistere a un’azione punitiva ingiusta e assurda - nel recente periodo della clausura indotta dalla pandemia fisica e metafisica - costretto nel silenzio di casa e nell’assordante assenza dei suoi impegni diplomatici - comincia a riportare alla memoria quegli accadimenti che la sua psiche aveva voluto dimenticare per tornare a vivere come un essere umano, a volte sono ombre, angosce, umori, sapori, odori. I ricordi però non sono solo quelli di terribili violenze e torture, ma anche della speranza, della nostalgia di casa, del suo cibo preferito, della figura materna che si erge nei suoi ricordi più potente della madre terra e soprattutto della solidarietà tra prigionieri, quasi tutti prigionieri politici, intellettuali, letterati, poeti, artisti, accomunati dal coraggio di essere resilienti.
La solidarietà, del resto, lega tutti i palestinesi e, nel corso di questo partecipato Festival, ha connesso anche i fratelli palestinesi con gli amici italiani, convenuti numerosi a condividere, a festeggiare, a partecipare ai momenti musicali, a conoscere una verità scottante che la maggior parte dei media ufficiali nasconde.
Rammentiamo anche che nella mattinata si è svolto l’Incontro con le Comunità Palestinesi d’Italia, presso l’Ambasciata Palestinese a Roma, mentre nel pomeriggio il portavoce degli organizzatori del Falastin, Yousef Salman, ha presentato un toccante incontro con la delegazione italiana di ritorno da Sabra e Shatila, per non dimenticare l'eccidio, compiuto dalle Falangi libanesi, alleate di Israele, e dall’Esercito del Libano del Sud, con la complicità dell'esercito israeliano, di un numero di civili compreso fra 762 e 3.500, prevalentemente palestinesi e sciiti libanesi.
Nella serata era anche in programma “La terra delle arance tristi” di Ghassan Kanafani, interpretato dall’attore e mediatore culturale palestinese Omar Suleiman, per ricordare Kanafani, scrittore, giornalista e attivista palestinese, particolarmente impegnato per la causa del suo popolo, ucciso a soli 36 anni, nel 1972, a seguito di un attentato terroristico attribuito ai servizi segreti israeliani, in cui perse la vita insieme a sua nipote. E naturalmente in questa raccolta di racconti brevi scritti nel 1962, l’autore rievoca il doloroso distacco dei palestinesi dalla loro terra natia e le vane speranze di farvi ritorno.
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L’europarlamentare Luisa Morgantini
Ricordiamo anche gli interessanti eventi della quarta giornata di sabato 21 settembre incentrata sul tema: L’Italia, l’Europa e la Questione palestinese.
È intervenuta Luisa Morgantini, attivista, sindacalista, europarlamentare, impegnata contro ogni forma di sopraffazione ed ingiustizia sociale, ma che dal 1982 si occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente, in particolare del colonialismo di insediamento Israeliano e dei diritti negati al popolo palestinese. Con la sua conoscenza storica della causa palestinese, ha presentato la campagna internazionale per la protezione della popolazione civile palestinese Faz3a Italia: il termine è un’espressione colloquiale che significa rinforzo e aiuto diretto a chi si trova in stato di necessità, ed è una lunga tradizione palestinese di soccorso in massa delle comunità a fronte di minacce esterne. Si tratta di un’iniziativa autonoma, indetta dal Coordinamento dei Comitati per la lotta popolare, sostenuta da soggetti della società civile e politica palestinese, per rispondere alla necessità di organizzare - sul campo - la protezione della popolazione dalla violenza e dalle aggressioni israeliane.
Per chi non lo sapesse, infatti, in parallelo al “genocidio” che si sta realizzando impunemente a Gaza, anche in Cisgiordania i coloni israeliani e l’esercito israeliano stanno sottoponendo i palestinesi a una serie di aggressioni e violenze, minacce, attentati mirati a cacciare ancora una volta questo popolo da quella poca terra che gli rimane, guidati da un governo fondamentalista in preda al delirio messianico di realizzare “La Grande Israele".
AssopacePalestina ha promosso la campagna in Italia raccogliendo l’adesione, tra gli altri, di Pax Christi, Cultura e Libertà, Mediterranea, SpinLab, Gaza Free Style, ARCI.
Dal 2006, ogni anno, la campagna viene impostata invitando ogni organizzazione internazionale a inviare volontari in Cisgiordania per proteggere i contadini nei mesi di ottobre e novembre affinché possano effettuare la 'raccolta delle olive', una delle poche ricchezze che gli restano per non perire anche di povertà estrema (chi volesse partecipare può scrivere a faz3a.italia@gmail.com ).
Pure questa giornata è stata ricca di altri eventi come la presentazione del libro “Palestina-Israele, parole di Donne”, curato da Alessandra Mecozzi e Gabriella Rossetti, seguito dal Dibattito, sempre moderato dalla Morgantini, L’Italia, l’Europa e la Questione palestinese: il riconoscimento dello Stato di Palestina, a cui ha partecipato, fra gli altri, l’Ambasciatrice Palestinese in Italia Abeer Odeh. In chiusura della giornata è stato realizzato il Concerto del Gruppo musicale RESFEBER di Bologna.
Le prime tre giornate si sono svolte al chiuso nei locali gentilmente offerti da Cieloterra, in Via di Portonaccio n. 23 e si sono susseguite sinteticamente in questo modo.
La prima giornata di mercoledì 18 settembre col tema: “I giovani e la solidarietà, contro il genocidio”, è iniziata con l’inaugurazione alla quale erano presenti i Presidenti delle due Associazioni organizzatrici, Il Presidente del II Municipio di Roma Capitale e tanti altri personaggi celebri come, per esempio, l’attore e regista Moni Ovadia.
Oltre all’atteso dibattito sul ruolo dei giovani e degli studenti nella solidarietà con la Palestina e al momento dedicato alla Danza tradizionale, la Dabka, è stato presentato il libro “Il 7 ottobre tra verità e propaganda” di Roberto Iannuzzi ed è stato proiettato il film “Private” di Saverio Costanzo.
La seconda giornata di giovedì 19 settembre è stata dedicata al tema: La Palestina e il mondo sanitario e scientifico, sulla situazione drammatica dei Sanitari nella striscia di Gaza. È stato anche presentato il libro "La Terra più amata", curato da Tommaso Di Francesco, Wassim Dahmash e Pino Blasone e si è tenuto un interessante dibattito sull’Informazione italiana e la Questione palestinese con professionisti del settore. La giornata si è conclusa con il concerto del Gruppo Nuel Curandero di Roma.
Nella terza giornata di venerdì 20 settembre il tema portante è stato: Dove va il Medioriente? All’incontro politico relativo al Movimento Italiano di solidarietà con la Palestina, è seguita la Presentazione del libro: “Il Gol lo dedico a Bush” di Max Civili, un momento dedicato alla danza popolare, la Dabka, e il Dibattito sul tema della giornata a cui sono intervenuti:
Faisal Aranky, membro Comitato Esecutivo OLP e Presidente del Dipartimento Espatriati palestinesi nel mondo – Ramalla;
Abeer Odeh, Ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia;
Enas Sayed Mekkawy, Ambasciatrice della Lega Araba a Roma;
Hussein Abdelkhaliq, Già Ambasciatore Palestina c/o Lega Araba.
La serata si è conclusa con il gruppo hip hop italiano di Roma
Assalti Frontali.
Il Festival Falastin ha riunito i palestinesi immigrati, i compagni italiani e anche molti immigrati di altri Paesi simpatizzanti.
I Palestinesi sono un popolo resiliente che non si abbatte nemmeno nel momento peggiore della sua storia. Il genocidio sta continuando e dobbiamo denuncialo, ma sappiamo anche che sempre più persone si stanno avvicinando alla scoperta della verità, sempre più cittadini non si lasciano incantare dalla narrazione carica di menzogne che attua il potere e ogni tanto anche qualche politico si risveglia dal torpore e si rende conto che silenzio e accondiscendenza possono rappresentare una complicità con il regime di chi vuole governare il mondo.
E non parlo degli israeliani, la maggior parte dei quali sono manovrati dagli agitatori di odio, io parlo di uomini che giocano con i loro simili come fossero delle pedine inanimate e le potessero eliminare con una giocata di Risiko.
Se non avete potuto partecipare al Festival e volete avere delle informazioni su quanto accade in Palestina, guardate questo video di Piergiorgio Odifreddi e Alessandro Di Battista:
Da questo incontro capirete meccanismi che esulano dal semplice odio e conflitto tra Palestina e Israele, nel senso che ci sono interessi molto più importanti – per i criminali senz’anima – della vita dei bambini.
E la responsabilità non si trova solo oltreoceano ma ce l’abbiamo in casa.
Partiamo da una citazione di Mayer Amschel Rothschild (1744 –1812) «La nostra politica è quella di fomentare le guerre, ma dirigendo Conferenze di Pace, in modo che nessuna delle parti in conflitto possa avere guadagni territoriali. Le guerre devono essere dirette in modo tale che le Nazioni, coinvolte in entrambi gli schieramenti, sprofondino sempre di più nel loro debito e, quindi, sempre di più sotto il nostro potere».
E sapete chi è il primo produttore di armi nell'Unione Europea, il secondo in Europa, il 13° nel mondo?
Chi realizza l'83% del fatturato nel settore difesa?
Ve lo dicono loro in questo video, si tratta della Società “italiana” Leonardo SpA.
Sapete chi è l'Amministratore Delegato della Leonardo?
Quel Cingolani che è stato nostro Ministro della Transizione ecologica nel Governo Draghi, quello che diceva che gli uomini sono parassiti!
E sapete che il nostro Ministro della Difesa Guido Crosetto ha incassato milioni di euro per le sue consulenze alla Leonardo?
E cosa produce la Leonardo (CEO Roberto Cingolani) per Israele?
Israele non è solo un cliente della Leonardo SpA, ma ospita stabilimenti e dipendenti della Società.
Conflitto di interessi?
Comprendete perché il nostro Governo consente ai trafficanti di armi legalizzati di far durare il più a lungo possibile le guerre?
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Moni Ovadia sul palco di Cieloterra insieme al Dr. Yousef Salman
Ma sappiate che prima o poi, come sostiene il Dr. Yousef Salman, Presidente della Comunità Palestinese di Roma e del Lazio:
«… il popolo palestinese non lascerà la sua terra e continuerà la sua resistenza (che ormai ha superato il secolo); e prima o poi ce la farà ad avere la sua pace, la giustizia e la realizzazione dei suoi legittimi diritti, sulla base delle risoluzioni dell’ONU e della legalità internazionale.
Questo lo dice e lo conferma la storia: L’Algeria, il Vietnam, il Cile…: perché non è mai stato sconfitto nella storia un popolo che lotta per la libertà e la giustizia…».
Il programma completo al link:
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